Voleva dimagrire e aveva speso una somma ingente (9300 euro). La donna, però, non solo ha investito diversi soldi ma si è ritrovata "danneggiata" da tre interventi subiti da un chirurgo estetico di Perugia. Il Tribunale civile di Pesaro ha dato ragione alla 40enne.
Non solo chirurgia d'eccellenza ma anche malasanità. La notizia ripresa in primis da La Nazione è di quelle che riportano l'attenzione sulla sanità. Una donna, di 40 anni, voleva dimagrire e nel novembre 2020 si rivolse a un chirurgo estetico di Perugia per migliorare l’aspetto del corpo.
Dopo tre interventi di chirurgia estetica in un anno, la donna, non solo, non ha visto miglioramenti ma, anzi, si è ritrovata con alcuni "danni" fisici e anche morali (perdendo completamente la fiducia).
Il medico propose alla donna, in prima istanza, una lipoaspirazione in due fasi con una tecnica definita micro-invasiva e innovativa. La donna fu operata la prima volta, il 19 gennaio 2021, pagando da 4.000 euro per una lipoemulsione ultrasonica di fianchi e schiena.
Dopo un mese e mezzo, la donna notò anche un’asimmetria del dorso e allora il chirurgo la rassicurò, proponendole un secondo intervento sull’addome. La donna pagò 3.500 euro e il 15 marzo 2021 affrontò il secondo intervento e riferì di vedere addirittura il proprio addome peggiorato per la presenza di due solchi precedentemente assenti.
La donna decisè di accettare un terzo intervento, il 10 gennaio 2022, con una nuova tecnologia, in un’altra clinica privata di Perugia. Pagò altri 1.800 euro ma anche stavolta, secondo la donna è un disastro: “Depressioni addominali ancora più evidenti - si legge nella sentenza del 28 ottobre scorso del tribunale civile di Pesaro - e antiestetiche. La donna subì un peggioramento morfologico riconoscendo il danno estetico”.
La paziente aveva deciso di rivolgersi a una consulente medico-legale. La perizia confermò che il sanitario non l’aveva informata dei limiti della tecnica scelta e delle alternative più efficaci, come l’addominoplastica, che avrebbe garantito un miglior risultato.
Per inadempimento e carente informazione, il chirurgo plastico e le due cliniche umbre che hanno operata la donna, per questo, sono stati condannati in solido a risarcirle 6.985 euro, oltre alla restituzione delle somme versate. Questa la sentenza del Tribunale civile di Pesaro.
“In sostanza - scrive la giudice -, il miglioramento del proprio aspetto fisico, che è il risultato che il paziente intende raggiungere con l’intervento, acquista un particolare significato nel quadro dei doveri informativi cui è tenuto il sanitario, anche perché soltanto in questo modo il paziente è messo in grado di valutare l’opportunità o meno di sottoporsi all’intervento di chirurgia estetica”.
Fari sulla chirurgia plastica che si sono riaccesi nelle ultime settimane a livello nazionale, dopo che ha perso la vita, dopo venti giorni di terapia intensiva in ospedale a Istanbul, Milena Mancini, imprenditrice di 50 anni ricoverata dopo un intervento di chirurgia estetica al quale si era sottoposta in Turchia.
La donna pare che non avrebbe avuto conferma da fonti sanitarie, avrebbe subito una lesione accidentale allo stomaco durante l'intervento di liposuzione dalla quale non si è più ripresa. Milena Mancini, agente immobiliare, è figlia dell'industriale Alvaro Mancini. La donna lascia due figlie.