Nel pieno del dibattito acceso a Gualdo Tadino sull’obbligo di utilizzare esclusivamente i sacchetti trasparenti forniti da ESA per la raccolta dei rifiuti indifferenziati, arriva ora una doccia fredda per l’Amministrazione comunale: il Garante per la Protezione dei Dati Personali ha già da tempo stabilito che tale obbligo è in contrasto con il diritto alla riservatezza.
Una normativa comunale che si fonda su prescrizioni contrarie alla legge nazionale, imposte con forza dall’assessore all’Ambiente Paola Gramaccia, difesa pubblicamente dal sindaco Massimiliano Presciutti anche sui social. Ma stavolta non si tratta solo di polemiche politiche o battaglie consiliari: entra in gioco un principio fondamentale tutelato dalla Costituzione e da precise disposizioni legislative.
A sollevare il problema è stato Paolo Carucci, lettore e cittadino attento, che ha evidenziato come i sacchetti trasparenti espongano dati e comportamenti personali alla vista di chiunque.
“Si possono vedere facilmente consumi, abitudini, medicinali. E da lì si deducono problemi di salute, difficoltà economiche, perfino opinioni personali. È una violazione chiara della privacy”, ha scritto in una lettera inviata alla redazione di Gualdo News.
Ed effettivamente, la normativa in materia di protezione dei dati personali parla chiaro. Il provvedimento generale del Garante del 14 luglio 2005, redatto dal relatore Giuseppe Fortunato, vieta categoricamente l’imposizione generalizzata di sacchi trasparenti o l’apposizione obbligatoria di etichette con dati personali. Una pratica che non rispetta il principio di proporzionalità e che può trasformarsi in un mezzo di controllo indebito sulla vita privata dei cittadini.
La raccolta differenziata è certamente un obbligo previsto dalla legge e risponde a finalità ambientali e civiche di grande rilevanza. Ma secondo il Garante, non può e non deve trasformarsi in un’operazione di controllo visivo e permanente sulla sfera privata delle persone.
Nel provvedimento del 2005 si legge che: “Non si ritiene proporzionato l’obbligo imposto da alcuni enti locali ad utilizzare sacchetti trasparenti per la raccolta ‘porta a porta’, perché chiunque si trovi a transitare sul pianerottolo o nell’area antistante l’abitazione può visionare agevolmente il contenuto.”
E ancora, a proposito delle etichette nominative sui rifiuti: “Sproporzionata anche la misura che obbliga ad applicare al sacchetto targhette adesive in cui sia riportato a vista nominativo ed indirizzo della persona cui si riferiscono i rifiuti, in particolare se lasciati in strada.”
La motivazione è evidente: nei rifiuti si possono trovare fatture, bollette, corrispondenza, confezioni di farmaci, prescrizioni mediche, volantini politici, riviste religiose o sindacali, e così via. Informazioni che rientrano pienamente nella sfera protetta della privacy e che non possono essere esposte al pubblico giudizio o, peggio, al controllo arbitrario.
Altro punto essenziale sottolineato dal Garante è l’illegittimità del controllo preventivo e generalizzato.
“I controlli sui rifiuti sono ammessi solo in presenza di seri indizi di violazione delle norme, e solo quando non sia possibile identificare in altro modo il responsabile”, specifica il provvedimento.
Imporre l’uso sistematico dei sacchi trasparenti a tutti i cittadini, come è stato fatto a Gualdo Tadino, non rispetta questo criterio e si configura quindi come un trattamento sproporzionato e lesivo della dignità individuale.
La questione, già esplosa da settimane sul piano politico, ora prende una piega ben più seria. Il gruppo consiliare di opposizione “Rifare Gualdo” aveva infatti presentato un’interrogazione chiedendo spiegazioni sulle imposizioni in materia di raccolta dei rifiuti.
Il sindaco Presciutti, attraverso i suoi canali social, aveva respinto le accuse, difendendo la linea dell’assessora Gramaccia e sottolineando l’efficacia del sistema ESA, gestore del servizio.
Ma ora la questione non è più solo una disputa amministrativa. Il principio in gioco è la legittimità delle misure adottate. E il Garante ha già fornito una risposta inequivocabile, nero su bianco.
L’imposizione di regole contrarie al diritto alla riservatezza potrebbe esporre il Comune di Gualdo Tadino a una pioggia di ricorsi e segnalazioni. I cittadini che si sentano lesi possono rivolgersi direttamente al Garante, chiedere la rimozione dell’obbligo e, nei casi più gravi, intraprendere azioni legali per trattamento illecito di dati personali.
C’è anche un danno di immagine non trascurabile per l’Amministrazione. In un’epoca in cui la protezione dei dati è un diritto sempre più centrale, essere indicati come violatori della privacy non è certo un bel biglietto da visita per un ente pubblico.
Ora che il quadro normativo è chiaro, tocca alla Giunta Presciutti prendere atto della situazione e correggere il tiro.
“Non si tratta di sabotare la raccolta differenziata”, spiegano alcuni cittadini, “ma di farla nel rispetto della legge e della dignità delle persone”.
Le soluzioni non mancano: si possono usare sacchetti semitrasparenti, contenitori oscurati, controlli selettivi nei casi sospetti, oppure incentivare forme di comunicazione diretta tra cittadini e operatori senza forzature visive.
La raccolta differenziata funziona se è condivisa, non imposta con metodi lesivi. In questo senso, il dialogo tra amministrazione, cittadini e aziende come ESA è fondamentale.
Nel nome della “trasparenza”, a Gualdo Tadino si è forse andati oltre il lecito. La raccolta dei rifiuti, per quanto importante, non può trasformarsi in un mezzo di controllo sociale né in uno strumento per invadere la vita privata dei cittadini.
Il messaggio del Garante è chiaro, inequivocabile e valido per tutti: la privacy non si getta nel sacco. Anche quello dei rifiuti.