Nascosto nella quiete della Pinacoteca comunale di Città di Castello, lo Stendardo della Santissima Trinità di Raffaello ha attraversato secoli senza mai lasciare il suo nido. Ora, invece, varca addirittura l'oceano. Destinazione: Metropolitan Museum of Art di New York, dove sarà esposto nella grande mostra "Raphael: Sublime Poetry". Non è solo un prestito museale ma il simbolo di un dialogo finalmente aperto tra una regione spesso dimenticata per quanto riguarda l'arte e il pubblico internazionale che stima, apprezza e ama le opere italiane.
Prima dell'esposizione, il dipinto – un olio su tela databile attorno al 1500 e incorniciato nel Seicento – è stato trasferito a Roma per un accurato intervento conservativo. A farsi carico dei lavori è stato l'Istituto Centrale per il Restauro, con un sostegno economico di 30.000 euro garantito dallo stesso Met, gesto raro e significativo che ha contribuito a rendere possibile l'intera operazione. Le operazioni di movimentazione e imballaggio sono state effettuate alla presenza di funzionari specializzati, a ulteriore garanzia del rispetto di tutte le misure di tutela.
Commissionato per una confraternita cittadina durante una pestilenza, lo Stendardo della Santissima Trinità è uno dei pochissimi lavori raffaelleschi su tela e l'unico mobile rimasto in Umbria. Raffigura la Trinità affiancata da San Sebastiano e San Rocco, santi invocati nei momenti di emergenza sanitaria. Dipinto su entrambi i lati, secondo la tradizione processionale, rivela già l'equilibrio compositivo e l'intelligenza narrativa di un Raffaello Sanzio appena adolescente.
La sua importanza non sta solo nell'autore, ma nel momento storico che rappresenta: un giovane pittore che ancora non ha lasciato l'Umbria, regione importantissima per la formazione dei pittori rinascimentali, ma che già padroneggia la luce e l'armonia. Uno sguardo verso il futuro, custodito per secoli in una piccola città. L'opera è conservata nella suggestiva "sala della Contemplazione" della Pinacoteca tifernate, dove rappresenta un punto fermo della collezione permanente.
La scelta di prestare l'opera non è stata semplice. "La mostra del Met su Raffaello, di profilo internazionale promuoverà la conoscenza dello Stendardo, su una platea qualificata e ampia", hanno dichiarato il sindaco Luca Secondi e l'assessora alla Cultura Michela Botteghi. Per decenni, l'Umbria ha difeso le sue opere, memore delle perdite subite in epoca napoleonica e post-unitaria. Basti pensare alla Pala Colonna o alla Pala Ansidei, oggi parte delle collezioni permanenti di grandi musei europei e americani.
Ma questa volta la logica è diversa: non più difesa, ma racconto. Lo Stendardo viaggerà per tornare. Ma nel frattempo porterà con sé l'identità di una regione che ha formato alcuni dei più grandi protagonisti del Rinascimento, da Perugino a Pinturicchio, fino al giovanissimo Raffaello. Un'identità fatta non solo di artisti, ma anche di botteghe, confraternite, piccoli centri dove la cultura si è fusa con la vita quotidiana.
Città di Castello, nella sua discrezione, ha dimostrato di saper gestire un patrimonio importante con visione e lungimiranza. La partenza dello Stendardo rappresenta un investimento sulla memoria condivisa e sulla possibilità che l'arte diventi davvero un ponte tra luoghi lontani. La sua presenza al Met non sarà solo un'esposizione temporanea, ma una presa di parola: l'Umbria è parte integrante della grande narrazione del Rinascimento, e merita di essere vista, studiata e raccontata.
Quando lo Stendardo tornerà a casa, dopo il clamore americano, nulla sarà più come prima. Sarà lo stesso oggetto, ma carico di nuovi significati. Un'opera che ha viaggiato nello spazio e nel tempo per ricordarci che la bellezza, se condivisa, cresce. E nel viaggio stesso si rinnova, come accade per ogni grande racconto artistico che, superando i confini, ritrova la propria forza.