16 Mar, 2025 - 22:02

Nuove scoperte archeologiche nelle Tane del Diavolo di Parrano

Nuove scoperte archeologiche nelle Tane del Diavolo di Parrano

Un dedalo di passaggi sotterranei, sigillato dal tempo e dall’oblio, riemerge dal ventre di Parrano con storie da raccontare. Cinque secoli di buio interrotto da una scoperta che sta rivelando molto più di quanto ci si aspettasse. Tra strettoie che mettono alla prova anche gli esploratori più esperti e sale imponenti adornate da concrezioni millenarie, la grotta sta svelando un mosaico di tracce lasciate da chi, in epoche lontane, ne ha varcato l’ingresso.

Gli archeologi, con scalpelli e pennelli, stanno strappando alla roccia i suoi segreti, mentre i detriti accumulati nel tempo restituiscono frammenti di un passato che ha ancora molto da dire.

Presentazione degli studi nella città rupestre

Sul palcoscenico della Rupe di Orvieto, tra volti esperti e appassionati di storia, sono stati svelati i risultati delle ultime ricerche sul misterioso sottosuolo di Parrano. Il sindaco Valentino Filippetti ha dato il via all’evento, mentre gli studiosi dell’Università di Ferrara, di Bari e della Soprintendenza dell’Umbria hanno raccontato le loro scoperte con il fervore di chi sta ricomponendo un puzzle vecchio di millenni. Tra relazioni dettagliate e ipotesi audaci, la giornata ha offerto una panoramica sulle nuove rivelazioni e sugli interrogativi ancora aperti.

Tracce di un'antica frequentazione umana

Dentro questo labirinto di roccia, tra pareti che trasudano storia e passaggi che mettono alla prova il coraggio, i frammenti di terracotta raccontano di mani che, millenni fa, accendevano fuochi e utilizzavano recipienti per scopi ancora tutti da decifrare. Braci consumate e ceramiche annerite dal tempo parlano di riti, di necessità, di gesti ripetuti nel buio. Ma il colpo di scena arriva con il ritrovamento di resti ossei umani: una mandibola appartenuta a una ragazza di 18 anni, vissuta più di 3.000 anni fa, che ora emerge dalla terra come testimone silenziosa di un'epoca scomparsa.

Il mistero delle essenze vegetali

Tra i detriti accumulati nei secoli sono spuntati resti di piante aromatiche e fiori dai colori appariscenti, quasi come se volessero raccontare una storia dimenticata. Gli studiosi si interrogano sul perché queste essenze fossero lì: semplici decorazioni o parte di rituali dal significato perduto? Se ne studiano le tracce con la minuzia di un detective su una scena del crimine, nella speranza di decifrare un capitolo ancora oscuro della vita nelle viscere della terra.

L’ipotesi di una prosecuzione inesplorata

La grotta sembra avere molto altro da dire. Soffiate d’aria fredda insinuano il sospetto che ci siano ancora gallerie inesplorate, nascoste dietro stretti cunicoli o ostruzioni di detriti accumulati nel tempo. L’acqua, paziente scultrice, ha modellato la roccia per millenni, creando scivoli naturali e stratificazioni che raccontano una storia di trasformazioni geologiche e crolli dimenticati. Gli studiosi sanno che la strada non finisce qui, e ogni nuova esplorazione potrebbe riservare la prossima sorpresa.

Esposizioni e valorizzazione del patrimonio

All’evento si sono fatti vedere nomi noti del panorama culturale e accademico, tra cui la sindaca di Orvieto, Roberta Tardani, e il vicepresidente della Fondazione per il Museo Claudio Faina, Giuseppe Maria Della Fina. Il pubblico ha potuto ammirare pezzi di storia dal valore inestimabile, tra cui la Venere Verde, statuetta che arriva dritta dal Paleolitico Superiore. L’idea di raccogliere questi tesori in un museo dedicato si fa sempre più concreta, perché certe scoperte meritano di essere mostrate e non di restare sepolte sotto la polvere del tempo.

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Francesca Secci
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