Siamo nel 2025, in una società che si definisce civile, eppure ogni giorno la cronaca ci restituisce scenari che sembrano usciti da un'epoca remota, dominata dalla sopraffazione e dalla violenza. L'illusione di una società evoluta viene spazzata via davanti a episodi che si consumano nel silenzio delle mura domestiche, in quel luogo che dovrebbe rappresentare un rifugio e che invece si trasforma sempre più spesso in teatro di abusi e minacce. È questo il contesto in cui si inserisce la vicenda, drammatica e complessa, che ha come protagonista un uomo di 34 anni residente a Perugia, rinviato a giudizio con l’accusa di maltrattamenti in famiglia nei confronti della compagna.
Secondo quanto riportato da "Il Messaggero", i fatti contestati sarebbero avvenuti tra il 2023 e il gennaio 2025. Il pubblico ministero Franco Bettini ha ricostruito un quadro inquietante: si parla di "plurimi atti di minacce e violenze", non solo verbali ma anche fisiche, in un crescendo che avrebbe progressivamente minato la salute psicofisica della donna. Tra le frasi riportate agli atti spicca una in particolare, pronunciata, secondo l’accusa, mentre la donna era incinta: "Ammazzo la bambina che hai in pancia". Una minaccia tanto agghiacciante quanto sintomatica di un’escalation di violenza, che avrebbe visto anche episodi in cui l’uomo, all’insaputa della compagna, le avrebbe somministrato dello Xanax con l’obiettivo di “calmarla”.
Ma non si tratta solo di parole. Sempre secondo l’accusa, il trentiquattrenne avrebbe agito fisicamente contro la donna con spinte, schiaffi, definiti da lui stesso "correttivi", e con episodi di forte umiliazione, come quello in cui l’avrebbe fatta scendere dall’auto lasciandola sola per strada. Un'escalation che si sarebbe consumata in un clima familiare già fragile, dove l'equilibrio emotivo si era ormai rotto da tempo.
Il giudice per l’udienza preliminare Natalia Giubilei ha disposto per l’imputato il rinvio a giudizio. Il processo inizierà il 14 gennaio 2026. Ma già in fase cautelare il caso aveva suscitato riflessioni e polemiche.
Nel corso dell’istruttoria preliminare, il giudice per le indagini preliminari Simona Di Maria ha accolto una versione dei fatti differente rispetto a quella presentata dalla vittima. Nel provvedimento si legge che "l’indagato ha fornito una versione dei fatti plausibile, anche se opposta a quella della compagna". Secondo quanto emerge, l’uomo ha attribuito alla donna "una forte instabilità emotiva e un uso irregolare di farmaci come lo Xanax, a volte anche in modo abusivo". Il gip ha inoltre evidenziato come "il quadro indiziario appare assai fragile" e ha sottolineato che le dichiarazioni della parte offesa potrebbero essere influenzate da "problematiche personali e un disagio che non ha origine nel rapporto di coppia".
Sulla questione è intervenuta anche la difesa, con l’avvocato Stefania De Canonico che ha richiamato alla prudenza nell’analisi delle denunce di violenza: "È importante essere cauti nella valutazione di denunce per violenza, perché, pur riconoscendo la serietà del problema, non si può ignorare il rischio di strumentalizzazioni e derive giudiziarie infondate".
Al di là delle singole responsabilità, che saranno accertate in sede processuale, la vicenda riporta alla ribalta un tema che continua a lacerare il tessuto sociale italiano: quello della violenza domestica. Nel 2024, oltre 21mila donne si sono rivolte ai centri antiviolenza, e più della metà ha denunciato episodi accaduti tra le mura di casa.
Chi subisce violenza, fisica o psicologica, non deve restare in silenzio. È fondamentale sapere che esistono strumenti di tutela e supporto attivati dallo Stato e da enti locali. Le vittime possono rivolgersi al 1522, il numero verde gratuito e attivo 24 ore su 24 gestito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. È possibile contattare anche i centri antiviolenza presenti in ogni regione, dove personale formato offre supporto legale, psicologico e sociale.