Premio Nobel per la Fisica nel 1968 e insignito nel 1986 dell’Enrico Fermi Award, Luis Walter Alvarez è stato uno degli scienziati più versatili e controversi del secolo scorso.
Fisico sperimentale di straordinaria inventiva, partecipò a quasi tutte le grandi frontiere della scienza del Novecento: dalla fisica nucleare al radar, dalla fisica delle particelle alla geologia planetaria.

Nato a San Francisco nel 1911, Alvarez si laureò e ottenne il dottorato all’Università di Chicago, per poi entrare a far parte del Radiation Laboratory di Berkeley. Durante la Seconda guerra mondiale contribuì allo sviluppo dei sistemi radar, partecipò al Progetto Manhattan e fu osservatore scientifico al bombardamento di Hiroshima.
Quell’esperienza, che segnò la sua visione etica della scienza, lo accompagnò per tutta la vita.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, Alvarez si affermò come uno dei protagonisti della fisica delle particelle.
Fu tra i primi a usare la camera a bolle di idrogeno, con cui rivelò numerosi stati di risonanza delle particelle subatomiche, scoperte che gli valsero il Premio Nobel per la Fisica nel 1968.
Ma la sua curiosità non conobbe confini: elaborò un metodo radiografico basato sui raggi muonici cosmici per cercare camere segrete nella Piramide di Chefren, teorizzò una ricostruzione balistica dell’assassinio di John F. Kennedy e partecipò, come testimone del governo, alla drammatica udienza che pose fine alla carriera pubblica del suo amico J. Robert Oppenheimer.

«Alvarez era una figura combattiva e ambiziosa, temuta dai colleghi e dai suoi studenti», scrive il giornalista Gianluca Sannipoli su Media Video News Gubbio.
«Per i suoi ammiratori, era il fisico sperimentale più affermato e versatile della sua generazione.»
Negli anni Settanta, il legame fra Alvarez e l’Italia nacque grazie al figlio Walter Alvarez, geologo anch’egli a Berkeley.
Fu proprio accompagnando Walter nelle sue ricerche in Umbria che il Premio Nobel entrò in contatto con la Gola del Bottaccione, alle porte di Gubbio, dove affiora una sezione geologica perfettamente conservata del passaggio fra Cretaceo e Terziario (oggi chiamato limite K/T).
Lì, padre e figlio analizzarono un sottile strato di argilla grigiastra contenente una quantità di iridio trenta volte superiore al normale.
L’ipotesi che ne nacque — pubblicata nel 1980 su Science — rivoluzionò la geologia e la paleontologia: la concentrazione anomala di iridio, elemento raro sulla Terra ma comune nelle meteoriti, avrebbe indicato un impatto asteroidale catastrofico avvenuto circa 66 milioni di anni fa, responsabile dell’estinzione di massa dei dinosauri e di gran parte delle specie viventi.
«Il nome di Luis Alvarez e quello del figlio Walter sono legati indissolubilmente a Gubbio e alla Gola del Bottaccione», ricorda Sannipoli, «luogo che li ha portati a elaborare, sul finire degli anni Settanta, la famosa teoria sulla scomparsa dei dinosauri.»
Quella scoperta — inizialmente accolta con scetticismo — aprì una nuova era nella scienza della Terra.
Per la prima volta, un fisico nucleare e un geologo lavorarono fianco a fianco per ricostruire la storia geologica del pianeta, fondando una disciplina ibrida che univa cosmologia, geofisica e paleontologia.

Negli anni seguenti, Luis Alvarez tornò più volte a Gubbio per seguire i progressi delle analisi.
La Gola del Bottaccione divenne un laboratorio naturale visitato da scienziati di tutto il mondo, e ancora oggi il suo nome è citato in ogni manuale di geologia planetaria.
La sua vita straordinaria — che abbraccia il secolo delle guerre, dell’energia atomica e delle grandi scoperte — è raccontata nel volume “Collisions: A Physicist’s Journey from Hiroshima to the Death of the Dinosaurs”, pubblicato negli Stati Uniti dal biografo Alec Nevala-Lee.
Un titolo emblematico: Collisioni, perché tutta la carriera di Alvarez è stata un susseguirsi di urti fra mondi, la scienza e la politica, la guerra e la conoscenza, la Terra e il cosmo.
«Dalla camera a bolle all’asteroide di Gubbio, dalla bomba di Hiroshima alla Piramide di Chefren», scrive Nevala-Lee, «Luis Alvarez attraversò la storia del Novecento come un uomo che voleva guardare dentro la materia e dentro se stesso.»
Oggi la Gola del Bottaccione è riconosciuta come sito geologico di importanza mondiale, e il nome di Alvarez è inciso nella memoria scientifica della città.
Nella collaborazione con il figlio Walter, Gubbio non fu solo un luogo di studio, ma il punto in cui la fisica si fece storia della vita e dell’universo.

Alvarez morì nel 1988 a Berkeley, lasciando un’eredità scientifica sterminata e un legame indissolubile con un piccolo canyon umbro, dove una sottile linea di iridio continua a raccontare il giorno in cui il mondo cambiò per sempre.
Fonti: Gianluca Sannipoli, Media Video News Gubbio; NobelPrize.org; The Guardian (2024); Alec Nevala-Lee, Collisions: A Physicist’s Journey from Hiroshima to the Death of the Dinosaurs, Harper Collins 2023.