La Giunta regionale ha deliberato la preadozione del disegno di legge “Norme a sostegno della transizione ecologica della gestione integrata dei rifiuti”, un testo proposto dall’assessore all’Ambiente Thomas De Luca che aggiorna e sostituisce la precedente normativa del 2009. L’obiettivo dichiarato è dotare la regione di uno strumento legislativo al passo con gli stringenti target europei e nazionali, trasformando la gestione dei rifiuti da problema a opportunità economica. Il cardine operativo della riforma è l’introduzione, su tutto il territorio regionale, della tariffazione puntuale (Tarip), che applica in maniera concreta il principio “chi inquina paga”. Ma la legge non si limita a questo: fissa una serie di obiettivi quantitativi progressivi e vincolanti, definendo un percorso che entro il 2035 dovrebbe portare la raccolta differenziata all’85%, il riciclo effettivo al 70%, i conferimenti in discarica al 10% e, dato simbolo, la produzione di rifiuto residuo secco a soli 60 chilogrammi per abitante all’anno. Numeri ambiziosi che presuppongono un cambio di comportamento diffuso tra cittadini, imprese e amministrazioni comunali.

La misura più direttamente percepibile dai cittadini e dalle aziende umbre è senza dubbio l’estensione generalizzata della tariffa puntuale. Non si tratterà più di una scelta volontaria dei Comuni, ma di un obbligo di legge. Il sistema, già sperimentato con successo in alcuni territori italiani ed europei, rivoluziona il modo di calcolare la parte variabile della bolletta dei rifiuti.
L’importo non sarà più determinato principalmente da metri quadri o parametri presuntivi, ma dalla quantità effettiva di rifiuto indifferenziato che ogni utenza conferisce. Meno sacchi neri si produrranno, più si risparmierà. Questo meccanismo punta a internalizzare il costo ambientale dello smaltimento, rendendo economicamente vantaggioso per le famiglie e le imprese impegnarsi nella prevenzione e in una differenziazione di qualità.
“Con questo atto l’Umbria smette di considerare i rifiuti come qualcosa di cui disfarsi il prima possibile”, ha dichiarato l’assessore Thomas De Luca presentando il provvedimento, “e comincia a trattarli come una risorsa da cui estrarre valore per la comunità. Superiamo definitivamente la logica lineare per abbracciare un approccio circolare in cui ogni scarto deve tornare ad essere una risorsa per il ciclo economico. Il nuovo impianto normativo privilegia prevenzione, riutilizzo e riciclo rispetto allo smaltimento”. La Tarip diventa quindi lo strumento economico per tradurre in pratica questo cambio di filosofia, spostando l’incentivo dallo smaltimento al recupero.

Il disegno di legge non si limita a indicare una direzione, ma delinea un percorso a tappe obbligate con scadenze e percentuali precise. Per la raccolta differenziata, si dovrà passare dall’attuale percentuale (che varia significativamente tra i Comuni) al 75% entro il 2028, all’80% entro il 2030, fino all’85% entro il 2035. Ancora più significativo è l’obiettivo sul riciclo effettivo, cioè la percentuale di materiale che, dopo la raccolta differenziata, viene effettivamente avviato a recupero e non perso in scarti di selezione. Questo indicatore dovrà salire al 60% entro il 2028 e al 70% nel 2035.
Il rovescio della medaglia di questi incrementi è la drastica riduzione dello smaltimento in discarica, che dovrà crollare fino al 10% entro il 2035, e la contrazione della frazione residuale. L’indicatore più tangibile per i cittadini è proprio la quota di rifiuto urbano residuo (RUR), il cosiddetto “secco”. La legge impone di scendere a 100 chilogrammi per abitante all’anno entro il 2030 e a soli 60 chilogrammi entro il 2035. Per dare un’idea, oggi molte realtà regionali si attestano ancora su valori che superano i 150-200 kg/ab/anno. Raggiungere i 60 kg significherebbe produrre poco più di un chilo di rifiuto non riciclabile a settimana a persona, un obiettivo che richiede una forte spinta sulla prevenzione e sul compostaggio domestico.

Per sostenere i Comuni in questo impegnativo percorso, la legge non prevede solo obblighi. Viene istituito un sistema di premialità e penalità che lega una parte del finanziamento regionale al raggiungimento degli obiettivi intermedi di raccolta e riciclo. I municipi più virtuosi avranno più risorse, quelli in ritardo saranno sanzionati. Questo meccanismo mira a responsabilizzare le amministrazioni locali, chiamate a organizzare servizi di raccolta efficienti e campagne di comunicazione efficaci.
Il disegno di legge conferma l’assetto dell’Umbria come unico ambito territoriale ottimale (A.T.O.), superando definitivamente tentazioni di frammentazione locale. L’obiettivo è garantire autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti residuali e prossimità degli impianti di trattamento e riciclo, considerati infrastrutture essenziali per l’economia circolare. In questo contesto, vengono istituite le Comunità dell’Economia Circolare, tavoli di lavoro permanente tra imprese, associazioni di categoria e enti di ricerca per favorire la simbiosi industriale. In pratica, si creano piattaforme per far incontrare chi produce uno scarto con chi può utilizzarlo come materia prima secondaria, chiudendo i cicli a livello locale.
La transizione avrà anche un costo. Per finanziare interventi di prevenzione della produzione di rifiuti, campagne di educazione ambientale e progetti di bonifica, viene istituito un apposito Fondo regionale per l’ambiente. Particolare attenzione è riservata alla tutela del suolo. La legge prevede la creazione di una banca dati interoperabile dei siti contaminati (S.I.Ge.S.Co.-RU) e l’approvazione di un Atlante regionale dei Valori di Fondo Naturale. Questo strumento tecnico, da anni richiesto dagli operatori del settore, fornirà un quadro di riferimento certo sui livelli naturali di sostanze nel suolo regionale, rendendo più trasparenti, rapidi ed efficaci i procedimenti di caratterizzazione e bonifica.
Infine, il testo punta a coinvolgere la società civile nell’intero processo. Vengono istituiti due organismi permanenti: la Consulta regionale per la transizione ecologica, un tavolo di confronto tra istituzioni, associazioni ambientaliste, di consumatori e rappresentanti del mondo produttivo; e l’Osservatorio regionale dei rifiuti, con funzioni di monitoraggio tecnico-scientifico sull’attuazione della legge e sull’andamento dei dati. La preadozione avvia ora una fase di consultazione pubblica con tutti i portatori di interesse, dai comuni alle associazioni di categoria, dalle aziende di gestione ai comitati cittadini. Solo dopo questo passaggio partecipativo, il testo verrà finalizzato e sottoposto all’esame del Consiglio regionale per l’approvazione definitiva. L’Umbria si prepara così a un decennio di trasformazione radicale nel modo di produrre, gestire e concepire i rifiuti.