Nove anni dopo il crollo che l’aveva ridotta in macerie, la Basilica di San Benedetto è di nuovo lì, nel cuore di Norcia, restituita ai fedeli, ai pellegrini e al mondo intero. Era il 30 ottobre 2016 quando la scossa più devastante del sisma del Centro Italia spazzò via uno dei luoghi più iconici della spiritualità europea. Della chiesa costruita sui resti della casa natale di San Benedetto e di Santa Scolastica restò in piedi solo la facciata.
Oggi, dopo un cantiere durato meno di quattro anni, quelle stesse pietre tornano a raccontare una storia di rinascita. Nel giorno della riapertura, il vescovo di Spoleto-Norcia, monsignor Renato Boccardo, ha affidato al ricordo e alla speranza il suo messaggio: “Benedetto ritrova la sua casa e continua a parlare a noi e al mondo. Ci insegna un modo altro, come lui lo ha interpretato, di costruire la società e di guardare al bene comune”.
Un messaggio che va oltre la ricostruzione materiale e che tocca la dimensione più profonda del vivere collettivo, in una comunità che ha saputo rialzarsi mattone dopo mattone, trasformando la tragedia in testimonianza di resilienza.

L’intervento, iniziato il 16 dicembre 2021, è stato un modello di restauro filologico e innovazione tecnologica. Ogni pietra è stata catalogata, recuperata e ricollocata con precisione, integrando le migliori soluzioni antisismiche oggi disponibili.
A garantire la rinascita del monumento è stato un investimento di circa 15 milioni di euro, finanziato dal Commissario per la Ricostruzione Sisma 2016, dalla Regione Umbria e da Eni S.p.A., con la supervisione del Ministero della Cultura e della Soprintendenza Speciale Sisma 2016.
“Nove anni fa c’erano le pietre sparse su tutta la piazza, insieme alla gente disorientata e spaventata. Oggi quelle stesse pietre sono rimesse una sull’altra e restituiscono la bellezza originaria a questo luogo”, ha ricordato monsignor Boccardo, sottolineando il valore simbolico della rinascita.
Il presule ha descritto il lungo percorso verso la ricostruzione come “un intreccio di speranza, di delusione, di speranza che ritorna e di fatica”. Ma soprattutto, come “il frutto di una grande collaborazione tra istituzioni pubbliche e soggetti privati”.
“È la prova che, lavorando insieme e lasciando da parte interessi personali e di gruppo, si riesce a costruire qualcosa che non soltanto è bello, ma che rimane”, ha aggiunto il vescovo. Una frase che oggi suona come un manifesto civile e spirituale per l’Italia che ricostruisce.

Per monsignor Boccardo la riapertura della Basilica non è un traguardo, ma un punto di partenza: “Se la Basilica di Norcia è stata ricostruita, c’è ancora molto da fare. Penso a chi, dopo nove anni, non ha ancora recuperato la propria casa o la propria attività”.
Il vescovo ha invitato le istituzioni a fare un salto di qualità nell’operatività, ricordando che la solidarietà non deve restare un’emozione, ma trasformarsi in azioni concrete e tempestive.
Ricordando l’alba del 30 ottobre 2016, quando “sembrava un altro mondo”, Boccardo ha esortato a leggere la lezione del sisma come un messaggio di vita: “Il terremoto ci insegna ad abitare la storia e a distinguere ciò che rimane da ciò che passa. Dobbiamo custodire ciò che non può essere minacciato né dal terremoto, né dal Covid, né dalle crisi economiche”.
Uno sguardo che si allarga all’Europa e al mondo: “San Benedetto è stato un uomo di pace, un messaggero di pace, come ricordò Paolo VI. Anche oggi parla a un’Europa che fatica a trovare un’anima e a un mondo attraversato dai conflitti. Ma la pace non nasce dagli accordi: nasce dal cambiamento del cuore. Non con i nazionalismi o l’individualismo si costruisce qualcosa: Benedetto ci insegna a metterci insieme e ad alzare lo sguardo”.
Nel giorno in cui la Basilica di San Benedetto torna a respirare l'afflato dei fedeli, Norcia ritrova la forza del suo simbolo più antico. Non è solo una chiesa che riapre: è un racconto collettivo di speranza e identità che riprende voce. E quella voce, ancora una volta, viene da Benedetto, l’uomo che insegnò all’Europa come costruire, e ricostruire, senza smarrire l’anima.