A diciotto anni dall’omicidio di Meredith Kercher, il nome della studentessa inglese torna a scuotere la memoria di Perugia e a riaprire riflessioni mai davvero sopite. Dopo l’intervista concessa a La Stampa dall’ex magistrato Giuliano Mignini, che ha parlato di “una fonte che gli avrebbe fatto il nome di un individuo mai preso in considerazione prima d’ora”, il caso è tornato al centro del dibattito pubblico.
Una dichiarazione che ha spinto l’avvocato Francesco Maresca, legale della famiglia Kercher, a prendere nuovamente posizione, chiedendo chiarezza e trasparenza sulle nuove ipotesi circolate. “A distanza di tanto tempo, ancora una volta, si parla di nuove ipotesi e di altre persone coinvolte, e di questo la famiglia chiede contezza”, ha dichiarato all’ANSA Maresca, con toni che uniscono prudenza e amarezza.
Nelle sue parole si percepisce la fatica di chi ha attraversato anni di processi, sentenze e contraddizioni senza mai raggiungere una pace piena. Maresca non si limita a commentare: mette in discussione il senso stesso di un percorso giudiziario che, a suo dire, non ha saputo rispondere a tutti gli interrogativi. “Personalmente ritengo che il percorso giudiziario italiano si sia concluso con tutte le lacune e gli interrogativi che ha lasciato dietro di sé”, ha aggiunto, ricordando un libro scritto anni fa e dal titolo eloquente: “Processo Meredith: giustizia perfetta?”
“Mai come ora quel titolo è emblematico delle carenze di indagine e del fallace giudizio finale, dove la giustizia italiana non è stata perfetta”, ha proseguito il legale, sottolineando come la vicenda Kercher continui a rappresentare un banco di prova per l’intero sistema giudiziario.
Secondo fonti giudiziarie, la Procura di Perugia non ha tuttavia aperto – né aprirà – un nuovo fascicolo sull’omicidio. Le affermazioni di Mignini restano dunque sul piano delle considerazioni personali, senza ricadute procedurali immediate. Ma la loro eco, inevitabilmente, riporta il caso all’attenzione dell’opinione pubblica.
Accanto alle questioni giuridiche, Maresca ha voluto restituire un senso umano alla vicenda, riportando l’attenzione su Meredith, sulla sua vita interrotta e sulla memoria che la famiglia continua a custodire. “Ricordiamo ancora una volta a distanza di tanti anni il sorriso di Meredith e la sua felicità nell’arrivare in un Paese dove avrebbe dovuto conoscere la storia, l’arte e la bellezza e invece ha incontrato la morte”, ha detto l’avvocato.
Parole che, più di qualunque commento tecnico, restituiscono la misura di una ferita ancora aperta. Dietro i faldoni processuali c’è una famiglia che non ha mai smesso di chiedere giustizia, e una città, Perugia, che conserva nella memoria collettiva la traccia di uno dei casi più controversi della sua storia recente.
Il delitto di Meredith Kercher, avvenuto nel novembre 2007, si concluse con la condanna definitiva di Rudy Guede e con l’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito. Un epilogo giudiziario netto, ma mai del tutto convincente per l’opinione pubblica, che ancora oggi si interroga sulle indagini e sulle conclusioni di una vicenda giudiziaria lunga e complessa.
Diciotto anni dopo, l’omicidio di Meredith Kercher continua a essere un caso simbolo: un intreccio di dolore, incertezza e riflessione civile. Le nuove dichiarazioni di Mignini, le parole di Maresca e la reazione composta della famiglia riportano al centro un nodo irrisolto: quello tra giustizia formale e verità morale.
Perché, anche se i tribunali hanno chiuso il fascicolo, il dibattito resta aperto nella coscienza pubblica. E il nome di Meredith continua a evocare la domanda più difficile: quanto può dirsi completa una giustizia che non riesce a sanare il dolore di chi resta?
Diciotto anni dopo, quella risposta non è ancora arrivata.