L'infinita polemica sul presunto buco economico del servizio sanitario umbro, che da settimane ha diviso la giunta e il centrodestra con reciproci scambi di accuse, si arricchisce di un nuovo capitolo. Dopo il caso dell'assessment chiesto a KPMG e attenzionato dalla Corte dei conti, dopo la manovra fiscale da 52 milioni giustificata con la necessità di coprire il disavanzo dei conti della sanità, ora si apre la battaglia sul payback dei dispositivi medici, che - secondo quanto trapelato dalla Conferenza delle Regioni - dovrebbe portare in dote all'Umbria 44 milioni.
Una somma da confermare, perché si aspetta un accordo tra lo Stato e le Regioni (cioè tra i leghisti Giorgetti e Fedriga, dopo che il governo avrebbe trovato la quadra con le associazioni di categoria sulla cifra complessiva di 350 milioni con una franchigia che metterebbe al riparo il 93% delle imprese). Ma ieri il dibattito politico è andato in corto circuito. Perché la Regione, tramite la sua agenzia Umbria Notizie, ha diffuso una nota dell'Avvocatura di Palazzo Donini, che ha avuto l'effetto di trasformare un dibattito tutto politico e sui numeri (rispetto ai quali ognuno si può formare la propria opinione), in una questione super-tecnica di difficile comprensione per i cittadini. Con tanto di minacce di querele da parte della Regione e levate di scudi del centrodestra.
Un cerotto su un'emorragia. Con queste parole, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha definito il meccanismo del payback sui dispositivi medici, destinato - almeno sulla carta, stando alla nota della Regione - a portare nelle casse dell’Umbria 44 milioni di euro. Una cifra che, secondo l'opposizione, avrebbe potuto alleggerire la manovra fiscale regionale. Ma mentre lo Stato e le Regioni tentano di trovare un’intesa, il dibattito politico regionale è esploso. Al centro, una nota dell’Avvocatura regionale che ha innescato un corto circuito istituzionale e comunicativo.
“La Regione Umbria - si legge nella nota ufficiale degli avvocati della Regione - ribadisce che il payback non costituisce un credito certo, liquido ed esigibile. Si tratta di un meccanismo correttivo introdotto per contenere lo sforamento dei tetti di spesa sanitaria, a carico delle aziende fornitrici di dispositivi medici, come stabilito dalla Corte Costituzionale e recentemente confermato dal Tar Lazio”.
Ma l’Avvocatura è netta: “Alla luce degli atti, non siamo in presenza di somme già esigibili. Pertanto, queste risorse non possono essere contabilizzate sul disavanzo 2024 e non avrebbero potuto incidere sulla manovra finanziaria già adottata. Il disavanzo sanitario umbro - prosegue la nota - è strutturale da cinque anni e non può essere compensato da crediti incerti maturati ora”.
Il "payback" sui dispositivi medici è un meccanismo che prevede che le aziende che forniscono questi prodotti al Servizio Sanitario Nazionale debbano contribuire a ripagare una parte (solitamente la metà) della spesa eccedente i limiti stabiliti per l'acquisto di questi dispositivi. In pratica, se una regione spende più di quanto previsto per i dispositivi medici, le aziende devono rimborsare una quota di tale spesa.
Parole che hanno scatenato la reazione del centrodestra umbro. I consiglieri regionali Paola Agabiti, Nilo Arcudi, Enrico Melasecche, Matteo Giambartolomei, Eleonora Pace, Laura Pernazza, Andrea Romizi e Donatella Tesei hanno firmato una dura replica: “È inaccettabile che in un Paese civile e democratico si arrivi a minacciare procedimenti legali contro chiunque osi raccontare la verità. La nota della Regione - affermano - contiene contenuti di natura chiaramente politica e sembra mirata a intimidire l’informazione libera”.
“La Giunta regionale - proseguono - tenta di minimizzare l’impatto del payback, ma la verità è che quelle risorse avrebbero potuto evitare la stangata fiscale che la sinistra ha inflitto ai cittadini umbri. I ricorsi sono già stati respinti e i crediti derivanti dal payback, seppur non immediatamente esigibili, sono reali”.
La polemica si carica di ulteriori tensioni in concomitanza con le elezioni amministrative in città strategiche come Assisi e Amelia. “È evidente - accusano i consiglieri di centrodestra - che la diffusione della nota in questo momento sia parte di una strategia elettorale maldestra, per nascondere il fallimento politico della maggioranza”.
A gettare benzina sul fuoco, la chiusura della nota regionale: “La Regione - avverte l'avvocatura - si riserva di adire le vie legali, anche con richieste di risarcimento danni, per contrastare informazioni fuorvianti e non corrette pubblicate sulla situazione della sanità”.
Una dichiarazione che ha messo in allarme il mondo dell’informazione. L’Ordine dei giornalisti dell’Umbria ha espresso “rammarico per la minaccia di azioni legali da parte dell’istituzione regionale”, ricordando che “la categoria svolge le proprie funzioni nel rispetto del diritto-dovere di informare e del pluralismo dell’informazione”.
Il sindacato dei giornalisti, l'Assostampa Umbra, si è associato alla presa di posizione: “Ogni tentativo di intimidazione, anche solo ipotizzato, costituisce un pericoloso precedente per la libertà di stampa. È inaccettabile che in una democrazia si possa ventilare la possibilità di querelare chi si limita a riportare fatti e dichiarazioni”.
Intanto, sul fronte tecnico, è attesa per lunedì prossimo la Conferenza delle Regioni, che dovrebbe finalizzare un accordo con il Governo e le aziende produttrici per rendere esigibili - attraverso apposita norma - i crediti da payback entro il 2025. Ma anche questa soluzione, ha precisato l’Avvocatura, “non inciderà sul disavanzo 2024 già chiuso, bensì potrà eventualmente liberare risorse per l’anno in corso”.
Una partita tutta da giocare, dunque. Ma che nel frattempo ha già prodotto i suoi effetti più visibili nel campo della comunicazione politica e del confronto istituzionale, sempre più acceso e, secondo molti osservatori, ormai difficile da decifrare per i cittadini.