Marito violento condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione, con il rito abbreviato. La condanna inflitta in primo grado dal tribunale penale di Terni, è stata confermata dalla Corte d’appello di Perugia, per maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale nei confronti della moglie dell'imputato.
Un'altra condanna per maltrattamenti. Un matrimonio fatto di soprusi domestici, violenze fisiche, umiliazioni pubbliche e abusi sessuali sotto la minaccia di morte.
Sono questi gli elementi che hanno portato il tribunale penale di Terni e, poi, la Corte d’appello di Perugia a condannare un uomo, ritenuto colpevole dei reati di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale nei confronti della moglie.
Secondo i giudici, come riportato nelle sentenze, le violenze sarebbero state reiterate negli anni, con episodi violenti avvenuti anche davanti alle figlie minori della coppia.
L’uomo, secondo le ricostruzioni, avrebbe insultato la moglie in più di un'occasione, con volgarità anche di fronte alle bambine, colpendola con pugni, schiaffi, calci e usando anche una cintura.
Secondo la Corte d'appello di Perugia, l'uomo avrebbe anche abusato sessualmente la moglie, contro la sua volontà, con esplicite minacce di morte.
Le prove, portate dall'accusa, sono state giudicate “più che attendibili” dai giudici. Sono state decisive, oltre alle parole della vittima, anche le deposizioni di amici, conoscenti e delle figlie della coppia oltre che degli agenti di polizia giudiziaria intervenuti a casa in più di un'occasione.
La Corte d’appello ha respinto la tesi della difesa dell’imputato che aveva tentato di scardinare l’accusa di violenza sessuale, sostenendo che per procedere d’ufficio a tale reato, in connessione con i maltrattamenti, fosse necessario un “collegamento reale” e non un mero “collegamento processuale”. La donna, ha spiegato la sentenza, era costretta a sottomettersi alle richieste del marito proprio per il timore di innescare le sue “violente reazioni”.
Il reato di maltrattamenti in famiglia nell'ordinamento italiano è regolato dall’articolo 572 del Codice Penale e la pena prevista per chi li commette va da un minimo di due a un massimo di 24 anni. Chiunque maltratti una persona della propria famiglia o comunque convivente, o ancora sottoposta alla propria autorità […] rischia da tre a sette anni di carcere".
"La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di persona minore, di donna in stato di gravidanza o di persona con disabilità o ancora, se il fatto è commesso con armi".
Se dai maltrattamenti derivano lesioni personali, la pena è inasprita fino ad arrivare a un massimo di ventiquattro anni nel caso gravissimo, in cui il maltrattamento fosse causa di morte della persona che lo subisce.