12 Sep, 2025 - 15:50

Tracce della Grecia antica in Umbria: alla scoperta dei reperti archeologici, delle opere e dei tesori che raccontano l'influenza ellenica nella regione

Tracce della Grecia antica in Umbria: alla scoperta dei reperti archeologici, delle opere e dei tesori che raccontano l'influenza ellenica nella regione

Avete mai pensato che, dietro l’immagine più nota dell’Umbria fatta di monasteri medievali, colline verdi e città rinascimentali, si nasconda anche un’anima antichissima che dialoga con il Mediterraneo greco? In questa terra apparentemente lontana dal mare, l’eco dell’Ellade è giunta attraverso commerci, viaggi e incontri, lasciando tracce preziose che ancora oggi parlano di un legame silenzioso e profondo.

Vi accompagneremo tra reperti archeologici che raccontano storie di scambio e contaminazione: vasi attici che hanno viaggiato per mari e fiumi, piccoli bronzi votivi deposti come offerte, decorazioni e motivi che si intrecciano con quelli delle popolazioni umbre. Ogni oggetto non è solo testimonianza materiale, ma un frammento di vita, un ponte tra mondi diversi che si sono guardati e riconosciuti. Nei musei, negli scavi e persino in certi paesaggi, queste tracce si rivelano come indizi da seguire: dettagli che mostrano come l’arte, i miti e le tecniche elleniche abbiano saputo dialogare con le tradizioni locali, generando forme nuove. È come ricomporre un mosaico in cui ogni tessera, per quanto piccola, apre orizzonti mediterranei inattesi nel cuore verde d’Italia.

Questo itinerario non sarà soltanto un viaggio alla scoperta di reperti, ma un invito a cambiare prospettiva: a riconoscere come l’Umbria, sin dall’antichità, sia stata terra di incontri, crocevia di culture e di idee, capace non solo di accogliere suggestioni lontane ma di trasformarle in qualcosa di unico. Passeggiando tra musei, scavi e testimonianze archeologiche, vi accorgerete che quelle forme e quei miti non appartengono a un mondo estraneo: sono diventati parte integrante di questa terra. Così, nelle pietre, nei bronzi e nei frammenti di ceramica, l’anima greca non appare come un’ospite straniera: è diventata una voce familiare, radicata e vitale, che intrecciandosi con l’identità umbra ne ha arricchito la memoria, la spiritualità e l’immaginario collettivo.

Museo Claudio Faina, Orvieto - Vasi attici, mitologia e scambi mediterranei

A pochi passi dal Duomo di Orvieto si trova il Museo Claudio Faina, che custodisce una delle collezioni archeologiche più affascinanti d’Italia. Qui, dietro le teche, riposano vasi attici a figure nere e rosse del VI e V secolo a.C., veri capolavori della ceramografia greca che raccontano molto più di una storia artistica: parlano di commerci, di rotte mediterranee, di contatti culturali che trasformarono l’Umbria in un crocevia vivo di influenze e suggestioni.

Non si tratta di semplici manufatti, ma di oggetti che un tempo ebbero un ruolo preciso nella vita quotidiana e rituale: crateri per mescolare il vino, anfore per conservarlo e trasportarlo, kylikes e skyphoi per brindare durante i simposi. Ogni vaso è decorato con scene di banchetti, gare atletiche, episodi mitologici: immagini che ancora oggi, dopo secoli, conservano un ritmo narrativo e una forza espressiva straordinaria.

Tra le collezioni spicca la celebre raccolta Mario Lolli Ghetti, con ventidue vasi che offrono un vero e proprio compendio della ceramica attica. Alcuni pezzi sono attribuiti a grandi maestri come Exekias, e osservandoli da vicino ci si accorge di quanto quelle linee eleganti e quei dettagli raffinati non fossero soltanto decorazioni, ma strumenti di racconto: un “alfabeto visivo” che permetteva a comunità diverse di riconoscersi in miti comuni.

Visitare le sale del Faina significa immergersi in un dialogo a più voci: tra Grecia ed Etruria, tra Mediterraneo e Umbria, tra il culto del bello e l’uso quotidiano. In quelle figure che danzano sulle superfici lucide dei vasi non troverete solo storie di dei e di eroi, ma la prova che la cultura ellenica, approdata in queste terre, seppe mettere radici e intrecciarsi con l’identità locale. È questo intreccio, fatto di mito e materia, che ancora oggi rende il museo una tappa imprescindibile per chi vuole ascoltare l’eco greca che risuona tra le colline umbre.

Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, Perugia - Crocevia di memorie elleniche

Nel cuore antico di Perugia, all’interno del suggestivo complesso di San Domenico, sorge il Museo Archeologico Nazionale dell’Umbria, scrigno che raccoglie non soltanto i tesori etruschi e umbri, ma anche preziose tracce dell’incontro con il mondo greco. Tra i reperti oggi esposti - e tra quelli recentemente restituiti dopo lunghi percorsi di recupero - spiccano vasi, bronzetti e manufatti provenienti dall’Italia meridionale, testimonianze magnogreche che, approdate in Umbria attraverso scambi e commerci, hanno trovato nuova vita lontano dalle sponde del Mediterraneo.

Questi oggetti, che un tempo viaggiarono come merci di pregio lungo le rotte del Tirreno e dell’Adriatico, non furono mai semplici ornamenti: erano simboli di prestigio, ma anche strumenti di dialogo, piccole ambasciate culturali che mettevano in comunicazione mondi apparentemente distanti. Così, un cratere attico a figure nere, con le sue scene mitiche, o una coppa votiva di fattura magnogreca, diventavano parte integrante delle pratiche rituali e della vita quotidiana delle comunità umbre.

Il museo ha saputo dare nuova vita a queste testimonianze con iniziative di grande fascino, come la mostra Magnifica Graeca. che ha messo in luce la sottile ma persistente influenza ellenica sull’artigianato e sull’immaginario locale, accostando vasi a figure rosse e nere alle coeve produzioni etrusche e umbre. Ne nasceva un dialogo di forme e simboli che raccontava, più di mille parole, quanto profondo fosse il legame dell’Umbria con le civiltà del Mediterraneo, e come questo intreccio di culture abbia lasciato un segno duraturo nella sensibilità artistica della regione.

Museo Archeologico di Colfiorito - Un dialogo antico tra uccelli sacri e rotte mediterranee

Entrare nel Museo Archeologico di Colfiorito è come aprire un antico scrigno sepolto nel tempo. Qui, tra vetrine sobrie e pannelli che raccontano la storia dei Plestini, ogni oggetto diventa una voce che sussurra di commerci lontani, di culti, di vita quotidiana su questo altopiano che fu tutt’altro che isolato. 

Tra i reperti più affascinanti c’è una piccola coppa che cattura subito lo sguardo: sul fondo, la figura di una civetta, l’animale sacro di Atena, dea della saggezza. È come un segnale che arriva da molto lontano - dalla Grecia, da Atene stessa - per dirci che i popoli di queste montagne erano connessi a un Mediterraneo di rotte, di miti, di incontri.

Accanto a quella coppa, altre ceramiche importate, dipinte a figure nere e rosse, completano il racconto: recipienti che hanno viaggiato via mare e poi via terra, forse come oggetti di prestigio, forse come offerte sacre, fino a essere deposti nei corredi funerari locali. Sono testimoni silenziosi di una rete di scambi che portava qui non solo oggetti, ma idee, simboli, un certo modo di guardare il mondo.

Il percorso museale accompagna con delicatezza in questa scoperta: dagli utensili della vita quotidiana ai reperti dei santuari, fino ai corredi più ricchi che parlano di un’arte funeraria colma di rispetto e di speranza. Ogni sala è un piccolo viaggio - e quando vi fermerete davanti alla coppa con la civetta, potrete immaginare le mani che l’hanno scelta, usata, custodita. In quel piccolo oggetto di terracotta c’è qualcosa di straordinario: la prova che anche da questo altopiano apparentemente remoto lo sguardo andava lontano, verso il mare, verso un mondo che allora era già profondamente connesso.

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Francesco Mastrodicasa
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