03 Jun, 2025 - 12:05

La purezza che insegna: i Ceri Piccoli e la lezione del chiostro condiviso

La purezza che insegna: i Ceri Piccoli e la lezione del chiostro condiviso

La Festa dei Ceri Piccoli, celebrata quest’anno il 2 giugno 2025, ha rivelato ancora una volta la sua forza genuina, fatta di entusiasmo infantile, passione sincera e un’energia che contagia. Fin dalle prime ore della mattina, con l’Alzata in piazza Grande, fino alla corsa pomeridiana sul monte Ingino, si è respirata un’atmosfera densa di emozione, ma anche di un messaggio forte e, per certi versi, rivoluzionario nella sua semplicità.

I piccoli ceraioli, guidati da un gruppo di giovani e capaci protagonisti – il Primo Capitano Daniele Castellani, il Secondo Capitano Alessandro Gaggiotti, l’alfiere Beatrice Lanuti e il trombettiere Emanuele Fiordelli, insieme ai Capodieci Lorenzo Lazzeri per Sant’Ubaldo, Edoardo Silvestrelli per San Giorgio e Giacomo Gaggioli per Sant’Antonio – hanno regalato a Gubbio una giornata che è stata molto più di una rievocazione.

“Questa giornata è mossa dall’entusiasmo, la gioia e il desiderio di volerla vivere bene con gli amici e le persone che ci vogliono bene”, ha detto don Mirko Orsini, cappellano dei Ceri, durante l’omelia nella chiesa di San Francesco della Pace. “Con più spensieratezza siete chiamati a rendere omaggio a Sant’Ubaldo senza i pensieri e le dietrologie degli adulti”. Parole che si sono trasformate in realtà nel gesto collettivo che ha sigillato la corsa: l’ingresso condiviso e festoso dei tre Ceri nel chiostro della Basilica di Sant’Ubaldo.

L’arrivo insieme: un gesto che vale più di mille discorsi

Nel momento più simbolico della corsa, i piccoli ceraioli hanno fatto ciò che molti adulti non fanno: sono entrati insieme nel chiostro, lasciando da parte rivalità e chiusure. Non c’è stato alcun portone sbattuto in faccia a San Giorgio o a Sant’Antonio. Nessun tentativo di rivendicare un primato assoluto. Solo una festa vissuta col cuore aperto.

Questo gesto contrasta apertamente con quanto avviene nei Ceri Grandi e nei Mezzani, dove ormai da anni – e spesso con tensioni e polemiche – il Cero di Sant’Ubaldo chiude il portone della Basilica dietro di sé, lasciando fuori gli altri due. Un rito che ha assunto nel tempo tratti di separazione simbolica, e che non tutti condividono.

Nel caso dei Ceri Piccoli, invece, l’atto finale della corsa si trasforma in una lezione collettiva: “Così dovrebbe essere sempre”, si sente dire tra i presenti. “Una corsa non per dividere, ma per ritrovarsi”.

La teoria del “primo ariete” e la memoria storica

Esistono, tuttavia, ipotesi storiche che cercano di giustificare – o almeno spiegare – il gesto della chiusura. Alcuni studiosi della Festa dei Ceri, infatti, adombrano l’idea che i Ceri siano stati in origine arieti militari, bottini di guerra presi agli avversari in occasione della vittoriosa sortita degli eugubini contro le undici città a castelli confederati al tempo di Sant'Ubaldo.

Secondo questa teoria, il primo ariete che sfondava le porte di una città dava diritto ai suoi uomini di saccheggiarla per primi, sbarrando l’ingresso agli altri. Sarebbe dunque questa la radice storica del gesto dei santubaldari, che chiudendo il portone della Basilica si rifanno a un diritto arcaico di precedenza e di possesso simbolico.

Tuttavia, questa lettura – per quanto affascinante – lascia irrisolto il problema della contemporaneità: quale senso ha, oggi, rievocare un gesto di esclusione e appropriazione in una festa che dovrebbe unire e non separare?

L’autenticità dei piccoli: specchio della festa vera

I Ceri Piccoli appaiono allora come uno specchio più pulito e fedele dello spirito originario della Festa dei Ceri. Una festa che, nelle mani dei bambini, si spoglia delle sovrastrutture, delle dietrologie, delle rivalità esasperate e si offre nella sua forma più pura: quella del gioco rituale, del legame comunitario, della partecipazione emotiva.

Certamente non sono mancati momenti critici. Fin dal mattino, infatti, in piazza Grande si è assistito a tensioni e invadenze da parte di alcuni adulti che non hanno saputo tenere a freno l’irruenza. Ma la corsa vera, quella del pomeriggio, è stata appassionante e frenetica, passando per la variante delle Logge dei Tiratori a causa del cantiere che ostruiva la via tradizionale.

E nella tiratissima salita verso la Basilica, tra pendute, cadute, grida e incoraggiamenti, i piccoli ceraioli hanno dimostrato una resistenza e una gioia contagiose, culminate nell’abbraccio finale dentro il chiostro, dove tutto si è ricomposto.

Una lezione da ascoltare

Il significato di ciò che è avvenuto il 2 giugno va oltre l’aneddoto o la cronaca. È un messaggio rivolto agli adulti, ai ceraioli di oggi e di domani, ma anche agli organizzatori, ai responsabili, ai custodi della tradizione.

“I bambini hanno corso meglio degli adulti”, si è sentito dire da più parti. “Hanno corso con il cuore, senza prepotenza, senza esibizionismo. E soprattutto, hanno capito una cosa che spesso sfugge agli adulti: che la vera festa è quella che si conclude insieme.

Non è un caso che, tra i momenti più apprezzati del giorno, ci sia stato proprio l’ingresso corale nel chiostro. Un’azione simbolica e potente, capace di smontare intere impalcature retoriche sulla rivalità, sulla “superiorità” di un cero sugli altri, sulla necessità di affermarsi chiudendo una porta.

Anche il dolore fa parte della crescita

Non va dimenticato che, come ogni vera esperienza, anche la Festa dei Ceri Piccoli comporta fatiche, inciampi, ferite. Sono stati 16 gli interventi sanitari registrati durante la giornata, con un ragazzino trasportato al pronto soccorso dell’ospedale di Branca per una ferita alla mano. Ma anche questo fa parte del rito: come nella vita, si cade e si riparte.

E nonostante tutto, l’energia che i piccoli hanno sprigionato ha avuto il potere di illuminare la città, di renderla più vicina a se stessa, di ricondurla a quell’identità collettiva che spesso, nelle tensioni tra le componenti adulte, si perde.

Il futuro ha corso oggi

La Festa dei Ceri Piccoli è dunque molto più di un momento di passaggio o di formazione per i ceraioli del domani; diremmo quasi di iniziazione. È una festa vera, capace di parlare a tutti. Capace, soprattutto, di correggere dolcemente gli errori degli adulti.

Mentre le polemiche sui Ceri Grandi e Mezzani si rincorrono ogni anno, mentre si discute su chi entra e chi resta fuori, i bambini hanno già risposto con un gesto tanto semplice quanto rivoluzionario: tenersi per mano, correre insieme, entrare insieme.

È forse questa, oggi, la lezione più autentica e necessaria della Festa dei Ceri. E viene proprio da chi, per statura e per età, sembra il più piccolo. Ma che, nello spirito, è spesso il più grande.

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Mario Farneti
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