Il settore automotive è in piena turbolenza, travolto da una trasformazione epocale che sta mettendo a dura prova migliaia di lavoratori. La provincia di Perugia, con l’Alta Umbria e Umbertide come epicentro, vive uno scenario preoccupante. La cassa integrazione cresce senza tregua, e gli interinali sono già stati messi alla porta in numeri allarmanti.
Per rispondere a questa emergenza, venerdì 22 novembre dalle 9:30 alle 11:30, la cgil e la fiom scenderanno in piazza Matteotti a Umbertide. L’obiettivo del presidio è sensibilizzare cittadini e istituzioni sulla precarietà del comparto. Come dichiarano Simone Pampanelli, segretario generale della cgil di Perugia, e Riccardo Coccolini, responsabile automotive per la fiom cgil provinciale: "Il settore è attraversato da una rivoluzione importante, che riguarda la transizione dal motore tradizionale endotermico a forme di propulsione elettriche o comunque meno impattanti ed in questo quadro mentre altri Paesi si sono fatti trovare pronti alla sfida, l'Europa e soprattutto l'Italia pagano il prezzo di anni di mancate politiche industriali, di mancati investimenti in ricerca e sviluppo e strategie industriali poco chiare inadatte ad affrontare il contesto".
L'Umbria è tra le zone che stanno pagando il prezzo più alto. La produzione di automobili in Italia è crollata: si è passati da 1,5 milioni di unità l’anno a circa 350.000 previste nel 2024. "Nella zona di Umbertide il comparto della componentistica, un tempo trainante, oggi vive una crisi senza precedenti – continuano Pampanelli e Coccolini – soprattutto in Alta Umbria, nella zona di Umbertide, il comparto della componentistica è maggioritario ed oggi registriamo numeri preoccupanti sia sulla cassa integrazione (letteralmente esplosa negli ultima mesi), sia sul numero di interinali ad oggi già espulsi dal ciclo produttivo".
La giunta regionale è nel mirino di cgil e fiom, accusata di non aver messo in atto azioni concrete per arginare il problema. "Invece di favorire il processo di salvaguardia e riconversione delle aziende – scrivono Pampanelli e Coccolini – si è limitata a condividere uno sterile documento, senza impegni specifici, che ha più il sapore di una trovata elettorale che di una seria presa in carico del problema".
I sindacati chiedono misure tangibili: "percorsi fattivi" come la creazione di "agenzie per la riconversione industriale", collaborazioni con l’università per la ricerca tecnologica, e un piano nazionale che sostenga il settore con fondi adeguati.
La mobilitazione non si ferma qui. La fiom e la cgil annunciano ulteriori iniziative, a partire dal presidio del 22 novembre, per mantenere alta l’attenzione sul futuro del settore e difendere i lavoratori colpiti dalla crisi. "Come Fiom e come Cgil – concludono Pampanelli e Coccolini – intendiamo portare avanti la nostra battaglia affinché l’auto abbia un futuro in Italia e anche nella nostra provincia".
Settembre 2024 certifica il tracollo della produzione automobilistica italiana: -30% rispetto all’anno precedente, con un crollo del 50,5% per le autovetture. Nei primi nove mesi del 2024 si registrano appena 256 mila auto prodotte, un tonfo del 38,3%. Il totale degli autoveicoli non va oltre le 474 mila unità (-27,6%). Numeri che mettono in luce una crisi strutturale aggravata dalla mancanza di strategie incisive.
Anfia lancia l’allarme: il taglio di 4,6 miliardi dai fondi automotive previsto in Finanziaria è una mossa che penalizza un settore già in ginocchio. "Risorse destinate a colmare il divario competitivo con altri Paesi sono state dirottate altrove," denuncia il direttore Gianmarco Giorda, sottolineando come questa scelta sia incomprensibile in un momento critico. La flessione a doppia cifra della produzione si ripete per il settimo mese consecutivo, con settembre che registra un -42,6% per la fabbricazione di autoveicoli e un -16,9% per parti e accessori.
L’export italiano di veicoli tra gennaio e luglio 2024 vale 1,7 miliardi di euro, contro un import che sfiora i 3 miliardi. Stati Uniti, Germania e Francia restano i principali mercati, ma il saldo della bilancia commerciale è preoccupante, segno di un settore che rischia il declino senza un intervento deciso.