20 Oct, 2025 - 16:30

Perugia, frode fiscale nella logistica: sei condanne per false cooperative

Perugia, frode fiscale nella logistica: sei condanne per false cooperative

Una filiera opaca costruita su cooperative “usa e getta”, crediti fiscali inesistenti e una catena di appalti e subappalti che, sulla carta, faceva sembrare tutto in regola. È lo schema al centro del procedimento celebrato a Perugia che si è chiuso, il 17 ottobre, con la condanna di sei imputati per reati tributari legati a false fatturazioni e indebite compensazioni. Un caso che tocca il cuore del settore logistica e trasporti in Umbria e nei comuni limitrofi, con un impatto anche sul piano occupazionale: gli autisti, i facchini e i magazzinieri coinvolti lavoravano formalmente per cooperative prive di reale struttura.

La sentenza: condanne da 1 a 2 anni e 9 mesi

Tutti e sei gli imputati sono stati riconosciuti colpevoli per i delitti previsti dal D.Lgs. 74/2000 (emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, indebita compensazione). Le pene, stabilite dal Tribunale di Perugia, vanno da un minimo di un anno e alcuni mesi fino a due anni e nove mesi di reclusione. La sentenza arriva al termine di un’istruttoria dibattimentale svolta tra luglio e settembre 2025 e mette un punto fermo su un sistema che sfruttava buchi di controllo nel mondo degli appalti della logistica.

Il meccanismo della frode: società “guscio” e finte regolarità contributive

Il procedimento ha ricostruito un modello ricorrente: operatori economici del capoluogo umbro, compreso un soggetto in franchising con corrieri nazionali, appaltavano i servizi a un consorzio privo di maestranze. Quest’ultimo subappaltava poi a Srl semplificate e a cooperative dalla vita media di due o tre anni, scarsamente capitalizzate e senza asset produttivi. Alla guida, amministratori formalmente nullatenenti, estranei alla gestione e sconosciuti al Fisco.

Per rendere “pulita” la filiera, tali società precostituivano crediti fiscali inesistenti, utili a far risultare regolari i versamenti contributivi e tributari. Così, sulla carta tutto era conforme; nella realtà, si interpon evano soggetti fittizi tra i lavoratori e le imprese che beneficiavano delle prestazioni.

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Le indagini della Guardia di Finanza e i sequestri chiesti dalla Procura

Le attività investigative del Gruppo della Guardia di Finanza di Perugia hanno documentato la fittizia interposizione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti. Su richiesta della Procura, nel novembre 2021 il Gip dispose un sequestro preventivo per oltre tre milioni di euro, di cui oltre un milione effettivamente vincolato; il provvedimento fu confermato in sede di riesame. Il lavoro istruttorio ha permesso di quantificare il vantaggio indebito e di ricostruire i flussi economici lungo l’intera catena di appalti, evidenziando come la regolarità apparente derivasse da crediti mai maturati nei confronti dell’Erario.

La definizione fiscale: 1,4 milioni tra imposte, interessi e sanzioni

Nel frattempo i principali operatori economici coinvolti hanno definito in via amministrativa la propria posizione tributaria, versando complessivamente oltre 1,4 milioni di euro, cifra comprensiva di imposte, interessi e sanzioni. Su parere conforme della Procura, il Tribunale ha disposto il dissequestro delle somme già bloccate con una finalità specifica: destinarle prioritariamente al pagamento del residuo dovuto e restituire l’eventuale eccedenza agli aventi diritto. Una scelta che salda il capitolo fiscale e riduce l’esposizione erariale, senza intaccare la responsabilità penale accertata in giudizio.

Perché il caso conta: tutela della concorrenza e dei lavoratori

La vicenda perugina mostra come, in un settore sensibile come la logistica, l’uso di cooperative e società “a scorrimento” possa alterare il mercato e comprimere tutele, spostando il rischio su lavoratori e fornitori. La pronuncia del Tribunale, con pene calibrate e un recupero fiscale già incassato in parte, ha un effetto deterrente e pone l’attenzione su due piani: la necessità di controlli puntuali lungo la catena degli appalti e la responsabilità degli operatori che si avvalgono di terzi. Sullo sfondo, resta la domanda cruciale: come garantire che i meccanismi di esternalizzazione non diventino terreno fertile per frodi che, oltre a danneggiare l’Erario, colpiscono la concorrenza leale e chi lavora.

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Giorgia Sdei
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