Un nuovo episodio di violenza scuote il carcere di Sabbione a Terni. Nel pomeriggio di lunedì 29 settembre, un detenuto di origine magrebina, già arrestato in passato per spaccio e tentato omicidio, ha aggredito con una brutalità inaudita un agente della Polizia Penitenziaria, puntandogli una lama rudimentale alla gola. Una scena che ha rischiato di trasformarsi in tragedia e che riaccende con forza il dibattito sulle condizioni di sicurezza all’interno degli istituti penitenziari italiani. Solo il tempestivo intervento di un sottufficiale della sorveglianza generale, con l’aiuto di un altro detenuto, ha evitato il peggio.
Secondo quanto riferito dal Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE), tutto è nato da una richiesta fuori regolamento: l’uomo pretendeva di poter uscire per fare la doccia insieme a un altro detenuto. Al rifiuto, il recluso si è scagliato contro un agente, afferrandolo per il collo e trascinandolo a sé, mentre impugnava un’arma ricavata artigianalmente. Una minaccia diretta e potenzialmente letale, che ha messo a repentaglio la vita dell’agente e seminato il panico tra i presenti. L’intervento di un sottufficiale, supportato da un altro detenuto che ha preso le difese della vittima, ha permesso di immobilizzare l’aggressore e di riportare la situazione sotto controllo. L’episodio si è concluso senza conseguenze irreparabili, ma con profonde ferite fisiche e psicologiche per l’agente coinvolto.
Il segretario regionale del SAPPE Umbria, Fabrizio Bonino, ha espresso immediata solidarietà al poliziotto aggredito, sottolineando come questi episodi rappresentino un attacco non solo all’incolumità degli agenti, ma anche alla dignità della divisa.
Il sindacato ha inoltre chiesto un incontro urgente con il direttore del carcere, il comandante e le autorità regionali competenti, per discutere delle gravi criticità strutturali e organizzative che mettono quotidianamente a rischio la sicurezza del personale. La segreteria regionale del SAPPE ha sollecitato anche il trasferimento immediato e definitivo del detenuto aggressore e di tutti coloro che si rendono protagonisti di episodi sistematici di violenza e sopraffazione. Un appello, quello dei rappresentanti sindacali, che punta anche a una revisione urgente dei protocolli di sicurezza interni, ormai considerati insufficienti a fronteggiare il livello di rischio attuale.
L’aggressione di lunedì non è un caso isolato. Solo 24 ore prima, nella mattinata del 28 settembre, lo stesso istituto di Sabbione era stato teatro di un altro grave episodio di violenza. Un detenuto di origine magrebina, già noto per comportamenti aggressivi, aveva estratto una lametta durante un controllo interno e colpito un ispettore della Polizia Penitenziaria all’addome.
Poche ore dopo, lo stesso uomo si era reso protagonista di una seconda aggressione, armato questa volta di coltelli rudimentali, ricavati artigianalmente. Anche in quel caso, il personale penitenziario era riuscito a contenere la furia del detenuto e a isolare il responsabile, evitando feriti gravi. Due aggressioni in due giorni consecutivi hanno fatto scattare l’allarme tra gli operatori, che denunciano un clima di esasperazione e pericolo costante.
Le aggressioni agli agenti, denunciate regolarmente dai sindacati, sono ormai all’ordine del giorno. Solo nel 2025, si contano centinaia di episodi, molti dei quali con conseguenze gravi per il personale in servizio. Una condizione che, secondo il SAPPE, rende necessario un intervento politico immediato, con risorse straordinarie e una riforma strutturale del sistema penitenziario.
Secondo i dati più recenti, le carceri italiane soffrono un sovraffollamento cronico: a fronte di circa 51 mila posti regolamentari, i detenuti sono oltre 60 mila. A questa sproporzione si aggiunge la carenza di organico: gli agenti della Polizia Penitenziaria sono insufficienti a garantire turni sostenibili e un controllo efficace su detenuti spesso con profili di alta pericolosità.