Specialisti sempre meno disponibili, liste d’attesa fuori controllo, turni insostenibili e qualità delle cure a rischio. È un quadro allarmante quello emerso nell’ultima seduta della Terza Commissione dell’Assemblea legislativa dell’Umbria (Presidente Luca Simonetti, M5S), dove i sindacati della medicina ambulatoriale e ospedaliera hanno lanciato un appello diretto alle istituzioni regionali: servono interventi urgenti e strutturali per evitare il tracollo del sistema sanitario.
Durante l’audizione, il Sumai - Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana ha espresso sì disponibilità a collaborare per ridurre i tempi d’attesa, ma con un avvertimento netto: “Solo nel rispetto della normativa vigente e dell’Accordo collettivo nazionale”.
La richiesta è quella di rivedere la delibera regionale 966/2024, che introduce le Prestazioni di particolare impegno (PPI), attualmente retribuite al 40% del tariffario orario. Una soglia considerata inadeguata.
“Siamo pronti a discutere una modifica della Dgr e ad ampliare l’elenco delle Ppi per abbattere le liste d’attesa in ambiti specifici - hanno sottolineato i rappresentanti sindacali - ma serve un fondo dedicato e servono garanzie sulla qualità delle prestazioni”.
La preoccupazione centrale è che la riduzione del tempo medio delle visite, per aumentare la produttività, possa trasformarsi in un boomerang. “Ridurre i minuti a disposizione per ogni paziente significa erodere la qualità della cura. È inaccettabile che si voglia stabilire a priori quanto debba durare una visita, senza tenere conto della complessità dei casi”, è stato detto. Un’impostazione che contrasterebbe anche con una giurisprudenza ormai consolidata.
Il secondo fronte aperto in Commissione riguarda il nuovo Piano sanitario regionale e la Convenzione con l’Università di Perugia. I rappresentanti dell’Intersindacale medica hanno chiesto un approccio pragmatico, lontano dai proclami, fondato su pochi obiettivi “realistici e misurabili”, in grado di incidere concretamente sulla crisi in corso.
“Il nuovo Piano deve affrontare la riorganizzazione dei servizi, potenziare la prevenzione e ridisegnare gli ambiti territoriali, anche alla luce dell’invecchiamento della popolazione”, è stato ribadito. Tra le priorità, anche il ripensamento dell’aziendalizzazione della sanità umbra e un rinnovato investimento sull’assistenza territoriale.
Uno dei nodi più critici è la fuga dei medici dagli ospedali pubblici. “Le strutture perdono attrattività per condizioni economiche inadeguate, carichi di lavoro eccessivi e turni insostenibili. Non si può pensare di mantenere attivi punti nascita o riaprire ospedali se non ci sono le professionalità necessarie a garantire la sicurezza prevista dalla legge”, hanno ammonito i sindacati.
Il rapporto con l’ateneo perugino è stato descritto come sempre più zavorrante, anziché sinergico. “La convenzione con l’Università deve essere rivista: mancano intere scuole di specializzazione e il sistema sanitario regionale non può restare ostaggio delle sue carenze”.
Anche le condizioni di lavoro del personale sono finite sotto accusa: carenze di organico, turni raddoppiati, orari estenuanti. Una situazione che compromette, in ultima analisi, la qualità dell’assistenza sanitaria.
Sulle liste d’attesa, infine, i sindacati hanno bocciato con decisione la logica dell’overbooking: “Creare conflitti tra operatori e aumentare il numero di prenotazioni senza criterio non serve a nulla. Serve piuttosto razionalizzare la domanda, verificare le reali esigenze dei cittadini e puntare sull’assistenza diffusa e di prossimità”.
Il messaggio lanciato in Terza Commissione è chiaro: senza un cambio di rotta, la tenuta del sistema sanitario regionale è a rischio. Le sigle sindacali si dicono pronte a collaborare, ma pretendono un confronto costante, risorse dedicate e scelte politiche responsabili.
Un banco di prova decisivo non solo per l’attuale Giunta regionale, ma per l’intero futuro della sanità pubblica umbra.