A processo il giovane accusato di istigazione o aiuto al suicidio per la morte di Andrea Prospero, lo studente di 19 anni trovato senza vita lo scorso gennaio in un B&B del centro di Perugia. Il giudice dell’udienza preliminare ha accolto la richiesta della Procura disponendo il giudizio immediato, fissato per il 22 gennaio davanti alla Corte d’Assise.
È un passaggio delicato in una vicenda che ha scosso l’opinione pubblica per le sue implicazioni etiche, giudiziarie e umane. Il giovane imputato, un diciottenne romano, dovrà rispondere dell’accusa di istigazione o aiuto al suicidio, un reato che la Procura ritiene aggravato dal ruolo di presunta facilitazione nella morte di Andrea Prospero, studente universitario originario di Lanciano, trasferitosi a Perugia per frequentare l’università.
Accogliendo la richiesta del procuratore Raffaele Cantone, il gup ha scelto di procedere con il giudizio immediato, ritenendo sufficienti gli elementi raccolti durante le indagini preliminari. Nessuna nuova proposta di patteggiamento è stata avanzata dalla difesa, dopo che il precedente accordo - due anni e mezzo di lavori di pubblica utilità - era stato rigettato in quanto ritenuto “non congruo” rispetto alla gravità dei fatti.
L’udienza si è svolta in un’aula gremita. Presenti anche i familiari di Andrea Prospero, assistiti dagli avvocati Francesco Mangano e Carlo Pacelli, costituiti parte civile. Il dolore dei genitori era composto, ma netto nel rifiuto di ogni compromesso. “Non chiediamo vendetta, ma giustizia. Sarà il giudice a stabilire quale sia la pena giusta”, ha dichiarato il padre di Andrea al termine dell’udienza, sottolineando che la famiglia attende il dibattimento per vedere riconosciuta la verità dei fatti.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, nei mesi precedenti alla morte, Prospero avrebbe avuto contatti online con diversi interlocutori, tra cui l’indagato, con il quale aveva instaurato un legame di fiducia. Dagli atti emergerebbe che il giovane romano avrebbe fornito indicazioni e incoraggiamenti sulle modalità del gesto, rafforzando l’intento suicidario del ragazzo abruzzese.

“Ora dobbiamo attendere il 22 gennaio, quando il processo entrerà nel vivo. Potranno riproporre un patteggiamento e vedremo cosa accadrà”, ha aggiunto il padre di Andrea, commentando con equilibrio e dignità una vicenda che si trascina da quasi un anno.
Durante la scorsa udienza, la Procura aveva depositato immagini relative agli ultimi istanti di vita dello studente, documentazione che avrebbe confermato che “in quel momento Andrea era da solo”. Il padre, che inizialmente aveva ritenuto possibile la presenza di altre persone, ha accettato l’esito delle verifiche: “Se gli atti dicono questo, accetto anche questo”, ha detto con tono fermo.
L’avvocato Francesco Mangano, che rappresenta la famiglia Prospero, ha commentato l’esito dell’udienza con parole nette: “L’esito di oggi era quello previsto dal codice. La Procura ha chiesto il giudizio immediato e ora si torna al punto di partenza: andremo davanti alla Corte d’Assise e continueremo fino all’ultimo a chiedere una pena giusta, la giustizia per Andrea”.
Sulla stessa linea l’altro legale, Carlo Pacelli, che ha voluto ribadire l’atteggiamento della famiglia: “Michele e tutti i suoi cari non nutrono sentimenti di vendetta. Sono assetati di giustizia, non di rivalsa personale”.
Il procedimento che si aprirà a gennaio non riguarda solo una responsabilità individuale, ma anche una questione più ampia: il ruolo delle relazioni online nei casi di disagio mentale e vulnerabilità emotiva. La Procura ha documentato come la comunicazione digitale possa, in circostanze estreme, amplificare fragilità e incoraggiare comportamenti autolesivi.
Perugia si prepara dunque ad accogliere un processo che sarà inevitabilmente anche un confronto pubblico sul confine tra libertà d’espressione e istigazione, tra empatia e responsabilità. Un caso che, oltre alla dimensione giudiziaria, apre riflessioni sul bisogno di strumenti educativi, familiari e sociali per intercettare il dolore dei più giovani prima che diventi irreversibile.
Nel silenzio composto di un’aula di giustizia, il prossimo 22 gennaio si tornerà a parlare di Andrea Prospero. Non per cercare colpe da esibire, ma per restituire - come ha ricordato il padre - “una verità che appartiene solo alla giustizia”.