Nel momento in cui RWE Renewables Italia s.r.l. aveva scelto la via giudiziaria accusando la Regione Umbria di non aver risposto alla richiesta di autorizzazione unica per un impianto eolico tra Castel Giorgio e Orvieto, lo scenario sembrava destinato a un confronto lungo e complesso. Poi è arrivato il provvedimento regionale: un diniego espresso, tardivo ma sufficiente a cambiare la partita. Quel nuovo atto ha infatti portato il TAR Umbria a dichiarare il ricorso improcedibile, perché l’inerzia amministrativa non esisteva più. Alla fine, tutto si è chiuso con la compensazione delle spese e una sentenza che mette ordine nel rapporto fra tempi, doveri e responsabilità nei procedimenti autorizzativi legati alle energie rinnovabili.
Il caso riguardava l’impianto eolico “Phobos”, sette aerogeneratori per una potenza totale di 42 MW. Un progetto rilevante, parte della corsa alla transizione energetica, che però ha incontrato una risposta amministrativa arrivata quando ormai la macchina giudiziaria si era messa in moto.
RWE aveva notificato il ricorso il 17 ottobre 2025, lamentando la violazione dell’articolo 12 del d.lgs. 387/2003 e denunciando la mancata conclusione del procedimento. La Regione, costituitasi il 13 novembre, ha però comunicato che già il 4 novembre 2025 aveva firmato la determinazione dirigenziale n. 11536, che chiudeva la conferenza dei servizi con esito negativo.
Quell’atto, arrivato a ridosso della notifica del ricorso, ha modificato la natura stessa del giudizio. Non esisteva più un silenzio-inadempimento da dichiarare illegittimo, dato che l’amministrazione aveva risposto - seppur con un diniego e con un tempismo in grado di generare più di un malumore fra i soggetti coinvolti.
Di fronte a questo cambio di scenario, i legali di RWE e la difesa regionale hanno concordato nel chiedere al TAR di dichiarare l’improcedibilità del ricorso. Hanno aderito anche i controinteressati VRM Italia S.p.A. e Hotel Management Group S.r.l., pur chiedendo la liquidazione delle spese.
All’udienza del 18 novembre 2025 il Tribunale ha deciso con rito accelerato, rilevando che, non appena sopraggiunge un provvedimento espresso, anche un diniego, viene meno il presupposto essenziale del ricorso per silenzio amministrativo. Di conseguenza non c’era più interesse giuridicamente apprezzabile per proseguire la causa.
In sentenza, il TAR ha aggiunto che la rapidità con cui si sono succeduti notifica del ricorso e diniego regionale non ha consentito ai controinteressati di presentare memorie. Anche questo elemento ha spinto verso una soluzione neutra: la compensazione integrale delle spese fra tutte le parti.
La sentenza offre una fotografia chiara di come i procedimenti autorizzativi nel settore delle fonti energetiche rinnovabili restino fortemente dipendenti dalla tempestività delle amministrazioni. Il ricorso per silenzio serve a garantire certezza e tempi ragionevoli, ma perde significato nel momento in cui l’ente pubblico – anche in ritardo – adotta una decisione formale.
Nell’impianto motivazionale il TAR ribadisce un principio consolidato: quando l’amministrazione si pronuncia, anche negativamente, l’azione contro l’inerzia si spegne. È un meccanismo che tutela l’effettività del procedimento, purché le risposte arrivino in tempi compatibili con gli investimenti in energia pulita, un settore che vive di programmazione industriale e prevedibilità.
Il Tribunale non entra nel merito del diniego regionale, perché non era questo l’oggetto del giudizio. Si concentra invece sulla dinamica procedurale e rimette al centro la certezza del diritto e la necessità che la macchina amministrativa risponda con tempestività in un comparto strategico come quello delle rinnovabili.
La chiusura del contenzioso, con distribuzione equa delle spese, rappresenta quindi un esito coerente con la fisiologia dei ricorsi ex articolo 31 del codice del processo amministrativo. Quando l’inerzia evapora, evapora anche l’interesse a litigare.
La vicenda offre un messaggio chiaro agli operatori e alle istituzioni: la transizione energetica vive di regole certe, tempi stabiliti e decisioni chiare. Ritardi e silenzi hanno un costo, e non soltanto giudiziario.