Umbria, l’economia si ferma: il valore aggiunto resta al palo. Nel 2024 la regione registra la seconda peggior crescita d’Italia, subito dopo l’Emilia-Romagna, con un incremento a valori correnti dello 0,99% che si azzera una volta considerata l’inflazione.
L’economia umbra si scopre così immobile, sospesa in una stagnazione strutturale che non è più solo congiunturale. A rivelarlo è il rapporto del Centro Studi Tagliacarne e Unioncamere, elaborato con il supporto della Camera di Commercio dell’Umbria, che fotografa un sistema produttivo in profonda trasformazione ma incapace, al momento, di accelerare.
“La crisi strutturale dell’economia umbra non è un fenomeno recente, ma un processo lungo”, ha spiegato il presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni, aggiungendo: “L’inserimento nella Zona Economica Speciale unica, insieme alle Marche, è un segnale della difficoltà ma anche un’opportunità da cogliere con decisione. Come Camera di Commercio siamo impegnati nell’accompagnare le imprese nella doppia transizione, economica ed ecologica, sostenendo digitalizzazione, formazione e innovazione. Solo così potremo aumentare la produttività reale e attrarre capitali e competenze, rafforzando il tessuto economico e sociale dell’Umbria”.
A pesare sul rallentamento complessivo è il crollo dell’industria manifatturiera umbra, che nel 2024 segna un -8,08%, il peggior dato d’Italia. L’Umbria, storicamente legata alla manifattura, paga la fragilità delle sue filiere produttive e la mancanza di nuovi investimenti industriali.
Terni è ultima tra le 107 province italiane, con un drammatico -10,45% nel valore aggiunto industriale, mentre Perugia è quartultima (-7,53%). Un arretramento che non si spiega solo con il ciclo economico ma con una perdita di competitività strutturale.
Il settore delle costruzioni registra un ulteriore calo del 6%, secondo peggior risultato nazionale dopo il Molise (-11,3%). Anche qui Terni precipita (-8,79%) e Perugia si ferma al 95° posto (-4,03%).
Con un valore aggiunto pro capite di 28.030 euro, pari all’84,1% della media nazionale (33.347 euro), l’Umbria scivola verso la parte bassa della classifica: non più ponte tra Centro e Sud, ma territorio che rischia di rimanere ai margini della crescita. Il divario con il Centro-Nord si allarga, mentre anche l’Abruzzo consolida il sorpasso.

Nel panorama di stagnazione emerge un segnale positivo: l’agricoltura umbra cresce del 13,64%, ben oltre la media nazionale, e si conferma tra i comparti più dinamici d’Italia.
Terni balza al 26° posto (+18,75%), Perugia è 53ª (+11,38%), a testimonianza di un settore che sta innovando, puntando su agroalimentare di qualità, prodotti tipici locali, filiera corta e turismo rurale.
Anche il turismo in Umbria mostra una sorprendente tenuta: i servizi legati a commercio, trasporti, alloggio e ristorazione crescono del 3,3%, perfettamente in linea con la media nazionale (+3,15%) e superiore a quella del Centro Italia (+2,86%).
La regione si distingue per una offerta culturale diffusa e una capacità attrattiva in costante crescita, sostenuta da eventi, festival e valorizzazione dei borghi.
La Camera di Commercio dell’Umbria ricorda che la regione è “prima in Italia per numero di attività culturali e spettacoli in rapporto alla popolazione”, un primato che consolida il legame tra cultura, turismo e sviluppo economico sostenibile.
Controtendenza positiva per il settore pubblico umbro, che comprende pubblica amministrazione, sanità, istruzione e servizi culturali: +3,84% nel 2024, meglio della media nazionale (+2,94%).
In particolare, Terni conquista il primo posto in Italia per aumento del valore aggiunto nella pubblica amministrazione e nei servizi culturali (+4,88%), mentre Perugia si piazza al 28° posto (+3,5%).
Un risultato che riflette la presenza di istituzioni pubbliche, centri di ricerca, università e un vivace tessuto culturale. Tuttavia, il resto del sistema dei servizi resta più debole: i servizi professionali, finanziari e immobiliari crescono del 4,06%, un punto in meno rispetto alla media italiana (+5,02%), confermando una carenza di competenze specialistiche e difficoltà nell’attrarre investimenti privati.
Il 2024 consegna l’immagine di un’Umbria che cresce poco e male. Il valore aggiunto aumenta solo nominalmente, ma l’inflazione ne cancella gli effetti reali. L’industria arretra, l’agricoltura avanza, i servizi reggono ma non trainano.
Un sistema economico che galleggia grazie a comparti tradizionali, turismo e settore pubblico, ma senza la spinta innovativa necessaria per rilanciarsi.
Giorgio Mencaroni sintetizza la sfida: “L’Umbria può e deve sfruttare la condizione di Zona Economica Speciale per rilanciarsi. Non ci sono alternative a un percorso che metta al centro innovazione, capitale umano e capacità di fare sistema. Solo così la regione potrà tornare a crescere in modo stabile”.
La fotografia del 2024 è quella di una regione in bilico: forte nei suoi valori identitari e culturali, ma fragile nella sua struttura produttiva. La sfida, oggi, è trasformare la ZES unica e la transizione digitale ed ecologica in occasioni concrete di rilancio.
Perché senza innovazione, formazione e attrazione di capitali, l’Umbria rischia di restare prigioniera di una crescita apparente, incapace di tradursi in benessere reale e di lungo periodo.