Dopo il countdown per il giorno del giudizio sul progetto Stadio-Clinica di fronte al TAR dell’Umbria tra la Regione dell’Umbria e il Comune di Terni, adesso è il momento dei distinguo e dei giochi semantici sulla richiesta di sospensiva che non è stata discussa dai giudici.
Posto che le parti hanno rappresentato al presidente Ungari - con serenità e fair play (come abbiamo segnalato nel nostro articolo di stamane, ndr) - di aver condiviso la decisione di unificare merito ed eccezioni, va ricordato come la sospensione cautelare della “determina Giorgini” fosse stata richiesta dal ricorrente. E va sottolineato come l’iniziativa di bypassare la camera di consiglio sulla sospensiva non può essere di certo presa dall’amministrazione intimata o dai controinteressati.
Forse sarebbe stato meglio che qualche ultrà della politica si fosse fermato all’elegante comunicato dell’avvocato Luca Benci della Regione Umbria, che ha spiegato come il presidente del TAR Ungari abbia “apprezzato il comportamento processuale delle parti” e come “udienza e pre udienza si sono svolte in un regime di massimo rispetto e collaborazione tra i legali di tutte le parti”.
La sostanza è che dopo il rinvio la "Determina Giorgini" è pienamente efficace e che Ternana e Stadium hanno veramente apposto i cartelli di inizio lavori fuori di Stadio e terrenod ella Clinica.
Detto questo e andando dietro alle sfumature lessicali (che servono a tranquillizzare l’elettorato di chi si sente in difficoltà, ndr), si rischia però di guardare il dito e di perdere di vista la luna. O meglio di concentrarsi su questioni del tutto secondarie e di trascurare il nocciolo della questione emersa oggi dopo il rinvio al 27 gennaio.
La parola chiave, oggi, non è rinuncia, ritiro, slittamento o rinvio. La parola chiave di oggi è tempo. Quello che le parti hanno guadagnato per mettere la parola fine a una vicenda, quella di Stadio-Clinica, che rischia di trasformarsi in una Caporetto della politica.
Durante la settimana abbiamo seguito ogni giorno la fase di preparazione e di deposito delle costituzioni in giudizio, raccontando ai nostri lettori i particolari delle posizioni in campo e le novità che si sono susseguite, anche dietro le quinte.
Abbiamo analizzato le carte ed esaminato nel dettaglio le varie posizioni, come avevamo fatto durante l’estate accompagnando da vicino le trattative per la cessione della Ternana e il percorso di salvataggio che ha portato la famiglia Rizzo alla guida del club rossoverde.
Come abbiamo cercato di trasferire ai nostri lettori, se questo giudizio di fronte al TAR dell’Umbria dovesse andare avanti nel merito, sarà – come avviene sempre nel processo amministrativo – un confronto documentale e interpretativo. E ci sarà un ampio spazio di analisi, valutazione ed esame da parte, prima del relatore, la dottoressa Floriana Venera Di Mauro, e poi del collegio giudicante, presieduto dal dottor Pierfrancesco Ungari.
È superfluo ricordare, poi, che qualunque sarà l’esito dibattimentale e se lo vorranno, le parti potranno poi ricorrere al Consiglio di Stato per un ulteriore grado di giudizio.
Di fronte, però, stavolta non ci sono gli interessi di due cittadini o quelli di un privato contro una pubblica amministrazione. A fronteggiarsi, nel giudizio su Stadio-Clinica, sono due pubbliche amministrazioni, titolari di poteri diversi e distinti, che hanno operato (sarebbe grave ipotizzare il contrario, come pure tenta di fare qualcuno in questa vicenda) nella piena convinzione della legittimità e della legalità della propria azione amministrativa.
Non ci avventuriamo sul terreno della polemica socio-politica (Regione matrigna, volontà di colpire Stefano Bandecchi e una sua idea imprenditoriale, tentativi di affossare progetti e percorsi costruiti da amministrazioni di segno diverso) che lasciamo volentieri ai virgolettati dei protagonisti della vita pubblica. Quella che facciamo da questa pagina è un’analisi di come sia evoluta nelle ultime settimane la questione Stadio-Clinica nella percezione collettiva e nell’immaginario locale.
Che la vicenda sia scappata di mano alla politica, non dobbiamo certo raccontarlo noi. Che non si siano ponderate, analizzate e valutate adeguatamente le ricadute di questa contrapposizione tra Regione e Comune di Terni, appare evidente anche a chi si disinteressa completamente delle dinamiche di partito o degli ordini di scuderia sul come formarsi un’opinione.
Pretendere di ricorrere ai magistrati per risolvere un contenzioso tra due rami dello stesso albero (come ha detto in una efficace allegoria il giudice della Suprema Corte di Cassazione Angelo Matteo Socci), perché l’intervento delle toghe sarebbe garanzia di legittimità, significherebbe alzare la bandiera bianca della politica.
A cosa servirebbero più i partiti? A cosa presidenti di Regione, sindaci, assessori, consiglieri nelle assemblee elettive? Basterebbe lasciar fare ai dirigenti e, quando non sono d’accordo tra loro, andare dal giudice che si sostituirebbe agli amministratori.
Vale la pena anche ricordare che il Coreco (se lo ricordano i boomer come chi scrive, ndr), il Comitato regionale di controllo sugli atti degli enti locali, è stato abolito dal legislatore nazionale con la stagione delle riforme Bassanini. Un ministro non certo di destra o addirittura “bandecchiano”. Quel comitato - che vigilava preventivamente sulla legittimità degli atti degli enti locali - fu sostituito da logiche di responsabilità diretta e controlli successivi più coerenti con l’autonomia locale.
Chi ha qualche anno di età alle spalle e ha visto in azioni fior di politici e amministratori, può ben ricordare come l’azione politica si dipanasse quale arte del possibile, della mediazione virtuosa, del rispetto dell’avversario e della ricerca delle migliori soluzioni negli interessi dei territori. Certo, nelle differenze. Certo, nel dibattito forte e aspro. Certo persino con delle degenerazioni che hanno costellato la storia giudiziaria non solo della regione Umbria e delle sue amministrazioni.
Per questo, ora che si è riaperta una finestra temporale sufficiente prima del giudizio di merito del TAR dell’Umbria, siamo ancora convinti che esista uno spazio di resipiscenza e di orgoglio politico nella classe dirigente dell’Umbria. E che questa trovi il modo per far convivere – nel rispetto pieno delle normative in vigore e di procedure legittime e legali – la pari dignità delle opinioni dei dirigenti regionali e di quelli del Comune di Terni.
Lo abbiamo già scritto: non è una lotta tra bene e male, tra i difensori dell’“honestà”, come si diceva una volta, e chi cerca scorciatoie. Non è un conflitto di attribuzioni tra due amministrazioni che hanno poteri concorrenti (come accade spesso tra Stato e Regioni). Non è nemmeno una questione irrisolvibile tra enti che dovrebbero promuovere e sostenere occasioni di crescita territoriale e capacità di investimento e occupazione. È la storia di una grande occasione di sviluppo, investimenti e occupazione che rischia di essere mancata per veti, contrapposizioni sterili e barriere culturali. Come troppe volte è avvenuto, non a Terni, ma nella nostra regione.