La Rete Umbra per l’Autodeterminazione "esprime profonda preoccupazione -si legge nella nota pubblicata sui social- per l’impostazione e i contenuti dell’iniziativa regionale “Umbria contro ogni genere di violenza”, presentata nella giornata del 28 ottobre 2025 durante la conferenza stampa organizzata dalla Giunta regionale dell’Umbria. Pur riconoscendo la necessità di un impegno continuativo delle istituzioni per prevenire e contrastare ogni forma di violenza, non possiamo condividere né la visione politica sottesa al piano, né le modalità con cui esso è stato elaborato e lanciato. Sotto la formula apparentemente inclusiva di “ogni genere di violenza”, si compie un’operazione che finisce per neutralizzare la questione della violenza di genere, rimuovendo la sua specificità politica e sociale".
"La violenza maschile contro le donne -continua la nota- non è una tra le tante violenze, ma una violazione dei diritti umani riconosciuta come tale dalla Convenzione di Istanbul, che obbliga le istituzioni ad adottare politiche basate sull’approccio di genere, e non su un generico paradigma di “salute pubblica”. L’inclusione, all’interno dello stesso piano, di ambiti tra loro disomogenei come il Codice Rosa nel Pronto Soccorso, il benessere animale e la lotta al maltrattamento, la violenza informatica, la salute mentale, la violenza sugli anziani e sulle persone fragili, l’ecocidio e i maltrattamenti ambientali, il ripudio della guerra e persino i disturbi del comportamento alimentare non arricchisce il discorso, ma lo confonde e lo svuota di senso, mettendo insieme fenomeni che richiedono strumenti, analisi e competenze diverse, e che così finiscono per perdere forza e specificità. In questo modo si compie una scelta che invisibilizza la violenza maschile contro le donne proprio nel mese di novembre, mese simbolico e politico di riflessione, mobilitazione e azione femminista. Il 25 novembre non è una celebrazione generica del “rispetto”, ma una giornata di lotta e di denuncia contro il patriarcato e la violenza di genere che caratterizza la nostra società".
"Nel piano regionale presentato, non viene fatto alcun riferimento esplicito ai centri antiviolenza, che rappresentano il fulcro storico e politico del contrasto alla violenza maschile contro le donne. Un’assenza troppo importante per non essere notata. Inoltre, il piano non delinea una reale strategia di investimento né una pianificazione economica adeguata alla portata e alla complessità del fenomeno che dichiara di voler affrontare. La violenza maschile contro le donne è un fenomeno strutturale, e come tale richiede finanziamenti stabili, continuativi e non frammentari, capaci di sostenere nel tempo i percorsi di autonomia delle donne che subiscono violenza, la sicurezza delle strutture e l’adeguata retribuzione del personale specializzato. Senza un investimento economico coerente e garantito, le parole “sistema permanente” restano una dichiarazione d’intenti, priva di effettiva traduzione nella realtà dei servizi. Per costruire un cambiamento reale servono ascolto e partecipazione con tutte quelle associazioni femministe e transfemministe che da anni rappresentano la spina dorsale della prevenzione e del contrasto alla violenza in Umbria.
Ad oggi, non si è avviato un percorso di confronto partecipato con le associazioni che operano da anni sul territorio, incontri che devono esistere a prescindere da quelli della rete regionale antiviolenza in cui si affrontano temi riguardanti il lavoro operativo dei cav. Il piano è stato presentato come un “nuovo modello”, ma rischia di non valorizzare il sapere e il lavoro costante che molte associazioni e organizzazioni portano avanti da sempre, rappresentando un patrimonio insostituibile per la prevenzione e il contrasto della violenza di genere in Umbria".
"La Rete Umbra per l’Autodeterminazione chiede da tempo – e continua a chiedere – l’apertura di tavoli tematici permanenti sulle politiche di genere, che affrontino in modo sistemico e partecipato le questioni della violenza, della salute sessuale e riproduttiva, dell’autonomia economica, dell’educazione alle relazioni e del linguaggio di genere. In Umbria non partiamo da zero: esistono esperienze consolidate, operatrici antiviolenza formate, buone pratiche nate dal lavoro delle donne e delle associazioni della Rete sui territori. È da queste realtà che occorre ripartire, non da una centralizzazione istituzionale che tende a inglobare tutto e a uniformare ciò che invece deve essere affrontato in modo specifico e capillare. Il vero cambiamento si costruisce nel riconoscimento reciproco, nella cooperazione, nella costruzione di spazi politici e sociali di confronto reale".
"Infine -conclude la nota-, la Rete Umbra per l’Autodeterminazione invita la Regione Umbria e la politica tutta a porre particolare attenzione alle parole scelte, ai significati portati, ai messaggi veicolati. Le parole “genere”, “violenza”, “salute” non sono neutre e usarle senza un’adeguata consapevolezza del loro peso politico e simbolico significa contribuire a una deriva che confonde, depoliticizza e invisibilizza. Invitiamo quindi tutte le istituzioni e la società civile a rilanciare il significato autentico del 25 novembre come un momento di impegno collettivo per il riconoscimento, la prevenzione e il contrasto della violenza patriarcale. Un mese che non annulla le differenze ma le riconosce, che non confonde le cause ma le affronta, che non si sostituisce alle donne ma le mette al centro delle politiche, delle scelte e delle parole pubbliche".