 
   Tensione alta a Trevi, dove i lavoratori della Sitem Spa incroceranno le braccia per quattro ore nella mattinata di mercoledì 29 ottobre. La protesta, convocata da Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm Uil, arriva dopo l’annuncio di una trentina di esuberi nello stabilimento di Cannaiola, dove oggi lavorano 165 dipendenti. Il presidio è previsto alle 10 davanti ai cancelli dell’azienda.
La decisione è maturata a seguito delle assemblee, in cui i sindacati hanno ricevuto mandato dai lavoratori a procedere con la mobilitazione. L’obiettivo è chiaro: contestare la scelta aziendale di non ricorrere ad ammortizzatori sociali e di confermare, invece, la procedura di licenziamento collettivo.
In una nota congiunta, le sigle sindacali spiegano: “L’indisponibilità ad aprire gli ammortizzatori sociali e la conferma della procedura di licenziamento collettivo rimangono due elementi stigmatizzati dall’assemblea. La proposta avanzata dall’azienda, pur rappresentando un avanzamento rispetto al precedente incontro, è ancora insufficiente nei numeri.”
L’annuncio dei tagli ha colpito duramente il territorio trevano, dove la Sitem rappresenta da decenni uno dei principali poli industriali dell’Umbria. Fondata nel 1974, l’azienda è oggi un punto di riferimento nel settore delle lamierine magnetiche per motori elettrici, con stabilimenti anche a Milano, in Svizzera, Slovacchia e Francia.
I lavoratori temono che gli esuberi possano aprire una stagione di instabilità occupazionale. La Sitem, infatti, ha da poco completato un passaggio di proprietà: la statunitense Worthington Steel Inc., attraverso la sua controllata Tempel Steel Company, ha acquisito una quota di controllo del 52% del gruppo europeo, con opzione per aumentare ulteriormente la partecipazione.
L’acquisizione, presentata come un passo strategico per il consolidamento nel mercato europeo delle laminazioni per motori elettrici, ha tuttavia coinciso con l’apertura della procedura di licenziamento. Un cortocircuito che non è passato inosservato alle organizzazioni dei lavoratori.
“Non possiamo accettare che una transizione industriale di questa portata si traduca in tagli e sacrifici unilaterali”, affermano i sindacati. “Le lavoratrici e i lavoratori di Trevi hanno sempre garantito qualità e professionalità, contribuendo alla reputazione internazionale del marchio. Ora chiedono solo di essere ascoltati.”
In estate era stata annunciata l'acquisizione della quota di controllo del 52% da parte di Worthington Steel, che aveva annunciato con toni ottimistici l’operazione di acquisizione: “Questo segna un passo significativo nel nostro piano di crescita strategica, rafforzando la nostra presenza nel mercato europeo delle laminazioni per motori elettrici e la nostra capacità di supportare i clienti globali dei settori automotive e industriali”, ha dichiarato Geoff Gilmore, presidente e CEO della compagnia statunitense.
L’azienda americana ha confermato che la dirigenza resterà invariata, con Fabrizio Scarca nel ruolo di presidente, Marco Bartoloni come amministratore delegato e Gabriella Scarca come responsabile acquisti. Una scelta che, nelle intenzioni dei nuovi azionisti, dovrebbe garantire continuità nella gestione e mantenimento dei livelli di qualità e innovazione.
Nonostante ciò, la base produttiva di Trevi vive un momento di incertezza. La riduzione del personale rischia di compromettere non solo la tenuta occupazionale, ma anche il tessuto economico locale, da sempre intrecciato con la presenza della Sitem. La stessa amministrazione comunale segue con attenzione l’evolversi della vicenda, consapevole delle ripercussioni sociali che una perdita occupazionale di questa entità può avere su un territorio già fragile dal punto di vista industriale.
Fim, Fiom e Uilm confermano la disponibilità a riaprire il tavolo negoziale, ma a condizioni diverse. La richiesta è netta: attivare subito strumenti di tutela occupazionale, come la cassa integrazione, e rivedere i criteri della procedura di licenziamento.
“Non è accettabile che un gruppo di questa dimensione, in espansione sul mercato europeo, scelga la strada più rapida e dolorosa per tagliare i costi”, hanno commentato le sigle. “Ci aspettiamo un confronto vero, che tenga conto delle persone, non solo dei bilanci.”
La mobilitazione di mercoledì sarà quindi un primo segnale di protesta, ma anche un banco di prova per le relazioni industriali in un contesto globale sempre più competitivo. Da Trevi, cuore manifatturiero umbro, arriva un messaggio che suona come un monito: senza concertazione, anche le migliori strategie industriali rischiano di perdere radici.