Una 68enne non si lascia ingannare dal copione ormai collaudato della “telefonata del nipote” e, mentre finge di contare i soldi richiesti per presunte bollette arretrate, avvisa il 112. La Squadra Mobile della Questura di Terni interviene in pochi minuti e blocca due giovani, ritenuti responsabili del raggiro, arrestati in flagranza e poi sottoposti a misure restrittive. È la conferma che sangue freddo e chiamata tempestiva possono interrompere una truffa prima che diventi reato consumato.
Il contatto avviene nel primo pomeriggio di sabato 18 ottobre: una voce maschile al telefono fisso si spaccia per un parente stretto e chiede 3.000 euro “per coprire bollette arretrate”. Un copione che punta a far leva su urgenza e senso di colpa. La donna, però, non cede alla pressione: prende tempo, lascia l’apparecchio con la scusa di recuperare il denaro in un’altra stanza e, con il cellulare, compone il 112. Tornata in linea, continua a dialogare con il truffatore, fa credere di contare le banconote e scandisce ad alta voce la preparazione di mazzette per taglio, guadagnando minuti preziosi. È il passaggio decisivo: mentre la vittima resta “in scena”, gli investigatori possono muoversi verso l’abitazione e predisporre l’intervento.
Il copione dei truffatori prevede quasi sempre un corriere che passa a ritirare il denaro. Anche in questo caso, un uomo si presenta alla porta per la consegna: il fermo scatta subito dopo lo scambio, con gli agenti che intervengono a stretto giro. Il presunto complice, in attesa a bordo di un’auto nelle vicinanze, viene bloccato poco dopo. Entrambi, privi di documenti, vengono accompagnati in Questura: l’identificazione conferma la giovane età e l’origine nordafricana. Il sequestro delle somme e il rilievo degli elementi probatori chiudono il cerchio dell’intervento in flagranza.
Informata la Procura, il Pubblico Ministero dispone l’arresto in flagranza e la traduzione nelle camere di sicurezza in vista del rito direttissimo. Al termine dell’udienza, il Giudice applica l’obbligo di dimora presso le rispettive residenze. Parallelamente, il Questore Abenante firma il divieto di ritorno nel Comune di Terni per tre anni. Si ricorda che le persone fermate sono da considerarsi innocenti fino a sentenza definitiva e che le misure applicate hanno natura cautelare.
Per gli inquirenti, il caso segna un cambio di scenario: fino a oggi, le truffe agli anziani rilevate in provincia erano ricondotte soprattutto a gruppi che si muovono dal Sud Italia con modalità seriali. Questo episodio apre un ulteriore fronte su cui la Polizia di Stato sta concentrando l’attenzione, con monitoraggi mirati su chiamate “civetta”, corrieri di prossimità e possibili basi logistiche. La collaborazione dei cittadini si conferma determinante: segnalazioni immediate e descrizioni puntuali delle dinamiche consentono interventi rapidi e arresti in flagranza.
Il primo antidoto resta la diffidenza verso richieste di denaro improvvise, soprattutto se arrivano al telefono e invocano urgenze familiari o debiti non meglio specificati. In caso di dubbio: interrompere la chiamata, contattare direttamente il parente “citato” su numeri abituali e chiamare subito il 112. Mai consegnare denaro o gioielli a sconosciuti, nemmeno se si presentano come emissari di uffici pubblici o delle forze dell’ordine: nessun ente chiede contanti a domicilio. È utile concordare in famiglia “parole chiave” per smascherare chi si finge un congiunto e parlare con vicini di casa fidati, che possono fare da filtro o testimoni. In caso di visita sospetta, non aprire e segnalare tempestivamente.
La Questura di Terni rinnova l’invito a tenere alta l’attenzione, in particolare con genitori e nonni che vivono soli. La rapidità della chiamata di ieri ha permesso di rovesciare l’esito del raggiro e di identificare due presunti responsabili: un modello di condotta che può diventare abitudine. Informare gli anziani su come si muovono i truffatori, fare prove di chiamata e tenere a portata di mano i numeri utili sono piccole azioni che fanno la differenza.