Il 2026 si preannuncia come un anno complesso e pieno di incognite per l’economia umbra, chiamata a confrontarsi con una crescita contenuta e con un quadro generale segnato da fragilità strutturali. Secondo un’analisi della Cna Umbria, realizzata sulla base di un’indagine commissionata al centro studi Sintesi, il pil regionale dovrebbe registrare un incremento dello 0,7 per cento, in linea con la media nazionale, ma non sufficiente a compensare le criticità che interessano diversi comparti strategici del sistema produttivo.
A preoccupare maggiormente è l’andamento dell’export, che mostra segnali di marcato rallentamento e rischia di produrre effetti a catena su occupazione e consumi interni. Il quadro complessivo, illustrato nel corso di una conferenza stampa svoltasi nella sede della Cna Umbria di via Morettini a Perugia, restituisce l’immagine di un’economia che continua a crescere, ma con evidenti elementi di vulnerabilità e una capacità di tenuta messa alla prova dalle incertezze del contesto nazionale e internazionale.
Secondo le stime elaborate da Cna Umbria, nel 2026 l’export regionale potrebbe subire una contrazione del 3,8 per cento. Un dato che segna un’inversione di tendenza rispetto agli anni precedenti e che trova spiegazione in una combinazione di fattori, tra cui l’instabilità dei mercati internazionali e l’incognita dei dazi americani. Già nei primi sei mesi del 2025, infatti, l’impatto delle barriere commerciali aveva determinato una riduzione delle esportazioni stimata intorno al 2 per cento. Uno scenario che, secondo l’associazione, potrebbe aggravarsi nel corso del prossimo anno, colpendo in particolare la manifattura, settore portante dell’economia umbra e fortemente orientato ai mercati esteri.
A soffrire maggiormente è il comparto manifatturiero, che rappresenta l’ossatura del tessuto produttivo regionale. Il rallentamento dell’export si accompagna a una stagnazione dell’occupazione e a consumi che faticano a riprendere slancio.
“Vediamo che la manifattura, la parte fondamentale del nostro tessuto economico, vede l’export diminuire del 2 per cento, con un’occupazione che non cresce e consumi che non crescono, quindi crediamo sia importante mettere a terra misure per aiutare le piccole e medie imprese che rappresentano oltre il 95% del nostro tessuto imprenditoriale”, ha dichiarato il presidente di Cna Umbria, Michele Carloni, a margine della presentazione dello studio.
Lo studio evidenzia anche un rallentamento del mercato del lavoro. Dopo una fase di crescita che negli ultimi sei anni aveva portato a un aumento di circa 18.700 occupati, soprattutto nei settori delle costruzioni e dell’industria, per il 2026 la previsione indica un incremento dell’occupazione limitato allo 0,1 per cento.
Dinamiche analoghe emergono anche sul fronte dei consumi, che mostrano segnali di progressivo indebolimento: dopo un aumento stimato dello 0,6 per cento nel 2025, per il 2026 è atteso un ulteriore rallentamento, con una crescita limitata allo 0,4 per cento.
A incidere sul potere d’acquisto delle famiglie contribuisce inoltre l’andamento dei prezzi, che in Umbria hanno registrato un incremento complessivo del 2,5 per cento negli ultimi due anni, comprimendo notevolmente la capacità di spesa.
Il sistema imprenditoriale umbro continua a mostrare fragilità strutturali e fatica a recuperare i livelli precedenti alla pandemia. Al settembre 2025 le imprese attive in regione risultano 77.988: un dato che, pur segnando una lieve ripresa negli ultimi trimestri, resta inferiore del 2,3 per cento rispetto a dicembre 2019.
Tra i comparti maggiormente colpiti emerge quello artigiano, che registra una contrazione del 5,2 per cento rispetto al periodo pre-Covid, con 19.318 imprese ancora operative sul territorio regionale. Una flessione che evidenzia le difficoltà di un settore tradizionalmente centrale per l’economia umbra, alle prese con l’aumento dei costi, la riduzione della domanda e margini sempre più compressi.
Segnali di sofferenza arrivano anche dal comparto della logistica, che segna un calo dell’1,1 per cento, riflettendo le tensioni legate all’andamento dei flussi commerciali e alla competitività delle infrastrutture. A complicare ulteriormente il quadro è la dinamica del credito: i finanziamenti destinati alle micro e piccole imprese risultano in diminuzione di oltre il 7 per cento, riducendo la capacità delle aziende di sostenere investimenti, innovazione e processi di crescita in una fase già segnata da forte incertezza.
Nonostante il complesso quadro economico, emergono tuttavia alcuni segnali positivi. Il turismo continua a rappresentare uno dei punti di forza dell’economia regionale, con oltre 6 milioni di presenze registrate tra gennaio e settembre. Un risultato che contribuisce a sostenere l’economia locale e a compensare, almeno in parte, le difficoltà di altri comparti. Anche gli investimenti mostrano dei timidi segnali di recupero dopo il rallentamento del 2024, sebbene per il 2026 sia attesa una nuova fase di frenata, con una crescita stimata dello 0,8 per cento.
Alla luce dei dati emersi, Cna Umbria chiede un intervento deciso delle istituzioni regionali. “Serve che la Regione con i fondi strutturali 2021-2027 e con la concertazione tra associazioni, metta a terra strumenti che possano aiutare le imprese ad investire, perché un altro dato è la paura di investire”, ha sottolineato Carloni.
Secondo l’associazione, incentivi mirati, accesso al credito e politiche di sostegno all’export sono condizioni indispensabili per rafforzare la competitività delle imprese umbre, soprattutto in un contesto internazionale segnato da elevata pressione fiscale e crescente concorrenza.