 
   L’Umbria degli artigiani cambia pelle, ma con un ritmo più lento rispetto al resto del Paese. Nel biennio 2022-2024, il settore registra aumenti per estetisti (+6,2%), tassisti (+2,6%) e serramentisti (+11%), mentre arretrano mestieri tradizionali come falegnami (-5,7%) ed elettricisti (-4,9%). Tra i comparti più innovativi, l’Information and Communication Technology (ICT) resta fermo, segnando un evidente ritardo rispetto alla crescita del 5,4% registrata in Italia.
Secondo i dati elaborati da Unioncamere-Infocamere e dalla Camera di Commercio dell’Umbria, il numero complessivo delle imprese artigiane umbre continua a calare, con un’incidenza più marcata rispetto al contesto nazionale. All’interno di questo mondo, tuttavia, crescono mestieri legati a servizi, cura della persona e qualità del prodotto personalizzato, spesso con un uso crescente del digitale.
La dichiarazione del presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni fotografa la situazione con precisione: “I dati confermano che l’Umbria soffre più di altre regioni la contrazione dell’artigianato, e questo deve interrogarci con grande serietà. Non parliamo solo di numeri, ma di un intero modello produttivo che fatica a rinnovarsi. Troppi piccoli imprenditori restano soli, senza un adeguato supporto nella transizione digitale e senza accesso agevole a strumenti finanziari o reti di collaborazione".
Secondo il presidente della Camera di Commercio dell'Umbria è una fragilità che non riguarda la qualità del lavoro artigiano, che in Umbria resta altissima, ma la difficoltà di adattarsi a un mercato in cui tecnologia, formazione e competenze nuove sono ormai imprescindibili.
"È qui che le istituzioni - afferma - devono fare la differenza: non bastano incentivi episodici, servono percorsi di accompagnamento continui, politiche industriali che premino l’innovazione, la formazione tecnica e il ricambio generazionale. L’artigianato non solo è tra i pilastri dell’economia reale, ma anche una componente culturale profonda della nostra identità regionale: custodisce saperi, tradizioni e un rapporto diretto con la qualità del prodotto che non può essere sostituito. Per questo, la Camera di Commercio dell’Umbria continuerà a lavorare perché questo patrimonio non vada disperso, ma diventi parte di una nuova stagione di sviluppo, più consapevole, più digitale e più radicata nel territorio. Perché senza un artigianato forte, l’Umbria perde un pezzo della sua anima produttiva e civile”.

Una volta l’artigiano era quello che bussava alla porta con la cassetta degli attrezzi. Oggi, come raccontano Unioncamere e InfoCamere, può arrivare in Uber, creare un sito web, sistemare unghie o sopracciglia e mandare la fattura dallo smartphone.
Dal 2022 al 2024, in Italia gli estetisti crescono del 7,7%, i tassisti del 5,8% e gli specialisti ICT del 5,4%, mentre arretrano mestieri tradizionali come falegnami (-7,1%) e imbianchini (-8,5%).
In Umbria, la trasformazione è più lenta e frammentata. Gli estetisti passano da 579 a 615 (+6,2%), i tassisti da 78 a 80 (+2,6%) e i serramentisti da 281 a 312 (+11%). Tra i mestieri tradizionali, i falegnami scendono da 279 a 263 (-5,7%) e gli elettricisti da 862 a 820 (-4,9%).
Il confronto con l’Italia evidenzia un divario netto anche in settori emergenti: mentre le imprese artigiane dell’ICT crescono del 5,4% a livello nazionale, in Umbria rimangono ferme a cinque unità, invariati dal 2022.
Dal 2015 a oggi, le imprese artigiane umbre sono scese da 21.948 a 19.365 (-11,8%), un calo più accentuato rispetto all’8,5% medio italiano, e rispetto al 2019 la contrazione è del 5,4% contro il 3,5% nazionale.
Il ritardo nella digitalizzazione e nell’adozione di nuove tecnologie è il nodo centrale. Non si tratta della qualità del lavoro artigiano, ancora elevatissima in Umbria, ma della capacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione.
Anche comparti più tradizionali come serramentisti e tassisti registrano incrementi più contenuti rispetto al contesto nazionale (+11% contro +39,9% per i serramentisti e +2,6% contro +7,2% per i tassisti).
Secondo Unioncamere-Infocamere, la tenuta dell’artigianato italiano si deve soprattutto a donne, giovani e imprenditori stranieri: le imprese femminili crescono tra estetisti (+11%) e tassisti (+14,8%), gli under 35 trainano i settori digitali (+15,6% per gli specialisti ICT) e gli imprenditori stranieri registrano aumenti significativi (+29% tra gli specialisti ICT e +28% tra i tassisti).
In Umbria, il cambiamento procede più lentamente, ma non si ferma del tutto. Le attività legate ai servizi, alla cura della persona e alla qualità del prodotto personalizzato mostrano resilienza, offrendo spazi di innovazione e differenziazione.
Il risultato è un artigianato che perde numeri, ma non significato. Accanto alla pialla e al martello, l’artigiano usa smartphone e computer, con la stessa passione per il lavoro fatto a mano e con cura.
Una metamorfosi lenta, ma capace di tenere viva una tradizione secolare, pronta a rilanciarsi con investimenti mirati, formazione digitale e sostegno al passaggio generazionale.
L’artigianato umbro cambia pelle, sì, ma a modo suo, con passo più corto rispetto all’Italia, tra resilienza, innovazione graduale e la necessità di una strategia di sistema che non lasci indietro nessuno.