Il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto un risarcimento superiore a 400 mila euro ai familiari di un uomo ucciso dai nazisti il 12 aprile 1944 a Calvi dell’Umbria, nel Ternano. La sentenza segna un passaggio importante nella lunga battaglia di memoria e giustizia per i crimini commessi dalle truppe del Terzo Reich sul territorio italiano.
La decisione è arrivata in questi giorni dal tribunale della capitale, a conclusione di un procedimento avviato dai congiunti della vittima attraverso il loro legale, l’avvocato Emidio Mattia Gubbiotti di Terni.
Il risarcimento è stato riconosciuto a favore di tre figli ancora in vita, una nuora e due nipoti, eredi anche del quarto figlio ormai deceduto.
Il procedimento ha visto il coinvolgimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze, rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, mentre la Repubblica federale di Germania non si è costituita in giudizio ed è rimasta contumace.
Il caso si è potuto aprire grazie alla legge 179/2022, approvata durante il Governo Draghi. La norma ha istituito presso il Mef un fondo dedicato al ristoro dei danni subìti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità compiuti sul territorio italiano o in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich tra il 1939 e il 1945.
Questa disposizione ha reso possibile, per i familiari delle vittime, chiedere il riconoscimento di un indennizzo economico come forma di giustizia riparativa per tragedie rimaste a lungo senza risposte concrete.
Il risarcimento si lega a un fatto avvenuto 81 anni fa, in un periodo di rastrellamenti e violenze sistematiche nel territorio umbro.
Secondo la ricostruzione storica e documentale, l’uomo — all’epoca 34enne e padre di quattro figli — fu ucciso dai militari delle SS durante un’operazione di repressione condotta tra l’11 e il 12 aprile 1944.
Le truppe tedesche, agli ordini del feldmaresciallo Albert Kesselring, avevano avviato rastrellamenti a Calvi e nelle zone circostanti. Seguirono processi sommari e fucilazioni che costarono la vita a sedici civili, fra cui il cittadino calvese oggi al centro della causa civile.
La vicenda restituisce attenzione a un capitolo doloroso della storia locale e nazionale.
Per decenni, i familiari delle vittime di stragi naziste e di esecuzioni sommarie avvenute tra il 1943 e il 1945 hanno atteso un riconoscimento non solo morale ma anche materiale.
Il pronunciamento del tribunale romano diventa così un segnale importante per tutte le comunità colpite dai rastrellamenti in Umbria e in altre regioni italiane. Calvi dell’Umbria, piccolo centro del Ternano, porta ancora il ricordo di quelle giornate di terrore, in cui intere famiglie vennero segnate da lutti improvvisi.
La decisione di oggi potrebbe costituire un precedente significativo anche per altri procedimenti analoghi già avviati in diversi tribunali italiani.
Grazie alla legge 179/2022, infatti, le comunità colpite dalle violenze naziste tra il 1939 e il 1945 possono intraprendere azioni civili per ottenere un ristoro economico.
Il lavoro degli avvocati, come nel caso dell’avvocato Gubbiotti, ha reso possibile una ricostruzione accurata dei fatti, basata su documenti storici e testimonianze, elementi indispensabili per arrivare al riconoscimento del diritto al risarcimento.
Il borgo umbro è parte di quella mappa di luoghi italiani che hanno pagato un prezzo altissimo durante l’occupazione nazista.
Ogni anno, iniziative commemorative ricordano le vittime del 1944, mantenendo viva la memoria di chi perse la vita in quelle giornate di rastrellamento e rappresaglia.
L’assegnazione del risarcimento da parte del tribunale civile non restituisce le vite spezzate, ma rappresenta un atto di riconoscimento della verità storica e delle responsabilità. Un passaggio che dà forza a chi, ancora oggi, chiede giustizia per le violenze subite dalle comunità locali durante il secondo conflitto mondiale.