Il 30 settembre segnerà quattro mesi di cassa integrazione straordinaria per i lavoratori di Nuova Moplefan, lo stabilimento chimico di Terni nato dall’ex Treofan. L’ammortizzatore sociale, attivato dall’inizio di giugno fino al 30 settembre, non è stato finora prorogato e non sono arrivate comunicazioni ufficiali sulla possibile riapertura degli impianti in autunno. La mancanza di notizie concrete sulla ripresa produttiva alimenta forte preoccupazione tra gli operai, che temono seriamente per il loro futuro occupazionale.
L’azienda, controllata dalla polacca Visopack, aveva annunciato di voler rilanciare il sito ternano con produzioni di film in polipropilene dopo la chiusura del precedente proprietario Jindal.
In realtà gli impianti sono rimasti a lungo inattivi. Già a giugno 2025 era partita la cassa integrazione: in quella fase vennero coinvolti circa 80 dipendenti su 96 (ossia quasi tutta la forza lavoro). Secondo Umbria24, la misura fu applicata "per un mese" come segno di allarme più che come semplice pausa produttiva. In fabbrica erano rimasti attivi solo una ventina di tecnici e manutentori (anche inviati dalla casa madre), mentre le linee erano ferme dall’inizio di marzo.
La causa principale di questo stop prolungato è la mancanza di risorse finanziarie. I vertici di Moplefan si sono infatti presentati agli istituti di credito con un piano di rilancio in attesa di garanzie dallo Stato (SACE) e dal ministero, ma il percorso burocratico si è rivelato lungo.
L’assenza di liquidità ha impedito anche l’acquisto regolare di materie prime e il rinnovo di commesse. Come riportato da Umbria24, il management aveva inviato a fine maggio alcune campionature ai potenziali clienti, ma "il tempo che servirà al gruppo assicurativo-finanziario controllato dal MEF [SACE] per studiare i dossier" potrebbe diventare un serio fattore di rischio per il piano industriale. Tanto che i giornali locali parlano di garanzie "claudicanti" e avvisaglie di crisi alle stelle, auspicando un intervento urgente di mediazione per salvare lo stabilimento.
Per sostenere il rilancio, le istituzioni regionali e nazionali erano intervenute nei mesi scorsi. Il 25 luglio 2025 l’assessore comunale allo Sviluppo economico Sergio Cardinali annunciò di aver ottenuto le garanzie del ministero e di SACE, indispensabili per sbloccare il credito bancario necessario a ripartire. In quell’occasione Cardinali dichiarò che sarebbero stati "garantiti gli stipendi ai lavoratori non in cassa integrazione" e che la produzione sarebbe tornata a regime "a partire dall’autunno".
Allineato, il comunicato ufficiale del Comune di Terni precisava che tali garanzie avrebbero assicurato il pagamento regolare dei salari a chi non è in CIG, in attesa della "definitiva ripartenza autunnale" che dovrebbe far tornare al lavoro tutti i dipendenti della Moplefan.
Queste promesse alimentavano aspettative di un rapido rilancio: come sottolineò il Comune, la certificazione KPMG del progetto aveva convinto SACE a impegnarsi con le banche, e alcuni istituti si erano dichiarati pronti a erogare nuova liquidità.
Tuttavia, alla data odierna il fondo di garanzia non è ancora stato erogato e la maggior parte degli impianti resta ferma. Di conseguenza l’ammortizzatore sociale introdotto a giugno sta per esaurirsi senza una chiara strada per il suo rinnovo.
Le conseguenze sociali di questa situazione sono evidenti: decine di famiglie rischiano di ritrovarsi senza stipendio né prospettiva a breve termine. I sindacati locali, che da anni seguono la vertenza Treofan-Moplefan, lanciano l’allarme. Il segretario della Filctem Cgil di Terni, Stefano Ribelli, ricorda che i lavoratori "sono in cassa integrazione straordinaria da tre anni" a rotazione, e chiede un confronto urgente per capire "come ripartiranno questi impianti, [su] di piano industriale".
Pur senza entrare nel merito di un possibile innalzamento degli ammortizzatori, Ribelli sottolinea che già "rispetto alle prospettive fumose di qualche tempo fa, abbiamo messo un tassello fondamentale per il rilancio del polo chimico". Dalla vertenza Treofan, il suo sindacato ha accumulato fiducia nel futuro, ma anche l’amarezza di vedere un altro passo indietro.
I lavoratori, d’altro canto, manifestano stanchezza e frustrazione. Come osserva Umbria24, "le maestranze sono piuttosto stanche. Da troppi anni sul sito di piazzale Donegani filtrano fin troppo pochi spiragli di luce". L’interruzione del lavoro prolungata e la possibile fine degli ammortizzatori lasciano dunque incertezze profonde: se non dovessero arrivare rapidi finanziamenti e nuovi ordini, per molti dipendenti potrebbe profilarsi la perdita del posto di lavoro.
Per comprendere la delicatezza della situazione occorre ricordare la storia recente dello stabilimento. Treofan di Terniera stato chiuso da Jindal Films nel 2021, dopo una lunga vertenza durata anni. Nel settembre 2023 si era finalmente giunti a un accordo: i polacchi di Visopack acquistavano l’impianto cedendolo a una nuova società chiamata Moplefan.
Alla conferenza di presentazione, il CEO Michael Yanovski aveva promesso di "dare nuova vita a questo impianto" e di "reimpiegare tutti i lavoratori" dello storico polo ternano. In quell’occasione governo, Regione e sindacati accolsero con favore l’iniziativa, auspicando una solida reindustrializzazione.
Il piano industriale prevedeva inizialmente una prima linea produttiva riavviata con circa 90 addetti (tutti gli ex-operatori Treofan) e nel tempo fino a 150 dipendenti totali. Anche Regione e governo definirono l’accordo come una svolta positiva per l’economia locale. Tuttavia, sin dai primi mesi l’attività si è dimostrata intermittente e, dopo un breve picco produttivo nel tardo 2024, sono riaffiorate le criticità finanziarie.
Oggi, con il termine della cassa integrazione alle porte, rimangono aperte tutte le domande: quali saranno i prossimi passi per Moplefan? Il management riuscirà finalmente ad avviare le linee produttive con le risorse promesse? E soprattutto, come garantirà il lavoro a chi rischia di trovarsi senza salario? Per ora, sindacati e lavoratori chiedono una svolta immediata. Qualche risposta dovrà arrivare presto, se si vuole scongiurare la definitiva “naufragio” di un progetto nato sulle ceneri di un altro.