12 Mar, 2025 - 16:40

Montefalco a peso d’oro: con i dazi americani una bottiglia vola a 90 dollari

Montefalco a peso d’oro: con i dazi americani una bottiglia vola a 90 dollari

Gli Stati Uniti minacciano di alzare i dazi sul vino italiano e per le etichette umbre potrebbe essere un colpo da KO. Marco Caprai, che il mercato americano lo conosce bene, ha fatto due conti: una bottiglia di Montefalco rosso, che parte dall'Italia a sette euro, rischia di diventare un bene di lusso a stelle e strisce, sfondando il muro degli 80 euro nei ristoranti americani.

Oggi il prezzo al tavolo è già da capogiro: 60 dollari, che con il 20% di servizio si trasformano in 70. Con i dazi, la giostra gira ancora più veloce e si arriva dritti a quota 90. Un salasso che potrebbe ridurre l’appeal del vino umbro in uno dei mercati più ricchi e ambiti per i produttori italiani.

La strategia di Caprai

Per evitare di ritrovarsi con le bottiglie invendute e un mercato americano pronto a sbattergli la porta in faccia, la cantina Arnaldo Caprai ha già giocato d’anticipo, spedendo negli Stati Uniti abbastanza vino per coprire le vendite fino al primo trimestre del 2026. Una mossa necessaria per non farsi travolgere dal possibile tsunami dei dazi, che rischiano di mandare all’aria un settore che oggi vale circa 15 milioni di euro solo per l'export umbro.

Se queste tariffe extra dovessero davvero scattare, il danno sarebbe pesante. "Questa cosa per il mondo agricolo avrà impatti devastanti", avverte Marco Caprai, preoccupato per il destino di tanti produttori che hanno investito cifre da capogiro per imporsi in un mercato ultra competitivo come quello statunitense. Perché non si tratta solo di qualche dollaro in più sulla ricevuta del ristorante, ma di anni di sacrifici e strategie costruite con il fiato sul collo della concorrenza globale.

Ripercussioni sul settore agroalimentare

Non è solo il vino a rischiare di finire nel tritacarne dei dazi americani. Marco Caprai punta il dito contro l’intero comparto agroalimentare, che potrebbe pagare un conto ancora più salato. "Se poi guardiamo l'agroalimentare dei prodotti trasformati ovvero prosciutto, salami e formaggi potremmo avere danni ancora maggiori", avverte.

E non è finita qui. L’Europa importa enormi quantità di materie prime agricole dagli Stati Uniti, come soia e mais, che poi rielabora in prodotti finiti prima di rimandarli oltreoceano. Se la catena si inceppa, il conto lo paga tutta la filiera, con aumenti di prezzo a cascata. Una tempesta perfetta che potrebbe mandare in tilt un settore che già naviga tra mille incognite.

La necessità di una riforma europea

Per uscire da questo pantano, Caprai lancia un messaggio: serve una sterzata nelle politiche agricole comunitarie. Basta dipendere dagli altri, è ora di tornare a produrre in casa, senza contare su forniture che possono sparire da un momento all’altro. "L'Europa agricola deve tornare a produrre" ha dichiarato, mettendo nel mirino una Politica Agricola Comune che ormai scricchiola da ogni lato e un Green Deal che, secondo lui, andrebbe completamente ripensato.

Le previsioni degli esperti del settore

Anche Riccardo Cotarella, presidente nazionale di Assoenologi, segue da vicino la faccenda e non nasconde le sue perplessità sui dazi. Nonostante il timore di una stangata per il settore, spera ancora in una soluzione politica. "Confidiamo molto nell'interlocuzione che la nostra presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha con il presidente Trump", ha dichiarato.

Secondo Cotarella, il vino italiano negli USA non è un prodotto qualsiasi, ma un simbolo di eccellenza. "Il vino italiano ha un grande appeal negli Stati Uniti, è un'icona al pari del Parmigiano o altri grandi prodotti del nostro agroalimentare", ha spiegato, lasciando intendere che i consumatori americani difficilmente se ne priveranno. Certo, qualche scossone alle vendite potrebbe esserci, ma lui non crede allo scenario apocalittico dipinto da alcuni analisti. Il mercato reggerà l’urto, anche se la frenata nei consumi sarà un dettaglio da non sottovalutare.

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Francesca Secci
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