Nessun tavolo tecnico, numeri ignorati, un debito potenziale che strozzerebbe i conti della sanità territoriale e un sospetto diventato accusa pubblica: che l'intera operazione del nuovo ospedale venga utilizzata per declassare gradualmente l'Azienda Ospedaliera autonoma di Terni. E dare così il via libera al vero obiettivo perseguito da Palazzo Donini: creare l'azienda unica regionale a Perugia.
Lo scontro, latente da mesi, è esploso in conferenza stampa a Palazzo Spada. Federico Di Bartolo, ex assessore regionale alle Infrastrutture e presidente del Comitato per la difesa dell'Ospedale di Terni, e Gianni Giovannini, ex direttore generale dell'Azienda, non contestano solo le conclusioni dello studio di fattibilità della società Binini & Partners. Mettono sotto accusa l'intero metodo decisionale della Giunta Proietti, denunciano l'assenza di trasparenza e indicano una "regia occulta" che, a loro dire, sta già dirottando risorse e attenzioni politiche verso il futuro ospedale di Narni-Amelia, a scapito della città dell'acciaio.
"Siamo sconcertati da come si sta procedendo", attacca Di Bartolo. "Il 20 dicembre scorso ci è stato presentato uno studio che considera solo la delocalizzazione, con il possibile effetto di delegittimare il lavoro dei tecnici regionali. La dichiarazione della governatrice Proietti sulle fonti di danaro per finanziare l'opera? Ha generato sconcerto e scetticismo. Questo nuovo ospedale, con le premesse di oggi, non si farà mai".
La posta in gioco è altissima: un finanziamento da almeno 527 milioni di euro a debito, su un costo totale vagamente stimato in 600 milioni. Un macigno sui bilanci futuri che, secondo il Comitato, nasconde un obiettivo politico preciso.

Federico Di Bartolo, con la precisione di chi quei conti li ha gestiti, smonta il "mix finanziario" indicato dalla presidente Stefania Proietti (280 milioni da prestito INAIL, 73 milioni a fondo perduto ex art. 20, 247 milioni da Cassa Depositi e Prestiti). "Inail non opera chiudendo i finanziamenti 'a tappo', ma pretende progetti cantierabili dei quali assumere la piena titolarità. Diventa proprietario unico della struttura e fa pagare i canoni, non finanzia a spezzatino".
L'ex assessore regionale e numero uno del Comitato sostiene la totale insostenibilità della nuova opera come la vorrebbe la Regione. "Su 600 milioni, 527 sono debito. Con un tasso prudenziale del 3,5%, si generano rate annue da 28 milioni per 30 anni o addirittura 37 milioni per 20 anni", spiega. Numeri che cozzano con la realtà dei conti: il bilancio 2024 dell'Azienda Ospedaliera di Terni viaggia su circa 300 milioni di entrate. Una rata di 25-30 milioni annui, sostiene il Comitato, equivarrebbe a un taglio lineare e insostenibile delle prestazioni per i cittadini. "Avremmo un fabbricato nuovo, ma servizi ridotti", sintetizzano.
Poi c'è un mistero finanziario. "I 128 milioni di euro già deliberati dalla Regione per l'ospedale di Terni, dove sono finiti tra il 2024 e il 2025?", chiede Di Bartolo. La denuncia si allarga: mentre a Terni si naviga nell'incertezza, il progetto per l'ospedale di Narni-Amelia (che oggi conta appena 26 posti letto e punta a diventare un presidio da 140 letti) sembra viaggiare su binari privilegiati.
"Perché inizialmente c'erano 80 milioni per Narni-Amelia e poi si è preferito optare per un finanziamento INAIL, con un canone annuo di 3,5 milioni, senza essere più proprietari dell'immobile? L'assessore regionale alle infrastrutture De Rebotti, che fu sindaco di Narni, dovrebbe rispondere", incalza Di Bartolo.

Il rapporto della Binini Partners è accusato di omissioni gravissime. La principale: aver completamente ignorato la proposta dettagliata di ampliamento e ristrutturazione del Santa Maria avanzata dal Comitato, proposta che era stata già valutata – con stime di costo ben diverse – dagli uffici tecnici regionali in un documento del febbraio 2024.
"Il consulente si è limitato ad affermare che i costi di una ristrutturazione superano ampiamente quelli di una edificazione ex novo, raccogliendo anche qualche applauso", ricorda Giovannini. "Così facendo ha contraddetto palesemente lo studio della Regione, che certificava l'esatto contrario: la ristrutturazione con ampliamento era l'alternativa economicamente più conveniente".
Paradossalmente, lo stesso ingegner Binini, durante la presentazione, avrebbe "involontariamente certificato" la bontà della proposta del Comitato, descrivendo soluzioni progettuali (un corpo quintuplo, una superficie complessiva tra 110 e 120 mila mq) perfettamente in linea con quelle avanzate dai cittadini.
"Allora perché", si chiede Di Bartolo, "il project financing delle imprese private è stato esaminato e bocciato due volte, mentre la nostra proposta, depositata ufficialmente in Consiglio comunale aperto e inviata via PEC alla Binini l'11 novembre, non è stata minimamente presa in considerazione?". Per il Comitato è anche un problema deontologico: "Non è accettabile che un consulente irrida, con frasi ad effetto e senza motivazione, il lavoro svolto da altri professionisti della pubblica amministrazione".

Il Comitato porta numeri precisi per sostenere che lo stato di salute dell'edificio non giustificherebbe l'urgenza della "rottamazione". Dalle tabelle delle spese di manutenzione delle aziende sanitarie umbre (fornite negli atti regionali) emerge che l'ospedale di Terni ha speso per la manutenzione ordinaria dei fabbricati circa 4,9 euro per metro quadro l'anno nel biennio 2023-2024. Una cifra lontanissima dalla soglia di 58,3 euro/mq indicata da studi settoriali come riferimento per ospedali in ottimo stato.
Inoltre, mentre le due Aziende Ospedaliere (Terni e Perugia) hanno speso 800mila euro ciascuna in tre anni per quella voce, le due ASL territoriali hanno sborsato cifre "sbalorditive": 16,7 e 19,3 milioni di euro nello stesso triennio per manutenere strutture spesso più recenti.
"Dove sono, allora, gli elementi oggettivi che certificano uno stato di degrado avanzato tale da giustificare la rapidità e l'entità di questo maxi-investimento?", domandano. Senza quella certificazione, l'opzione ristrutturazione non può essere scartata.
Giovannini aggiunge un altro dato contundente: il valore residuo di 27 milioni di euro iscritto a bilancio per l'attuale struttura di Colle dell'Obito. "Un abbandono precoce comporterebbe una minusvalenza secca per il patrimonio pubblico, un danno erariale, oltre a lasciare un buco urbanistico nella città".
Il quadro che il Comitato dipinge è quello di una strategia di lungo periodo per ridimensionare l'Azienda Ospedaliera autonoma di Terni, nata con un Dpcm nel 1993.
"Il combinato disposto di questi comportamenti", afferma Di Bartolo, "punta a ridurre l'ospedale ternano a un presidio da 250-300 posti letto nel giro di 7-8 anni, trasferendo gradualmente funzioni altrove. È la bomba che scoppierà tra le mani alla sanità pubblica".
Si critica la corsa a "fare più ospedali" invece di potenziare la rete dell'emergenza e la sanità territoriale, che proprio a Terni soffre: "Il pronto soccorso è in difficoltà drammatica da anni, unico in tutta l'Umbria per i conflitti con i reparti di degenza".
Alla fine, il messaggio lanciato da Palazzo Spada è uno solo: in assenza di dati tecnici incontrovertibili sull'inagibilità dell'esistente, resta solo "un metodo opaco e una volontà politica chiara", sorretta da un "trasversalismo occulto" che, a loro dire, sta già scavando la fossa dello storico Santa Maria di Terni.