25 Oct, 2025 - 13:00

L’Umbria degli artigiani cambia pelle, ma resta indietro rispetto all’Italia

L’Umbria degli artigiani cambia pelle, ma resta indietro rispetto all’Italia

L’Umbria degli artigiani cambia pelle, ma con un ritmo più lento rispetto al resto del Paese. Nel biennio 2022-2024, il settore registra aumenti per estetisti (+6,2%), tassisti (+2,6%) e serramentisti (+11%), mentre arretrano mestieri tradizionali come falegnami (-5,7%) ed elettricisti (-4,9%). Tra i comparti più innovativi, l’Information and Communication Technology (ICT) resta fermo, segnando un evidente ritardo rispetto alla crescita del 5,4% registrata in Italia.

Secondo i dati elaborati da Unioncamere-Infocamere e dalla Camera di Commercio dell’Umbria, il numero complessivo delle imprese artigiane umbre continua a calare, con un’incidenza più marcata rispetto al contesto nazionale. All’interno di questo mondo, tuttavia, crescono mestieri legati a servizi, cura della persona e qualità del prodotto personalizzato, spesso con un uso crescente del digitale.

La visione della Camera di Commercio dell’Umbria

La dichiarazione del presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, Giorgio Mencaroni fotografa la situazione con precisione: “I dati confermano che l’Umbria soffre più di altre regioni la contrazione dell’artigianato, e questo deve interrogarci con grande serietà. Non parliamo solo di numeri, ma di un intero modello produttivo che fatica a rinnovarsi. Troppi piccoli imprenditori restano soli, senza un adeguato supporto nella transizione digitale e senza accesso agevole a strumenti finanziari o reti di collaborazione".

Secondo il presidente della Camera di Commercio dell'Umbria è una fragilità che non riguarda la qualità del lavoro artigiano, che in Umbria resta altissima, ma la difficoltà di adattarsi a un mercato in cui tecnologia, formazione e competenze nuove sono ormai imprescindibili.

"È qui che le istituzioni - afferma - devono fare la differenza: non bastano incentivi episodici, servono percorsi di accompagnamento continui, politiche industriali che premino l’innovazione, la formazione tecnica e il ricambio generazionale. L’artigianato non solo è tra i pilastri dell’economia reale, ma anche una componente culturale profonda della nostra identità regionale: custodisce saperi, tradizioni e un rapporto diretto con la qualità del prodotto che non può essere sostituito. Per questo, la Camera di Commercio dell’Umbria continuerà a lavorare perché questo patrimonio non vada disperso, ma diventi parte di una nuova stagione di sviluppo, più consapevole, più digitale e più radicata nel territorio. Perché senza un artigianato forte, l’Umbria perde un pezzo della sua anima produttiva e civile”.

La metamorfosi dell’artigianato italiano e il ritardo dell’Umbria

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Una volta l’artigiano era quello che bussava alla porta con la cassetta degli attrezzi. Oggi, come raccontano Unioncamere e InfoCamere, può arrivare in Uber, creare un sito web, sistemare unghie o sopracciglia e mandare la fattura dallo smartphone.

Dal 2022 al 2024, in Italia gli estetisti crescono del 7,7%, i tassisti del 5,8% e gli specialisti ICT del 5,4%, mentre arretrano mestieri tradizionali come falegnami (-7,1%) e imbianchini (-8,5%).

In Umbria, la trasformazione è più lenta e frammentata. Gli estetisti passano da 579 a 615 (+6,2%), i tassisti da 78 a 80 (+2,6%) e i serramentisti da 281 a 312 (+11%). Tra i mestieri tradizionali, i falegnami scendono da 279 a 263 (-5,7%) e gli elettricisti da 862 a 820 (-4,9%).

Il confronto con l’Italia evidenzia un divario netto anche in settori emergenti: mentre le imprese artigiane dell’ICT crescono del 5,4% a livello nazionale, in Umbria rimangono ferme a cinque unità, invariati dal 2022.

Dal 2015 a oggi, le imprese artigiane umbre sono scese da 21.948 a 19.365 (-11,8%), un calo più accentuato rispetto all’8,5% medio italiano, e rispetto al 2019 la contrazione è del 5,4% contro il 3,5% nazionale.

Innovazione digitale e mestieri tradizionali: il gap che pesa sull’Umbria

Il ritardo nella digitalizzazione e nell’adozione di nuove tecnologie è il nodo centrale. Non si tratta della qualità del lavoro artigiano, ancora elevatissima in Umbria, ma della capacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione.

Anche comparti più tradizionali come serramentisti e tassisti registrano incrementi più contenuti rispetto al contesto nazionale (+11% contro +39,9% per i serramentisti e +2,6% contro +7,2% per i tassisti).

Secondo Unioncamere-Infocamere, la tenuta dell’artigianato italiano si deve soprattutto a donne, giovani e imprenditori stranieri: le imprese femminili crescono tra estetisti (+11%) e tassisti (+14,8%), gli under 35 trainano i settori digitali (+15,6% per gli specialisti ICT) e gli imprenditori stranieri registrano aumenti significativi (+29% tra gli specialisti ICT e +28% tra i tassisti).

In Umbria, il cambiamento procede più lentamente, ma non si ferma del tutto. Le attività legate ai servizi, alla cura della persona e alla qualità del prodotto personalizzato mostrano resilienza, offrendo spazi di innovazione e differenziazione.

Un artigianato che resiste e guarda al futuro

Il risultato è un artigianato che perde numeri, ma non significato. Accanto alla pialla e al martello, l’artigiano usa smartphone e computer, con la stessa passione per il lavoro fatto a mano e con cura.

Una metamorfosi lenta, ma capace di tenere viva una tradizione secolare, pronta a rilanciarsi con investimenti mirati, formazione digitale e sostegno al passaggio generazionale.

L’artigianato umbro cambia pelle, sì, ma a modo suo, con passo più corto rispetto all’Italia, tra resilienza, innovazione graduale e la necessità di una strategia di sistema che non lasci indietro nessuno.

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Federico Zacaglioni
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