C’è una corsa contro il tempo, silenziosa e disperata, che ogni giorno si consuma tra le colline dell’Umbria. Non è una ricerca del lavoro, ma della casa. Un tetto. Un affitto. Quello che ormai è diventato un miraggio. I numeri, impietosi, fotografano un mercato in stato di coma: in tutta la regione, su 92 comuni, sono disponibili soltanto 714 immobili in locazione. Una media di otto case per municipio. Un deserto abitativo che non ha precedenti, mentre la domanda di giovani coppie, studenti e lavoratori rimane fortissima. L’allarme, cresciuto mese dopo mese, è ora esploso nel bollettino della Borsa Immobiliare dell’Umbria e nella voce degli operatori.
Mauro Cavadenti, Agente immobiliare accreditato, non usa giri di parole: “Siamo davanti a un’emergenza sociale a tutti gli effetti”.

La mappa della crisi è desolante. Perugia, il capoluogo, offre appena 247 annunci. Terni si ferma a 67. Scendendo lungo la lista, i numeri diventano residuali, quasi simbolici: Foligno a 18, Spoleto a 31, Città di Castello a 24. Assisi, meta di pellegrini e turisti, ha solo 17 case in affitto a lungo termine. Gubbio sette, Bastia Umbra cinque.
“Sono quantità che non reggono minimamente il confronto con la domanda reale”, evidenzia Mauro Cavadenti, che ha elaborato i dati incrociando i principali portali. “Il mercato è incapace di rispondere alle esigenze di chi vive, studia o lavora stabilmente in Umbria”. Una strozzatura che si sta trasformando in una trappola sociale, con i canoni di locazione che continuano a salire proprio mentre l’offerta si contrae. Il listino ufficiale del II trimestre 2025 della Borsa Immobiliare regionale conferma la tendenza: rialzi dei prezzi nelle aree centrali e semicentrali di Perugia e Terni, con le fasce minime e massime che si restringono sotto la pressione della domanda.

Accanto alla scarsità, agisce un meccanismo perverso che sposta gli immobili fuori dal mercato tradizionale. Raffaele Nardi, altro agente accreditato, spiega senza filtri la fuga verso gli affitti brevi: “I proprietari scelgono questa strada per due motivi principali: la libertà di avere il bene sempre disponibile, senza vincoli di lunga durata, e la complessità crescente della burocrazia”. Normative che cambiano in continuazione, un carico di adempimenti che spaventa. La conseguenza è un trasferimento massiccio di immobili verso il turismo. Nardi stima che “circa il 50% delle case che gestiamo proviene da eredità, quindi seconde case che spesso rimangono inutilizzate. Molte si trovano in zone collinari o montane, ideali più per il turismo che per la locazione ordinaria”. Ma non è solo una questione di convenienza. È una fuga dalla sfiducia.
Giuseppina Balducci, presidente Confappi, conferma una deriva che osserva da anni e che il Covid ha drasticamente aggravato. “Molti proprietari temono problemi di natura economica con gli inquilini e soprattutto la difficoltà nel riavere la disponibilità dell’immobile in caso di necessità”, racconta.
Ma c’è di più: la gestione ordinaria dell’abitazione, che per legge spetterebbe al conduttore, viene spesso scaricata sul locatore. “Dalla prova fumi alla rottura di un flessibile del bagno fino al blocco della caldaia: un logorio continuo che scoraggia”.
La reazione è umana, e prevedibile: “Chi ha una seconda casa spesso preferisce non affittare affatto, oppure sceglie il mercato degli affitti brevi, percepito come più flessibile e meno rischioso”. Il risultato di questa emorragia di fiducia è sotto gli occhi di tutti: più case vuote, più immobili nel circuito turistico, meno alloggi per la vita quotidiana.

Il quadro che emerge è quello di una progressiva desertificazione del mercato degli affitti tradizionali. “L’Umbria, storicamente accessibile e tranquilla sul piano immobiliare, oggi sta perdendo una delle sue caratteristiche più preziose: la possibilità di trovare una casa a condizioni sostenibili”, sottolinea Cavadenti.
Senza norme più chiare per tutelare i proprietari e senza incentivi alla locazione a lungo termine, la regione rischia un impatto sociale profondo. “Senza casa non c’è futuro”, conclude l’agente, richiamando l’urgenza di un intervento prima che l’emergenza diventi irreversibile. Perché quando a svuotarsi non sono solo le case, ma le prospettive di una comunità, il prezzo da pagare è quello più alto.