Un passo indietro sui licenziamenti, un passo avanti nella trattativa. La Sitem, storico stabilimento di Trevi nel settore dei lamierini magnetici, ha ritirato ufficialmente i 36 licenziamenti collettivi annunciati un mese fa, chiudendo una procedura che aveva portato alla proclamazione di uno sciopero e aperto una vertenza calda nel cuore dell'Umbria. La soluzione, siglata venerdì a Perugia, passa attraverso gli ammortizzatori sociali. Una tregua faticosa, che scongiura il peggio ma non cancella le preoccupazioni per un’azienda e un settore metalmeccanico in affanno.
L’appuntamento era nell’austera cornice di Confindustria a Perugia, venerdì 21 novembre. Intorno al tavolo, i vertici della Sitem di Cannaiola e i rappresentanti di Fiom Cgil, Fim Cisl e Uil Uilm. L’esito, non scontato, ha ribaltato le premesse. L’azienda ha comunicato il ritiro formale di tutti i provvedimenti di licenziamento e la chiusura della procedura di licenziamento collettivo che avrebbe coinvolto 36 lavoratori, quasi un terzo della forza lavoro del sito, risultati in esubero.

Al posto dei licenziamenti, dai primi di dicembre scatterà l’utilizzo degli ammortizzatori sociali, la cassa integrazione che le organizzazioni sindacali avevano invocato fin dall’inizio come un argine per proteggere il posto di lavoro, pur nel disagio di una retribuzione ridotta. Non è una vittoria incondizionata, ma un compromesso che evita la rottura secca. Quella della Sitem non è una crisi isolata. È il riflesso di un malessere più ampio che attanaglia la metalmeccanica italiana, stretta tra dazi americani e una concorrenza globale spietata. Lo scontro, in questo caso, è stato evitato. Ma la partita è ancora aperta.
La reazione delle organizzazioni sindacali è un misto di sollievo immediato e allarme strategico. Fiom, Fim e Uilm, in una nota congiunta, accolgono positivamente la decisione ma alzano subito il livello dello sguardo. “L’uso degli ammortizzatori - commentano - ci permette di evitare oggi dei licenziamenti, ma permane una crisi importante nel settore metalmeccanico, duramente provato dai dazi americani e dalla forte concorrenza di Paesi estremamente aggressivi sul mercato come la Cina”. Le sigle non usano giri di parole: la cassa integrazione è un tampone, non una cura. “Serve tenere accesi i riflettori più che mai su un settore che necessita di politiche industriali vere - incalzano i sindacati - questo ci aspettiamo dalla politica a tutti i livelli”. Una richiesta chiara, che suona come un monte a non abbassare la guardia dopo l’emergenza scampata.
Sul versante istituzionale, il tono è più composto, volto a sottolineare il metodo più che il contenuto. L’assessore regionale allo Sviluppo economico, Francesco De Rebotti, esprime “piena soddisfazione” per l’esito. Le sue parole, ponderate, celebrano la via del dialogo. “Si tratta di una scelta di responsabilità - sottolinea De Rebotti - che consente di salvaguardare i livelli occupazionali e di creare le condizioni per una gestione equa ed equilibrata della situazione aziendale, nel rispetto della dignità delle lavoratrici e dei lavoratori”.
L’assessore non si limita a un commento formale. Formula un plauso esplicito ai sindacati “per la tenacia con cui hanno seguito la vertenza e per il decisivo contributo nel favorire un percorso condiviso”. Un riconoscimento che legittima la conflittualità mostrata, incluso lo sciopero del 29 ottobre, trasformandola in un ingrediente necessario per la soluzione. “In fase di transizione - conclude l’assessore - è fondamentale portare avanti un modello di relazioni industriali fondato sul dialogo. Solo attraverso la collaborazione tra tutti i soggetti coinvolti sarà possibile tutelare l’occupazione e salvaguardare il tessuto produttivo della nostra regione”.
Il caso Sitem si chiude, per ora, con un capitolo di trattativa riuscita. Ma la posta in gioco, come ricordano i sindacati, va ben oltre i confini di Trevi. La sopravvivenza di un distretto, di un know-how e di decine di famiglie è appesa a un filo che la politica nazionale ed europea deve ora aiutare a rendere più robusto. La cassa integrazione ha guadagnato tempo. Ma il tempo, da solo, non basta.