Una tragedia che segue un'altra tragedia. Ieri dopo l'apertura a Perugia del processo d'appello bis per la strage di Rigopiano, è morto improvvisamente il fratello di una delle 29 vittime. Si chiamava Gianni Colangeli, 51 anni, ed era il fratello di Marinella la responsabile della spa dell'hotel investito da una valanga il 18 gennaio 2017 a Farindola, in provincia di Pescara.
Ieri mattina Gianni era presente in aula insieme alla moglie e agli altri familiari delle vittime che hanno indossato una pettorina con i volti dei loro cari. L'uomo dopo aver salutato gli altri presenti stava facendo ritorno in Abruzzo, a Farindola, dove risiedeva. Ha avuto un malore fatale mentre era alla guida. Il fatto si è verificato intorno alle 15:30 all'altezza di Collestrada.
Accanto a lui c'era la moglie Valentina che ha avuto la prontezza di fermare il mezzo evitando che provocasse incidenti. La donna ha immediatamente allertato i soccorsi. Sul luogo si sono portati la Polstrada e i sanitari del 118 che hanno trasportato d'urgenza l'uomo in ospedale. Inutili purtroppo i tentativi di rianimazione. Gianni Colangeli si è spento presso il nosocomio perugino, lasciando oltre alla moglie, anche i due figli. La notizia ha scosso profondamente i familiari delle vittime di Rigopiano e la comunità di Farindola dove Gianni era molto stimato.
Il processo che ha preso il via ieri è stato a lungo invocato familiari delle vittime. Imputati per la prima volta in quasi dieci anni, i dirigenti della Regione Abruzzo accusati di disastro colposo. Nei loro confronti la Cassazione contesta la mancata applicazione della carta per la localizzazione delle valanghe, un documento che se applicato, sostengono, avrebbe imposto la chiusura dell'albergo durante la stagione invernale e che pertanto avrebbe potuto evitare la strage. Ieri, la Corte d'appello perugina dopo aver ascoltato la relazione che ricostruiva i fatti e l'iter giudiziairio, ha rinviato al 17 novembre il processo.
Presente ieri in aula a Perugia anche Gianluca Tanda, coordinatore del Comitato delle vittime di Rigopiano, che in quella valanga perse il fratello Marco. Tanda a nome di tutti i familiari ha chiesto che venga fatta finalmente luce sulle reali responsabilità della strage.
L'apertura dell'appello bis ha visto anche l'avvio delle richieste per i risarcimenti che ammontano a 50 milioni di euro complessivi. I giudici della suprema Corte abruzzese, che hanno inviato gli atti a Perugia, hanno riconosciuto la responsabilità civile della Regione Abruzzo. A processo ci sono ora dieci imputati, oltre ai sei funzionari della Regione Abruzzo, per gli altri quattro accusati di omicidio colposo, tra cui l'ex sindaco di Farindola, è già intervenuta la prescrizione.
Il 18 gennaio 2017 una valanga di neve e detriti travolse l'albergo 'Rigopiano - Gran Sasso Resort' che sorgeva a 1.200 metri di altitudine a Farindola. All'interno c'erano ospiti e personale di servizio che a causa del maltempo di quei giorni, erano rimasti completamente isolati. La strada che collegava al fondovalle era stata interrotta e mentre diversi clienti avevano già portato i bagagli nella hall, si attendeva l'arrivo dello spazzaneve per le 19.
Il violentissimo impatto avvenne intorno alle 17:40, l'albergo stesso venne spostato di una decina di metri dalla sede orginale. Morirono 29 persone, tra ospiti e personale, sulle 41 presenti. La struttura, ampliata una decina di anni prima, sorgeva in un'area a rischio valanghe ma non era mai stata segnalata come tale. Le operazioni di soccorso si rivelarono difficilissime e proseguirono incessantemente per una settimana, tenendo l'Italia intera col fiato sospeso. Le indagini successive hanno rivelato ritardi nei soccorsi e una cattiva gestione dell'emergenza, inclusa la mancata evacuazione della struttura.