L’Umbria è pronta a scuotere il torpore legislativo sul fine vita. Dopo la Toscana, anche questa regione potrebbe mettere nero su bianco una legge chiara sul suicidio medicalmente assistito. La proposta "Liberi Subito" porta la firma dell’Associazione Luca Coscioni, ma dietro c’è soprattutto la voce inarrestabile di Laura Santi, giornalista perugina che ha dovuto affrontare un estenuante braccio di ferro burocratico per far valere il proprio diritto. Due anni e mezzo di attese, di rimpalli amministrativi, e ancora oggi nessuna indicazione chiara su farmaco e somministrazione.
Il 3 aprile scatta la raccolta firme per portare la proposta in consiglio regionale. Ne servono 3.000 in sei mesi, un numero che richiede determinazione e coinvolgimento. Il sito www.liberisubito.it è già operativo per chi vuole dare una mano e organizzare i banchetti.
Durante una conferenza stampa nel salotto di casa sua, Laura Santi ha messo nero su bianco la realtà che sta vivendo. "Il diritto ad accedere al fine vita già c’è", ha detto, citando la sentenza della Corte Costituzionale del 2019. Quello che manca è un sistema che funzioni davvero: tempi certi, modalità chiare e zero rimpalli burocratici. Nel frattempo, i pazienti restano intrappolati in un labirinto amministrativo, mentre l’attesa per il farmaco e l’autosomministrazione diventa una tortura senza fine.
La proposta sbatte la burocrazia contro il muro: basta attese infinite e rimbalzi senza senso. Entro 20 giorni dalla richiesta, i medici devono dare una risposta. Se il semaforo è verde, entro altri 10 giorni si stabilisce come procedere e l’azienda sanitaria ha solo una settimana per garantire il supporto necessario. Santi ha vissuto sulla sua pelle cosa significa restare impigliati nei tentacoli amministrativi: con una legge così, avrebbe risparmiato due anni e mezzo di attese snervanti mentre la malattia continuava a togliere spazio alla vita.
Se la legge passerà, l’Umbria sarà la seconda regione italiana a regolamentare il fine vita. Un tema che non smette di far discutere: in Lombardia, pochi giorni fa, una donna con sclerosi multipla progressiva ha potuto accedere al suicidio assistito. Senza una legge nazionale, si continua con una geografia del diritto a macchia di leopardo, dove la possibilità di scelta dipende dal codice postale anziché dalla volontà delle persone.
Dopo l’approvazione della legge in Toscana, Laura Santi ha rilasciato un’intervista a Vanity Fair, in cui ha espresso tutta la sua determinazione nel portare avanti questa battaglia in Umbria. "Dalla Toscana una decisione storica, ora mi batterò perché anche l’Umbria approvi la legge sul suicidio assistito", ha dichiarato senza mezzi termini. La giornalista perugina, che ha vissuto un lungo percorso legale per ottenere il diritto al suicidio medicalmente assistito, ha sottolineato che i malati non possono essere lasciati soli ad affrontare un sistema frammentato e ostile.
Il voto toscano è arrivato dopo una mobilitazione durata anni, e Santi ha seguito ogni passaggio del dibattito regionale, tra interventi, emendamenti e prese di posizione politiche. "Sapevamo di avere i numeri, ma fino all’ultimo niente era scontato. Quando ho visto le luci verdi dell’aula accendersi, ho capito che ce l’avevamo fatta". Per lei non è solo un passo avanti legislativo, ma una vittoria che porta per la prima volta la parola "legge" accanto a concetti come suicidio assistito e fine vita. "Non è più una sentenza, ma una normativa. È una questione di regolamentazione di un diritto già esistente".
L’approvazione in Toscana è stata anche un’iniezione di energia per la sua prossima battaglia: replicare il risultato in Umbria.