15 Dec, 2025 - 12:40

Unicoop Etruria, la crisi si allarga: dopo i lavoratori, a tremare è l’intero indotto artigiano umbro

Unicoop Etruria, la crisi si allarga: dopo i lavoratori, a tremare è l’intero indotto artigiano umbro

La tempesta perfetta che si è abbattuta su Unicoop Etruria, il colosso cooperativo che gestisce i marchi Coop e Superconti in Umbria e zone limitrofe del Lazio, non si placa. Se nelle scorse settimane i riflettori erano puntati sui lavoratori diretti del gruppo, oggi l’onda d’urto della riorganizzazione comincia a lambire con forza preoccupante le sponde dell’economia locale. A lanciare un grido d’allarme, netto e istituzionale, è Confartigianato Imprese Umbria. L’associazione di categoria non contesta gli sforzi del Gruppo per gestire il personale interno, ma punta il dito su un effetto domino che rischia di travolgere la galassia dell’indotto: dalle ditte di pulizia e manutenzione ai fornitori logistici, fino al centro di lavorazione carni di Terni, già chiuso nella prima fase del piano. Un mondo fatto di piccole e medie imprese artigiane che da sempre vivono in simbiosi con la grande distribuzione e che ora si sentono abbandonate al proprio destino.

L’appello di Confartigianato: “Il peso sociale non ricada solo sui territori”

“Prendiamo atto degli impegni per il personale, ma non vogliamo che il peso sociale di questa riorganizzazione ricada interamente sui territori e sull’artigianato”. Il tono è misurato, ma la sostanza del messaggio di Confartigianato Imprese Umbria è di una chiarezza lapidaria. Il nuovo piano industriale del Gruppo, che procede di pari passo con il processo di fusione che coinvolge anche la controllata Superconti, sta già producendo i suoi primi “danni collaterali”. La cessione di alcuni punti vendita in Umbria e nelle aree confinanti del Lazio, zone dove operano stabilmente molte imprese artigiane umbre, getta un’ombra lunga sulla continuità dei servizi. “L’indotto è una componente vitale del sistema economico regionale”, ribadisce l’associazione, chiedendo a gran voce che venga incluso a pieno titolo nelle valutazioni del piano.

L’obiettivo è ottenere “un quadro chiaro delle conseguenze complessive sui singoli territori”, con una duplice attenzione: alla sopravvivenza dell’indotto artigiano e dei servizi di prossimità e alla continuità del presidio economico nelle comunità locali. Un tema, quest’ultimo, non secondario in regioni dove la grande distribuzione organizza spesso la vita sociale ed economica dei paesi. La preoccupazione è che le cessioni di rete previste possano strappare dal tessuto contrattuale decine di micro-imprese, cancellando in un colpo solo rapporti di fornitura consolidati da anni.

La mappa dei rischi: dal polo trattamento carni di Terni ai servizi esternalizzati

La preoccupazione di Confartigianato non è teorica, ma ha nomi, cognomi e indirizzi precisi. Il primo, e più emblematico, caso scuola è il centro lavorazioni carni di Terni, già uscito dal perimetro operativo nella fase iniziale della riorganizzazione. Una scelta che ha immediate ricadute sull’occupazione e sul tessuto produttivo locale. Ma il vero nervo scoperto, secondo le analisi delle associazioni di categoria, risiede nella miriade di servizi affidati all’esterno. La galassia delle cooperative e delle micro-imprese che per anni ha garantito pulizie, manutenzioni, trasporti, sicurezza e molte altre attività accessorie si trova ora di fronte a un futuro nebuloso. Cosa accadrà quando i negozi cambieranno gestione o verranno riconvertiti? I nuovi proprietari manterranno gli stessi fornitori?

A questa incertezza si sommano le preoccupazioni per il personale di Superconti a Terni e per i lavoratori del magazzino gestito dalla società Medei, anch’essi coinvolti nel complesso mosaico della riorganizzazione. Mentre la dirigenza di Unicoop Etruria cerca di governare una transizione epocale, l’ecosistema economico che le gravita intorno trattiene il fiato. La sensazione tra gli operatori è quella di essere considerati un dettaglio negoziale, sacrificabile sull’altare del risanamento dei conti. “Portare le istanze delle imprese artigiane presso le sedi opportune”, come promette Confartigianato, appare come una corsa contro il tempo per scongiurare un dissesto a catena.

Il futuro incerto della grande distribuzione e delle sue comunità

L’appello delle categorie artigiane è un monito: un piano industriale degno di questo nome non può limitarsi a salvare il brand e una parte dei posti di lavoro diretti. Deve misurare l’impatto reale sul territorio, calcolando il costo umano ed economico che ricade sulle aziende dell’indotto e sulle loro maestranze. La partita per Unicoop Etruria e Superconti non si gioca solo nelle sedi sindacali o nei palazzi direzionali, ma nelle officine, nei magazzini e nelle ditte di servizi di mezza Umbria, dove si attende con apprensione la prossima mossa. La crisi della grande distribuzione, insomma, rischia di non fermarsi ai cancelli dei supermercati, ma di infiltrarsi nelle arterie più sottili dell’economia regionale.

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Federico Zacaglioni
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