Un pomeriggio apparentemente tranquillo si è trasformato in un’operazione di sicurezza ad alta tensione sopra il carcere di Spoleto, dove un drone carico di sostanze stupefacenti ha tentato di superare i controlli per recapitare droga all’interno della struttura. Un’azione studiata nei dettagli, probabilmente frutto di una pianificazione accurata, che si è però scontrata con la prontezza e l’efficacia dell’intervento della polizia penitenziaria.
Il velivolo, intercettato mentre sorvolava l’area del penitenziario, trasportava circa tre etti di hashish, una quantità significativa che avrebbe potuto alimentare un circuito di spaccio interno con conseguenze rilevanti sul piano della sicurezza. Gli agenti in servizio, una volta individuata la presenza sospetta nel cielo sopra il carcere, hanno immediatamente attivato le procedure previste per questo tipo di minaccia, monitorando il movimento del drone e predisponendo l’intervento tecnologico per neutralizzarlo.
Parallelamente all’intercettazione del drone, l’attenzione degli agenti si è concentrata anche sull’area esterna al carcere di Spoleto. In un campo adiacente alla struttura è stato fermato un uomo residente in Campania, trovato in una posizione ritenuta sospetta proprio nel momento in cui il velivolo veniva bloccato.
L’uomo, pur risultando incensurato, non è stato in grado di fornire spiegazioni credibili circa la sua presenza nei pressi del carcere. Un elemento che ha rafforzato i sospetti degli investigatori, inducendo a ritenere che potesse avere un ruolo diretto nell’operazione di consegna della sostanza stupefacente. Dopo il fermo, è stato accompagnato all’interno della struttura per gli accertamenti di rito.
Un dettaglio particolarmente rilevante riguarda il mancato ritrovamento del drone. Nonostante l’interruzione del segnale, del velivolo non sono state trovate tracce, circostanza che lascia ipotizzare la presenza di almeno un secondo soggetto coinvolto. Secondo questa ricostruzione, un complice potrebbe essere riuscito ad allontanarsi rapidamente, recuperando il drone e facendo perdere le proprie tracce.
Nel corso delle verifiche, l’uomo fermato avrebbe ammesso il proprio coinvolgimento, contribuendo a delineare un primo quadro dell’operazione. Restano tuttavia aperti diversi fronti investigativi, soprattutto per individuare eventuali complici e comprendere se l’episodio sia riconducibile a una rete organizzata già attiva sul territorio o a un’azione isolata. Successivamente è stato arrestato e trasportato al Carcere di Capanne in attesa di comparire davanti al giudice.
Determinante per il buon esito dell’operazione è stato l’utilizzo del jammer, un dispositivo tecnologico sempre più centrale nella strategia di sicurezza degli istituti penitenziari. Il jammer è progettato per disturbare o interrompere le comunicazioni radio, bloccando il segnale tra un dispositivo e il suo sistema di controllo. Nel caso dei droni, significa impedire il collegamento tra il velivolo e il pilota che lo guida a distanza.
Il funzionamento è relativamente semplice ma estremamente efficace: il jammer emette onde radio sulla stessa frequenza utilizzata dal drone, sovrastando il segnale originale e rendendo impossibile il controllo del mezzo. Una volta perso il collegamento, il drone può arrestarsi, perdere stabilità o essere costretto a interrompere la missione, come avvenuto sopra il carcere di Spoleto.
In ambito carcerario, questi dispositivi vengono impiegati non solo contro i droni, ma anche per contrastare l’uso illecito di telefoni cellulari, che rappresentano uno dei principali strumenti attraverso cui i detenuti possono mantenere contatti non autorizzati con l’esterno. Comunicazioni che spesso alimentano traffici illegali, estorsioni e attività criminali.
L’uso dei jammer è però rigidamente regolamentato, proprio per evitare interferenze con reti di emergenza o servizi essenziali. Per questo motivo, il personale della polizia penitenziaria segue una formazione specifica e opera secondo protocolli precisi. Il caso di Spoleto dimostra come la tecnologia, se utilizzata correttamente, possa diventare un alleato decisivo nella lotta alla criminalità e nella tutela della sicurezza all’interno e all’esterno delle carceri.