Il turismo a Gubbio continua a far discutere. Da una parte l’amministrazione comunale, attraverso la voce del vicesindaco Francesco Gagliardi, sottolinea i risultati positivi e il ruolo trainante della città nel panorama umbro. Dall’altra, il quotidiano online “Vivo Gubbio” riporta numeri e testimonianze diametralmente opposte: flussi discontinui, turismo concentrato nei weekend, mordi e fuggi predominante e un quadro che non autorizza trionfalismi.
Due visioni che sembrano parlare di due città diverse, ma che invece raccontano uno stesso territorio visto con lenti differenti.
Secondo Federalberghi Umbria, il mese di dicembre ha registrato un calo generale delle presenze turistiche, con due eccezioni significative: Gubbio e il Trasimeno, che avrebbero fatto registrare il sold out. Un risultato che l’amministrazione accoglie come segnale incoraggiante e come prova della capacità della città di attrarre visitatori.
Non a caso, Gagliardi sottolinea che da “storico fanalino di coda”, oggi Gubbio può essere considerata “prima della classe”:
«Federalberghi certifica che, in un momento complesso per l’Umbria, Gubbio riesce a mantenere numeri importanti e ad essere destinazione scelta, soprattutto nel periodo natalizio».
Un risultato che, nelle intenzioni del Comune, sarebbe frutto di:
politiche di promozione turistica strutturate;
eventi di rilievo come l’Albero di Natale più grande del mondo;
valorizzazione del centro storico e dell’offerta culturale.
In questa prospettiva, Gubbio rappresenterebbe un modello positivo in un contesto regionale che, invece, mostra segnali di rallentamento.

La narrazione cambia radicalmente se si guarda al punto di vista degli operatori locali e ai dati riportati da “Vivo Gubbio”. Qui, il quadro appare decisamente meno rassicurante.
Secondo ristoratori e albergatori, la presenza turistica sarebbe concentrata quasi esclusivamente nei fine settimana, nei ponti e nei giorni clou del Natale, con pochissimo movimento nel resto del periodo.
Un turismo definito “mordi e fuggi”, che porta persone ma non garantisce ricadute strutturali sull’economia. Molti operatori parlano apertamente di preoccupazione:
«I turisti arrivano, ma restano poco. I numeri non bastano a garantire stabilità e sostenibilità», affermano alcuni esercenti, citati dal quotidiano online.
E i dati non sembrano alleggerire le ansie:
nel 2024 Gubbio ha registrato 143.257 arrivi su 2.800.000 complessivi in Umbria;
343.021 presenze su 7.300.000 complessive.
Numeri che, messi in relazione con il resto della regione, non autorizzerebbero a parlare di leadership. Anzi, secondo alcune elaborazioni citate, Gubbio risulta in posizioni di retroguardia, tra il settimo e l’ottavo posto tra i territori umbri.
Ancora più critici sarebbero, secondo alcune fonti, i dati 2025, che non sembrerebbero prospettare miglioramenti significativi.

È evidente che ci si trova di fronte a due interpretazioni profondamente diverse.
Da un lato l’amministrazione rivendica risultati, mettendo l’accento sui picchi di presenze e sull’immagine positiva costruita.
Dall’altro, gli operatori economici chiedono realismo e politiche concrete, perché se i weekend vanno bene ma i giorni feriali restano deserti, l’economia locale fatica.
Ecco allora che si apre il vero nodo: cosa significa davvero “successo turistico”?
È sufficiente avere il pienone nei giorni di punta?
Basta poter mostrare un sold out in determinati periodi?
Oppure serve una programmazione capace di garantire continuità, pernottamenti più lunghi, destagionalizzazione, diversificazione dell’offerta?
La frase circolata anche nel dibattito pubblico, «Amministrare una città è una cosa seria», riassume perfettamente il cuore della questione.
Il turismo non può essere raccontato solo attraverso slogan o percezioni. Servono:
dati chiari e completi;
analisi oneste;
strategie lungimiranti;
ascolto reale delle categorie economiche.
Solo così Gubbio potrà trasformare le potenzialità in solidità, i picchi in stabilità, l’entusiasmo in crescita strutturale.
Perché se è vero che Gubbio resta una delle mete più suggestive d’Italia, è altrettanto vero che il futuro turistico non si costruisce sulle impressioni, ma sulle politiche concrete.