01 Jun, 2025 - 09:30

Poste Italiane, Cgil e Uil dell'Umbria verso lo sciopero del 3 giugno: “Salario, diritti e sicurezza. Basta promesse vane”

Poste Italiane, Cgil e Uil dell'Umbria verso lo sciopero del 3 giugno: “Salario, diritti e sicurezza. Basta promesse vane”

Basta promesse vane. Salario e diritti in Poste Italiane”. È questo lo slogan che accompagnerà lo sciopero proclamato da SLC CGIL e UILPOSTE per il 3 giugno, con l’adesione di CGIL Umbria, SPI CGIL, UIL Umbria e UILP. Una mobilitazione che arriva dopo mesi di tensioni con l’azienda e che segna uno snodo cruciale nelle relazioni industriali tra le organizzazioni sindacali e la più grande società a partecipazione pubblica del Paese.

Lo sciopero, che riguarderà tutte le prestazioni ordinarie sull’intero territorio nazionale, si colloca al culmine di un periodo contrassegnato dall’esclusione di Cgil e Uil dai tavoli di trattativa locali e nazionali, un’azione che - denunciano i sindacati - “mina il confronto democratico e cancella ogni forma di dissenso interno”.

Riorganizzazione, tagli e carichi insostenibili: in Umbria a rischio il servizio postale universale

In Umbria, gli effetti delle scelte aziendali si stanno manifestando con particolare durezza. A Terni, nel solo mese di maggio, è stato tagliato il 30% delle zone di recapito, compromettendo la possibilità di garantire un servizio regolare e tempestivo ai cittadini. Una situazione che, secondo i sindacati, non può più essere ignorata.

Molti uffici postali umbri - si legge nella nota congiunta delle strutture regionali - riescono a rimanere aperti soltanto grazie a prestazioni straordinarie imposte e a piani ferie continuamente modificati. Le condizioni di lavoro si sono deteriorate, ma l’azienda continua a ignorare le evidenze, rifugiandosi in numeri che non riflettono la realtà operativa”. Il riferimento è ai fabbisogni di personale previsti dagli accordi del 27 novembre, ritenuti dai sindacati “ampiamente insufficienti”.

Le organizzazioni sindacali denunciano una strategia precisa: “Poste Italiane punta a comprimere il costo del lavoro per aumentare i profitti a breve termine, ma il prezzo lo pagano gli utenti e i lavoratori, con servizi ridotti, salari fermi e sicurezza insufficiente”.

Numeri allarmanti per i sindacati tra utili record e infortuni in crescita: “Dividendi agli azionisti, briciole ai lavoratori”

La mobilitazione del 3 giugno affonda le radici in un quadro economico che, secondo le categorie, evidenzia uno squilibrio crescente tra risultati d’impresa e condizioni del personale. Dal 2016 al 2024, l’utile netto di Poste Italiane è passato da 620 milioni a oltre 2 miliardi di euro. Di questi, 1,4 miliardi sono stati distribuiti agli azionisti. Nello stesso arco temporale, l’organico stabile è diminuito di oltre 23 mila unità, mentre i lavoratori precari sono più che raddoppiati.

Il costo medio per dipendente - denunciano CGIL e UIL - è aumentato appena dello 0,65% in otto anni. È un dato insostenibile, specie se confrontato con l’aumento degli utili e delle richieste di produttività”. Allarmanti anche i dati relativi alla sicurezza: nel solo 2024 sono stati registrati 5.954 infortuni, con tre decessi. Dal 2017 a oggi, i morti sul lavoro nel gruppo sono stati 68.

Basta alla politica dei dividendi agli azionisti e delle briciole ai lavoratori - affermano le confederazioni umbre -. I risultati economici devono tradursi in aumenti salariali e investimenti per la stabilità occupazionale, la sicurezza e la qualità del servizio”.

Difendere il ruolo pubblico di Poste: “No alla privatizzazione, sì al confronto sindacale”

Oltre alle rivendicazioni economiche e contrattuali, lo sciopero del 3 giugno assume anche un valore politico, in relazione alla possibile cessione di ulteriori quote azionarie di Poste Italiane da parte del Ministero dell’Economia.
Poste non è un’azienda qualsiasi - sottolinea Vera Buonomo, segretaria confederale della UIL - ma una infrastruttura pubblica che garantisce servizi essenziali a milioni di persone. Non possiamo accettare che venga progressivamente privatizzata, sacrificando i territori più fragili e marginali”.
Le richieste sindacali sono chiare: il ripristino del confronto e del pluralismo nei rapporti industriali; lo stop ai tagli di personale e alle chiusure degli uffici; nuovi investimenti su salute, sicurezza, stabilizzazioni e trasformazioni dei contratti; e il rilancio del ruolo pubblico dell’azienda.
Il 3 giugno, con lo sciopero nazionale, lavoratori e sindacati torneranno a chiedere con forza un cambio di rotta. “Poste - concludono CGIL e UIL - deve restare un bene del Paese, non uno strumento di profitto a discapito del lavoro e dei servizi”.

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Federico Zacaglioni
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