24 Nov, 2025 - 19:00

Umbria, il commercio resiste ma la sfida è sulla produttività. La Cabina di regia per salvare i negozi di vicinato

Umbria, il commercio resiste ma la sfida è sulla produttività. La Cabina di regia per salvare i negozi di vicinato

Non è solo una questione di tenere aperte le saracinesche. Il destino delle botteghe e dei negozi di vicinato in Umbria, con il loro carico di relazioni umane e di identità territoriale, si gioca su un crinale più complesso, fatto di numeri, produttività e modelli distributivi in rapida trasformazione. Il recente avvio delle attività della Cabina di regia del Commercio istituita presso la Regione Umbria, un tavolo di coordinamento tra enti locali, associazioni di categoria e sindacati, diventa l’occasione per fare il punto su un settore cruciale. E i dati dell’Agenzia Umbria Ricerche (AUR), elaborati da Mauro Casavecchia ed Elisabetta Tondini, consegnano una fotografia in chiaroscuro: un tessuto commerciale resiliente e più dinamico della media nazionale, ma che fatica a tradurre questa vitalità in efficienza e reddito per chi ci lavora.

Il settore commerciale umbro, coerentemente con la struttura insediativa, risulta plasmato su un modello capillare, basato sulla prossimità territoriale, sulla relazione con la clientela, sul radicamento nei contesti locali. Ma questo modello, oggi, deve fare i conti con le sfide della competitività.

Un motore dell'economia regionale, ma con l'handicap della produttività

I numeri del 2022 parlano di un comparto che non è affatto marginale. Il commercio umbro, che include anche la riparazione di autoveicoli, genera il 13,2% del valore aggiunto regionale, un punto percentuale in più rispetto alla media italiana. Un volume d’affari di 2,923 miliardi di euro che dà lavoro a 54.700 occupati, il 14,7% del totale regionale. La tenuta nel tempo è notevole: tra il 1995 e il 2022, il valore aggiunto reale è cresciuto in media del 2,1% all’anno, superando l’1,8% del dato nazionale.

È qui, però, che emerge il primo, grande paradosso. La produttività reale del lavoro, misurata qui come valore aggiunto per unità di lavoro standard. pur mostrando un trend positivo dal 2010, permane sistematicamente al di sotto del benchmark nazionale, sottolinea l’analisi dell’AUR.

In parole povere, la maggiore crescita del valore aggiunto in Umbria è stata sostenuta non da una maggiore efficienza, ma semplicemente impiegando più lavoro. Un modello "labour-intensive" che ha un rovescio della medaglia: Il profilo retributivo del settore risulta anch’esso inferiore allo standard nazionale.

I redditi da lavoro dipendente, sia orari che per occupato, mostrano un gap negativo e in peggioramento rispetto al resto d’Italia. La bottega umbra, insomma, resiste e produce ricchezza per il territorio, ma fatica a garantire prospettive solide a chi vi è impiegato.

La mappa del commercio: capillarità e intermediari, ma l'ingrosso arranca

Il ritratto del sistema distributivo umbro è quello di un ecosistema policentrico e diffuso. Sono oltre 10.000 gli esercizi al dettaglio in sede fissa (attività primaria), a cui si sommano altre 4.000 unità che svolgono il commercio come attività secondaria. Una densità di negozi che supera la media nazionale: 12,1 punti vendita ogni mille abitanti contro 11,3. È la cifra di un territorio fatto di piccoli centri, dove il negozio sotto casa è un presidio sociale oltre che economico.

Uno degli elementi distintivi è “l’elevata incidenza degli intermediari commerciali, come agenti e rappresentanti (4,4 ogni mille abitanti contro 3,6 in Italia). Un dato che, spiegano i ricercatori, sottende una maggiore esigenza di funzioni di raccordo tra la produzione e la distribuzione, tipica di un sistema produttivo frammentato. Al contrario, il comparto dell’ingrosso appare meno sviluppato. 

“Una minore presenza di piattaforme logistiche strutturate, una maggiore dipendenza da hub extraregionali, una limitata capacità di concentrare volumi e ottimizzare i flussi”: è l’altro lato della medaglia di un modello basato sulla piccola scala.

Anche la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) in Umbria ha caratteristiche peculiare. Con 709,7 metri quadrati di superficie di vendita ogni mille abitanti (577,9 in Italia), la dotazione è superiore. Il differenziale è marcato soprattutto nei Supermercati (347 mq/1000 ab. vs 236 in Italia). Ma, coerentemente con il modello regionale, anche la GDO umbra è più "laboriosa": La maggiore intensità di lavoro per metro quadro indica la presenza di strutture più labour-intensive e una probabile minore automazione, si legge nel report. Un orientamento al servizio che piace ai clienti, ma che si scontra con i conti in rosso sulla produttività.

La trasformazione silenziosa: calano i piccoli negozi, crescono i format medi

Il quadro non è statico. Anzi, è in atto una trasformazione profonda e inesorabile. Tra il 2000 e il 2024, il numero di esercizi al dettaglio in sede fissa in Umbria si è contratto del 28,8%, un calo più accentuato della media nazionale (-22,1%). È la lenta, costante emorragia del piccolo commercio.

A scomparire sono stati soprattutto i negozi di piccolissime e piccole dimensioni (fino a 150 mq), con cali superiori al 30%. In controtendenza, le superfici medio-grandi (tra i 401 e i 2.500 mq) hanno registrato incrementi. Si è, dunque, verificato uno spostamento della struttura commerciale verso format di più alta scala, coerente con processi di razionalizzazione dell’offerta e con il consolidamento di operatori organizzati, analizza l’AUR. Il tessuto commerciale umbro si sta polarizzando: da un lato i grandi operatori della GDO, dall'altro una galassia di piccoli negozi che si dirada, con evidenti rischi per l'accessibilità ai servizi e la vitalità dei centri storici.

È su questo campo di gioco, fatto di resilienza ma anche di fragilità strutturali, che dovrà muoversi la Cabina di regia del Commercio. Il suo compito non sarà facile: trovare un equilibrio tra la tutela di un modello di prossimità che è parte del DNA umbro e la necessità di innovare processi, migliorare l'efficienza e sostenere il reddito di un intero settore chiamato a una difficile modernizzazione.

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Federico Zacaglioni
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