Nonostante l’Artico sia spesso percepito come uno degli ultimi luoghi incontaminati del pianeta, nuove ricerche dimostrano il contrario. Uno studio coordinato dall’Istituto di Scienze Polari del Cnr (Cnr-Isp), con la collaborazione dell’Università degli Studi di Perugia, ha rilevato livelli insospettabili di inquinanti emergenti nella neve e nel ghiaccio superficiale dei ghiacciai dell’isola di Spitsbergen, nell’arcipelago norvegese delle Svalbard.
I risultati, pubblicati su Environmental Research e Journal of Hazardous Materials, documentano come farmaci, prodotti cosmetici, composti fenolici e altri residui di uso quotidiano si accumulino nella criosfera in quantità fino a dieci volte superiori rispetto ai contaminanti storici come i policlorobifenili (PCB) o i pesticidi.
“Farmaci, prodotti per la cura della persona e composti fenolici sono presenti in concentrazioni inaspettate, superiori persino ai grandi inquinanti industriali del passato”, spiega Luisa Patrolecco, ricercatrice del Cnr-Isp e coordinatrice dello studio. “La presenza simultanea di contaminanti di vecchia e nuova generazione nella criosfera dimostra come il trasporto atmosferico a medio e lungo raggio sia determinante nella loro diffusione”.

Le campagne di campionamento, condotte tra il 2022 e il 2023, hanno riguardato tre ghiacciai dello Spitsbergen – Austre Brøggerbreen, Midtre Løvenbreen e Kongsvegen – nei pressi della stazione scientifica “Dirigibile Italia” del Cnr, a Ny-Ålesund, uno dei laboratori artici permanenti più a nord del mondo.
“Abbiamo analizzato neve e carote di ghiaccio superficiale per valutare la presenza di contaminanti organici emergenti e sostanze persistenti già note”, aggiunge Patrolecco.
Le analisi rivelano che il ghiaccio artico agisce come una vera memoria ambientale, trattenendo gli inquinanti accumulati nel tempo e restituendo una cronologia dell’impatto antropico. Ma il cambiamento climatico sta alterando questo bilanciamento.
“Con la fusione accelerata dei ghiacci, queste sostanze tornano nei cicli naturali, generando nuovi impulsi di contaminazione negli ecosistemi polari”, spiega Tanita Pescatore, coautrice dello studio.
Il fenomeno preoccupa la comunità scientifica: la fusione del permafrost e dei ghiacciai non solo contribuisce all’innalzamento del livello dei mari, ma libera antichi depositi di carbone, mercurio e composti organici volatili. A questi si aggiungono gli inquinanti emergenti, ancora privi di piena regolamentazione internazionale.
La ricerca dimostra che l’impatto umano raggiunge anche gli ambienti più remoti del pianeta. Le particelle trasportate dalle medie latitudini si depositano sulla superficie della neve artica, confermando il ruolo dell’Artico come sentinella climatica e archivio delle trasformazioni atmosferiche.
In questo contesto, l’Università degli Studi di Perugia collabora da anni con il Cnr nelle attività di monitoraggio della composizione atmosferica. A Perugia, il gruppo guidato dal professor David Cappelletti analizza le rotte attraverso cui gli aerosol inquinanti raggiungono il Polo Nord, collegando i comportamenti quotidiani – dai detergenti ai farmaci, dai profumi ai materiali plastici – alla loro ricaduta nell’Artico.
“Molte delle sostanze rilevate non sono ancora regolate, rendendo urgente un coordinamento internazionale per definire limiti e strategie di riduzione delle emissioni”, sottolineano le ricercatrici. I dati raccolti contribuiscono a programmi europei come il Ny-Ålesund Science Managers Committee e l’Arctic Monitoring and Assessment Programme, strumenti fondamentali per aggiornare i modelli climatici globali.
Il ghiaccio artico custodisce la memoria della Terra, ma rischia di diventare una nuova fonte di contaminazione. Comprendere i processi che collegano la chimica atmosferica alle dinamiche climatiche non è più un tema accademico: significa proteggere risorse idriche, catene alimentari e comunità artiche.
Come ricordano le ricercatrici, ciò che arriva sulla neve delle Svalbard proviene anche dai nostri mari e dalle nostre città. Studiare questi accumuli invisibili offre una fotografia chiara di quanto i confini geografici siano irrilevanti davanti ai grandi cicli planetari.