All’inizio di via Cavour, dove la storia affonda le sue radici più profonde, sono partiti i lavori di gettata del cemento che costituirà la base per la nuova pavimentazione. Siamo in uno dei punti nevralgici della città, non solo per il traffico e la centralità urbanistica, ma anche e soprattutto per il suo inestimabile valore storico. Proprio qui, di fronte all’ex Inam e all’imbocco di via Cavour, un tempo si ergeva la chiesa di Santa Croce al Mercato, luogo oggi scomparso, ma un tempo teatro di vicende decisive nella storia dell’Ordine dei Templari e dell’Inquisizione.
Nel 1310, tra le mura della chiesa oggi perduta, si tenne il processo dell’Inquisizione contro l’Ordine del Tempio e il suo Gran Precettore, Jacopo da Montecucco, figura di spicco nella gerarchia templare. Un episodio che lega Gubbio, in modo profondo e spesso dimenticato, alle più cupe e affascinanti pagine della storia medievale europea. Oggi, a distanza di oltre sette secoli, si stende il cemento sopra quell’area carica di simboli.
La città si prepara a uno dei suoi momenti più intensi: la Pasqua imminente e, subito dopo, la Festa dei Ceri, attesa per maggio 2025. In questo contesto, i lavori nella zona di Piazza Quaranta Martiri e di via Cavour stanno avanzando a ritmo serrato. Secondo quanto comunicato dal Comune, la gettata di cemento è stata avviata subito dopo la sistemazione delle reti tecnologiche, e rappresenta la base su cui verranno poi posate le pietre della nuova pavimentazione.
Nel frattempo, in Piazza Quaranta Martiri, sono terminate le operazioni di stuccatura e, acquisito il parere del direttore dei lavori, si procederà a riaprire via della Repubblica per consentire l’uscita dei veicoli dal centro storico. Il cronoprogramma appare fitto ma mirato: l’obiettivo è garantire il passaggio della tradizionale Processione del Cristo Morto il Venerdì Santo, momento particolarmente sentito dalla comunità eugubina.
Ma possiamo davvero permetterci di guardare solo avanti, ignorando ciò che giace sotto i nostri piedi? La risposta, per molti studiosi, cittadini e appassionati di storia, è no. Il tratto iniziale di via Cavour, oggi sottoposto a lavori di rifacimento, custodisce le fondamenta invisibili della chiesa di Santa Croce al Mercato, edificio demolito nel corso del XIX secolo, ma ben documentato nelle cronache eugubine.
Fu proprio lì, nel 1310, che il tribunale dell’Inquisizione tenne una delle sue sessioni più controverse: il processo ai Templari umbri, culminato con l’interrogatorio e la condanna in contumacia di Jacopo da Montecucco, Gran Precettore dell’Ordine. Un evento che rispecchia in scala locale l’ondata di persecuzione che, sotto pressione del re di Francia Filippo il Bello e con il beneplacito di Papa Clemente V, portò alla sospensione dell’Ordine del Tempio e alla morte sul rogo, qualche anno dopo, del Gran Maestro Jacques de Molay.
Gubbio non fu estranea a questi eventi epocali, e la chiesa di Santa Croce al Mercato fu il palcoscenico eugubino di questa storia tormentata. Oggi di quella chiesa non resta nulla di visibile, ma è proprio per questo che il suo ricordo dovrebbe essere preservato e valorizzato. Non basta rimuovere le pietre antiche per costruirne di nuove: bisogna ricordare dove siamo, e chi siamo stati.
In un momento in cui la città investe energie e risorse nel restyling urbano, è urgente e doveroso pensare anche a un investimento simbolico e culturale: una targa commemorativa. Un piccolo gesto, ma carico di significato, per segnalare ai cittadini e ai visitatori il valore storico del luogo dove si trovano. Una targa che racconti della chiesa perduta, del mercato medievale che vi si svolgeva attorno, del processo inquisitorio che lì si svolse contro i Templari.
Non si tratta solo di fare memoria per il gusto del passato, ma di restituire alla città una consapevolezza identitaria, un legame tangibile con la propria storia. In un tempo in cui le città storiche rischiano di diventare semplici quinte sceniche per il turismo o contenitori indistinti di eventi, ricordare ciò che è accaduto nei luoghi che oggi calpestiamo è un atto di responsabilità collettiva.
La riqualificazione delle aree urbane non può prescindere dalla loro storia. Ogni pietra che viene posata dovrebbe essere anche una pietra di memoria. La città che guarda al futuro senza voltarsi indietro rischia di perdere il filo della propria narrazione. È giusto migliorare la viabilità, rendere i percorsi pedonali più sicuri, rispettare le esigenze logistiche delle festività religiose e popolari – ma non possiamo permetterci di sacrificare la memoria sull’altare della funzionalità.
L’invito, quindi, è chiaro: accanto ai lavori di pavimentazione, si trovi il modo di inserire nel progetto urbano un segno permanente della storia profonda di questo luogo. Che sia una targa in bronzo, un pannello didattico o una pietra incisa, poco importa: ciò che conta è che la città non lasci cadere nell’oblio un pezzo così significativo del proprio passato.
I lavori in corso all’inizio di via Cavour, accelerati in vista della Pasqua e della Festa dei Ceri, rappresentano una fase importante nel continuo processo di cura e manutenzione della città. Ma non si può parlare di cura senza attenzione alla storia. La gettata di cemento oggi visibile non dovrebbe diventare un sipario che cala sulla memoria, ma piuttosto una base su cui edificare una narrazione più consapevole, più completa.
Gubbio ha una storia che pulsa sotto le sue strade, che respira dalle sue pietre e che ancora sussurra nei suoi vicoli. Sta a noi ascoltarla, e farla ascoltare anche a chi verrà dopo. In questa prospettiva, una semplice targa può diventare un ponte tra passato e presente, tra ciò che è stato e ciò che sarà.
E allora, mentre il cantiere avanza e le pietre vengono disposte una a una, chiediamoci se non sia giunto il momento di fare altrettanto con i frammenti della nostra memoria. Di rimetterli insieme, di dar loro forma e voce. Perché ogni città, se vuole essere viva davvero, deve saper camminare sulle proprie radici.