Il film che i tifosi biancorossi stanno vedendo dall’inizio della stagione assomiglia più a un incubo che a un campionato di Serie C. Altro che sogni di gloria e obiettivi playoff: il Perugia è penultimo in classifica, con soli tre punti raccolti in sette giornate, frutto di tre pareggi iniziali e quattro sconfitte consecutive. Numeri impietosi, che fanno male e che mettono in discussione l’intero progetto sportivo.
Sette gare, zero vittorie, sei gol fatti e undici subiti. L’unica squadra del girone B a non aver mai vinto una partita. Le statistiche raccontano una realtà pesante, in cui non si può più parlare di incidenti di percorso o sfortuna: il Perugia è dentro a una crisi sportiva a tutto tondo.
La sconfitta di Ravenna è costata la panchina a Vincenzo Cangelosi, il quarto tecnico avvicendato nell’arco di un anno. Al suo posto è arrivato Piero Braglia, uno degli allenatori più esperti della categoria. Ma l’impatto è stato tutt’altro che semplice: due partite ravvicinate, due sconfitte (contro Sambenedettese e Pianese), senza il tempo materiale di incidere davvero. La società ha deciso di correre ai ripari con un ritiro punitivo, nella speranza di ritrovare compattezza e concentrazione.
Il tempo degli alibi è finito. Lo sottolinea la società, lo sanno i tifosi e lo devono accettare anche i giocatori. Perché se è vero che la guida tecnica è cambiata più volte, l’ossatura della rosa è rimasta sostanzialmente intatta rispetto alla scorsa stagione. Un gruppo che, almeno sulla carta, dovrebbe garantire ben altre prestazioni. La verità è che il Perugia oggi è una squadra fragile, lenta, senza certezze tattiche e soprattutto senza leader offensivi. Un mix che spiega bene il perché del penultimo posto.
Il nodo centrale passa dagli attaccanti. Daniele Montevago, atteso come il terminale offensivo in grado di garantire gol pesanti, non è mai riuscito a sbloccarsi in questo avvio di stagione. Sette gare senza reti, prestazioni sottotono, difficoltà evidenti nel proteggere palla e nel far salire la squadra, imprecisione sotto porta. A tratti anche un atteggiamento svogliato, che ha fatto storcere il naso ai tifosi.
Eppure parliamo di un attaccante che nella passata stagione aveva dato segnali importanti: 13 gol in 30 presenze con la maglia biancorossa. Ma il rendimento attuale è lontano anni luce da quello atteso. La rinascita del Grifo passa inevitabilmente da lui: senza i gol di Montevago, pensare a una rimonta in classifica diventa utopia.
Se Montevago è ancora a secco, anche l’altro centravanti, Roberto Ogunseye, non ha inciso come sperato. L’ex Arezzo ha trovato il gol solo su rigore, nell’ultimo minuto contro il Bra, e poi si è spento. La sua condizione fisica precaria e i problemi muscolari ereditati dalle stagioni precedenti hanno rallentato il suo inserimento.
Il curriculum parla chiaro: nelle ultime tre stagioni Ogunseye non ha mai superato la doppia cifra, con un massimo di 14 gol a Foggia nel 2022-23, ma un calo evidente con Cesena e Arezzo. Oggi il Perugia lo vede arrancare, incapace di fare la differenza in area di rigore.
Non si può parlare solo di attacco sterile. La crisi è generale e coinvolge tutti i reparti. Difesa incerta, centrocampo poco creativo, attacco senza incisività. Ma gli uomini offensivi sono quelli chiamati a cambiare passo, perché nel calcio segnare fa la differenza.
Il nuovo allenatore Braglia ha davanti a sé una montagna da scalare. La prima ricetta è il ritiro: isolare la squadra, lavorare sulla testa e sugli automatismi tattici, ricreare un’identità. Il tecnico conosce bene queste categorie, ma servirà tempo. E soprattutto serviranno i gol. La sfida contro il Carpi diventa così già un bivio: vincere per invertire la rotta, scrollarsi di dosso paure e tensioni, regalare un segnale ai tifosi. Senza un successo, il rischio di sprofondare diventa altissimo.