Affiorano sempre più numerose le testimonianze della presenza del popolo etrusco nel comprensorio orvietano. Dopo i recenti ritrovamenti a Coriglia, alle pendici della Rupe sono emerse due teste di ariete, una di leone e altari monumentali che confermano il ruolo cruciale che la città rivestì nell'antichità. A riportare la notizia è l'Ansa regionale che ha potuto visitare gli scavi nella zona di Campo della Fiera, dove un tempo sorgeva il 'Fanum Voltumnae', santuario federale delle dodici città-stato etrusche.
L'area alle porte di Orvieto viene indagata e scavata da 26 anni grazie all'équipe guidata dall'archeologa Simonetta Stopponi. Qui un tempo vi erano i templi, gli altari e i monumenti che componevano un "distretto" dove si officiavano i i rituali più importanti.
"Siamo nel santuario federale degli etruschi - ha spiegato Stopponi all'Ansa - i primi segni di culto risalgono alla prima metà del VI secolo a.C., ma è nella seconda metà del secolo, con la pianificazione urbanistica voluta da Porsenna re di Chiusi e Orvieto, che il sito raggiunge la sua piena fioritura".
Nel corso di quasi tre decenni di scavi sono riaffiorate testimonianze significative, inclusi "altari giganteschi" che sono "i più grandi finora scoperti in Etruria, composti da blocchi sovrapposti e decorati con teste di ariete e di leone, risalenti all'inizio del V secolo a.C.".
Le teste di animale recentemente emerse erano poste ad ornamento degli altari dedicati agli dei celesti. Stopponi ha parlato di "un realismo impressionante" delle sculture a cui venivano apposti occhi in pasta vitrea.
Secondo le stime degli studiosi, l'area dell'antico santuario etrusco di estendeva per 40 ettari. Un comprensorio molto ampio che riserverà ancora sorprese e da cui sono già venuti alla luce migliaia di altri reperti come ceramiche, oggetti votivi, monete romane e anche oggetti preziosi come, ad esempio, un pendente d'oro cavo, usato per contenere profumo, dalla forma di ghianda.
La sindaca di Orvieto, Roberta Tardani, ha parlato con l'Ansa di "ritrovamenti eccezionali" resi possibili grazie al "lavoro instancabile e appassionato della professoressa Stopponi e della sua squadra che non sono solo un patrimonio archeologico dal valore straordinario ma testimonianza concreta del ruolo centrale che Orvieto ha avuto nella storia etrusca".
La prima cittadina ha ricordato l'impegno profuso dall'amministrazione per rendere accessibile l'area degli scavi, incluso il recente progetto multimediale Tiber-Pallia. "Oggi - ha aggiunto - il Santuario federale degli etruschi è visitabile virtualmente tutto l'anno e non soltanto durante le campagne di scavo".
"Il sogno della professoressa Stopponi e cioè di rendere questo sito archeologico fruibile a tutti - ha concluso - è per noi dunque un obiettivo concreto e lavoreremo insieme per centrarlo".
A quanto pare gli estruschi, popolo per certi aspetti ancora molto misterioso, continuano a guadagnarsi spazio anche nelle cronache culturali contemporanee. È notizia di questi giorni l'intervento del Ministero della Cultura a fianco del Comune umbro di Monteleone di Spoleto per chiedere agli Stati Uniti la restituzione di uno dei manufatti più straordinari dell'epoca.
Si tratta di un prezioso carro da parata di raffinatissima fattura che venne trovato agli inizi del Novecento nelle campagne circostanti da due contadini e acquisito poco dopo dal Metropolitan Museum of Art di New York dove si trova tuttora. Un passaggio contestato perché sarebbe avvenuto in "mala fede". Da decenni da Monteleone ne chiedevano la restituzione e ora che si è messa in moto anche la macchina della diplomazia culturale internazionale, le possibilità che la biga rientri in terra umbra sembrano molto più concrete.