21 Nov, 2025 - 13:00

Moplefan, nuovo stop alla produzione e cassa integrazione: dal ministero tempo ma non garanzie

Moplefan, nuovo stop alla produzione e cassa integrazione: dal ministero tempo ma non garanzie
Alla Moplefan di Terni riparte la cassa integrazione. Lo stabilimento è fermo da mesi, non produce, non genera liquidità e le banche hanno detto no al finanziamento del piano industriale. Dopo l’incontro al Ministero del 19 novembre, sindacati e istituzioni hanno ottenuto altri 30 giorni di tempo. Ma nessuna certezza. E i lavoratori restano in bilico.

Moplefan, il ministero concede un altro mese: ma senza soldi non si riparte

“Non è più il tempo di falsi trionfalismi”. Lo dice con la voce rotta Claudio Cipolla, segretario generale della Cgil di Terni, dopo aver lasciato il tavolo al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Mercoledì 19 novembre, davanti ai rappresentanti di Invitalia, dell’azienda, delle istituzioni locali e dei sindacati, è emersa una verità scomoda: “Non si produce, non si genera liquidità, e gli impegni presi non sono stati rispettati”.
La Moplefan, cuore del polo chimico ternano, è ferma. E non solo: le banche hanno ufficialmente comunicato di non voler finanziare il progetto industriale che, da anni, viene promesso come il salvagente dello stabilimento. Un progetto che, nei fatti, non è mai partito. E che ora, privo di copertura finanziaria, rischia di crollare definitivamente.

Cassa integrazione riaperta, ma è un palliativo: “Serve un piano, non un cerotto”

Nelle ore successive all’incontro, le organizzazioni sindacali di categoria hanno già chiesto alla Moplefan di riaprire la cassa integrazione guadagni. Un gesto necessario, ma non sufficiente. “Serve un impegno concreto - spiega Cipollanon si può continuare a lasciare le persone in balia degli ammortizzatori sociali, mentre lo stabilimento si svuota e il territorio perde pezzi fondamentali della sua economia”.

La Moplefan non è un’azienda qualsiasi. È l’anello centrale del polo chimico di Terni, un comparto che fa da traino a una filiera di lavoro e know-how che rischia di dissolversi. “Senza Moplefan - avverte la Cgil - tutto il sistema subisce un contraccolpo. E non è più tollerabile assistere a un progressivo smantellamento del manifatturiero locale, mentre si celebrano proclami su fantomatiche opportunità di sviluppo”.

Il ministero prova a giocare la carta Invitalia: ma il tempo stringe

L’unica via d’uscita emersa dal tavolo è una nuova convocazione entro un mese, con Invitalia che potrebbe valutare un intervento a sostegno del piano industriale. Ma nessuno ha promesso risorse, né tempi certi. E intanto, lo stabilimento resta fermo, i fornitori non vengono pagati, i lavoratori non sanno se torneranno mai a produrre.
“Auspichiamo che questo mese sia proficuo - conclude Cipolla - ma servono fatti, non parole. Perché mentre si parla di futuro, il presente si spegne”.

La cronaca di una crisi annunciata: da stabilimento modello a simbolo della deindustrializzazione

La Moplefan è stata fondata negli anni ’60 come polo chimico di eccellenza, specializzata nella produzione di polimeri e resine per l’industria automobilistica e elettronica. Negli anni Duemila, impiegava oltre 400 dipendenti e generava un fatturato superiore ai 200 milioni di euro. Ma dal 2015, una serie di passaggi proprietari, crisi di mercato e mancati investimenti hanno trasformato lo stabilimento in un cantiere aperto di crisi.
Nel 2018, la cordata guidata dal fondo Charme aveva promesso un piano di rilancio da 50 milioni, con nuove linee produttive e riassunzioni. Ma nessuna promessa è stata mantenuta. Nel 2021, la Moplefan è entrata in amministrazione straordinaria, e nel 2022 è stata acquistata da una newco, Moplefan Holding, senza però alcun piano industriale credibile.
Oggi, lo stabilimento è fermo da oltre un anno, i dipendenti sono scesi a 180, la produzione è zero e i debiti verso i fornitori superano i 30 milioni. Le banche, come confermato al ministero, non hanno intenzione di aprire nuovi crediti. E Invitalia, al momento, non ha ancora aperto un dossier formale.
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Federico Zacaglioni
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