25 Dec, 2025 - 14:30

Luigi Girlanda e il Bambino Gesù: profezia, storia e scelta di fede. L’analisi che scuote le coscienze

Luigi Girlanda e il Bambino Gesù: profezia, storia e scelta di fede. L’analisi che scuote le coscienze

Secondo il teologo eugubino Luigi Girlanda, la nascita di Cristo non è un episodio isolato, ma la risposta a secoli di attesa biblica. Dall’alleanza con Abramo alla promessa a Davide, passando per Mosè fino alle parole ardenti dei profeti, soprattutto Isaia e Daniele, tutto converge verso quel Bambino: “Secoli di attesa si concentrano in questo Bambino”, sottolinea l’analisi.

Isaia invoca un Dio che squarci i cieli e scenda, profetizza una vergine che concepisce e un bambino con titoli divini. Daniele annuncia perfino il tempo esatto della venuta del Messia, chiamandolo “Figlio dell’uomo”. Profezie che sembravano impossibili da conciliare in un’unica persona, ma che – evidenzia Girlanda – trovano compimento pieno in Gesù: nato dalla stirpe di Davide, a Betlemme come annunciato, re glorioso ma anche servo sofferente, crocifisso e risorto.

Un identikit umano e divino, storicamente situato, che porta il lettore a una domanda inevitabile: se le profezie coincidono, se la storia conferma, se gli eventi sono verificabili, chi è davvero quel Bambino?

Il mistero dell’Incarnazione: Dio che si fa carne

Girlanda richiama con forza il cuore della fede cristiana: l’Incarnazione. Non una metafora, non un mito, non un racconto edificante.

“Quel Bambino che piange nella mangiatoia è Dio”, afferma con vigore l’autore, ribadendo l’insegnamento della tradizione e dei Concili: Gesù è vero Dio e vero uomo, uniti in una sola Persona.

L’Incarnazione, si sottolinea, ha una ragione precisa: la salvezza dell’uomo. Solo qualcuno che fosse contemporaneamente Dio e uomo poteva riparare la frattura infinita del peccato e restituire all’umanità la possibilità della vita eterna. Un Dio che non rimane distante, ma entra nella storia, assume la nostra fragilità, sceglie la via umile di una mangiatoia per conquistare i cuori.

Cristo, segno di contraddizione

Ma quel Bambino non è venuto a creare unanimità. È segno di contraddizione, “pietra di inciampo”, come profetizzato da Simeone nel Tempio.

“Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti”, ricorda Girlanda. Davanti a Cristo non esiste neutralità: occorre scegliere. Da qui la durezza evangelica che l’autore non nasconde: Cristo divide tra chi accoglie e chi rifiuta, tra chi crede e chi rigetta. Subito dopo Natale, non a caso, la Chiesa celebra Santo Stefano, primo martire: segno che la fede non è romanticismo, ma anche testimonianza e sacrificio.

Questa divisione attraversa la storia e arriva fino ai nostri giorni.

L’Occidente che rinnega le sue radici

Girlanda offre anche una lettura critica della modernità. La civiltà occidentale – nata da Cristo – oggi tenta di vivere senza di Lui. Elimina Dio dal diritto, dalla cultura, dalla morale, e finisce per dissolversi.

“Le nostre sedicenti democrazie senza Dio diventano tirannidi… la libertà senza Legge diventa schiavitù”, evidenzia l’analisi.

Una riflessione che suona come monito: come Israele non riconobbe il Messia, così oggi l’Occidente sembra rifiutare il Cristo che l’ha generato.

Una fede ragionevole, non cieca

Uno degli aspetti più significativi del testo è la difesa della ragionevolezza della fede cristiana. L’Incarnazione non è affidata al mito o alla fantasia, ma poggia su documenti storici, testimonianze verificabili, riscontri archeologici e scritturistici.

“Dio si è degnato di lasciarci delle prove”, sottolinea Girlanda, opponendosi all’idea di una fede irrazionale o puramente emotiva. Non salti nel vuoto, ma una ragione illuminata che riconosce la credibilità dei fatti.

È la fede come atto libero e consapevole, fondato su verità storica, non su suggestioni.

Una domanda che chiama alla scelta

L’analisi si chiude con una forte chiamata personale. Quel Bambino non è solo un ricordo natalizio: è presenza viva che ancora interroga.

“Quel Bambino nella mangiatoia ci aspetta ancora… con la stessa domanda: Voi chi dite che io sia?”

La risposta, afferma Girlanda, decide la nostra vita e la nostra eternità. Cristo rimane l’unica porta, l’unica via, l’unica salvezza. Non per imposizione, ma come offerta d’amore.

Il cuore del messaggio

L’articolo di Luigi Girlanda è, in definitiva, una meditazione potente, radicata nella Scrittura e nella tradizione, capace però di parlare con lucidità al presente. Un invito a tornare al centro del Natale, a riconoscere che quel Bambino non rappresenta poesia religiosa, ma una sfida reale, una proposta di verità e salvezza.

Un percorso che chiede coraggio, ragione, fede. E una decisione. Perché, come sottolinea l’autore, “non c’è felicità più autentica che stare con quel Bambino”.

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Mario Farneti
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