Il Tribunale Amministrativo Regionale dell’Umbria ha chiuso il contenzioso sulla maxi-gara per i servizi di salute mentale e dipendenze dell’Azienda USL Umbria 2, respingendo il ricorso della cooperativa Nuova Luce e confermando l’affidamento del lotto più corposo al raggruppamento guidato da ACTL.
Non si tratta di soldi per cantieri, ma di tenere in piedi, da Terni a Foligno, da Spoleto a Orvieto, quel fragile e quotidiano lavoro di cura che si svolge nelle comunità terapeutiche, nei centri diurni, nei gruppi appartamento. I giudici, con una decisione arrivata nei giorni scorsi in forma semplificata, hanno chiarito un principio fondamentale: in questi luoghi, la “cucina” non è un servizio mensa da appaltare, ma un tassello integrante del percorso riabilitativo.
Tutto era partito da un’impugnazione della cooperativa Nuova Luce, che aveva chiesto l’annullamento dell’aggiudicazione sostenendo che gli altri due concorrenti, il raggruppamento ACTL e il Consorzio Unico, avrebbero dovuto essere esclusi dalla gara.
La motivazione? La mancata iscrizione asseritamente obbligatoria alla “white list” antimafia, requisito che – secondo la ricorrente - era necessario perché nei servizi è compresa anche la preparazione dei pasti per gli utenti. Un dettaglio apparentemente tecnico, che però nascondeva una posta in gioco altissima: la possibile sospensione di una gara da 72 milioni di euro (oltre IVA) per la gestione triennale, rinnovabile per un altro triennio, di strutture residenziali e semiresidenziali in tutto il sud dell’Umbria. Un buco che l’azienda sanitaria non poteva permettersi, con il rischio concreto di creare disagi e incertezze in un’area della sanità dove la continuità della relazione terapeutica è tutto.
Il ricorso metteva in discussione anche la chiarezza organizzativa dell’offerta presentata dal raggruppamento guidato da ACTL, arrivato primo in graduatoria con 89,94 punti, davanti a Consorzio Unico (86,85) e alla stessa Nuova Luce (76,13). La cooperativa ricorrente sosteneva che non fosse chiaro “chi fa cosa” all’interno del consorzio di cooperative.
Ma la Prima sezione del TAR Umbria, composta dal presidente Pierfrancesco Ungari, dall’estensore Floriana Venera Di Mauro e dal primo referendario Daniela Carrarelli, ha ritenuto infondate tutte le censure, tracciando un solco netto nell’interpretazione della norma.
Il cuore della sentenza, quello che supera il tecnicismo giuridico e tocca il senso stesso del lavoro nelle comunità, sta nella ricostruzione offerta dai giudici amministrativi. Per il Collegio, la preparazione dei pasti in questo specifico contesto non è equiparabile a un servizio di ristorazione o catering. Ha, piuttosto, un valore educativo e riabilitativo intrinseco. “La ‘cucina’ delle strutture”, si legge nella motivazione, “non è un servizio mensa esternalizzato, ma rientra nel lavoro di cura quotidiana”. È l’azione attraverso cui un operatore aiuta un utente a gestire la spesa, a cucinare, a condividere il pasto in un gruppo appartamento. Un atto semplice che rientra nel progetto di recupero dell’autonomia.
Proprio per questo carattere “incorporato” nella cura, il TAR ha stabilito che la gara non rientra nella categoria degli appalti per “ristorazione, gestione di mense e catering”, per i quali la legge 190/2012 prevede l’obbligo della white list antimafia come scudo più rigido contro le infiltrazioni.
Il peso economico del servizio di ristorazione, del resto, è marginale: rappresenta appena il 5,23% del valore dell’intero lotto. Una percentuale che conferma come il cuore dell’appalto sia altro. I giudici, richiamando precedenti del Consiglio di Stato, hanno infatti invitato a non applicare in modo “automatico e sproporzionato” vincoli pensati per contesti diversi.
La sentenza aggiunge poi che, anche volendo considerare l’obbligo, il raggruppamento ACTL sarebbe comunque in regola. Una delle cooperative (Il Cerchio) era già iscritta in white list, mentre altre sei (tra cui ACTL, La Speranza, Il Quadrifoglio) avevano presentato domanda in tempo e risultavano iscritte prima dell’affidamento. Le restanti tre non svolgono, nel lotto, alcuna attività legata alla preparazione dei pasti. Sul fronte dell’organizzazione, il TAR ha giudicato pienamente sufficienti le indicazioni fornite in gara, che per ogni cooperativa specificano quota, tipologie di servizio, strutture e percentuali di utenza presa in carico.
Con questa decisione, emessa a poco più di un mese dal ricorso, si chiude una possibile fase di stallo. Nuova Luce è stata condannata a pagare 4.000 euro complessivi per le spese legali. Soprattutto, l’Azienda USL Umbria 2 può ora proseguire senza intoppi il percorso avviato, garantendo continuità a un pezzo essenziale del welfare umbro. Dietro i numeri di un appalto da 357 milioni complessivi, ci sono infatti gesti concreti, giornate che ricominciano, una rete che tiene. E che, stando ai giudici, si rafforza anche attorno ai fornelli di una cucina che non serve solo cibo, ma futuro.