Ogni anno, il venerdì precedente il Venerdì Santo, le antiche vie di Cantiano si riempiono di voci che cantano il Miserere. Una tradizione che si rinnova da ben 33 anni, grazie all’incontro profondo tra due comunità unite da secoli di storia, fede e cultura: Gubbio e Cantiano. Sebbene quest’ultima si trovi in provincia di Pesaro e Urbino, appartiene alla Diocesi di Gubbio e ha radici medievali condivise con la città umbra, radici che si sono rafforzate nel tempo anche attraverso gesti semplici ma carichi di significato, come il canto del Miserere.
A gettare il seme di questa tradizione fu Monsignor Fausto Panfili, che ha guidato la parrocchia di Cantiano per ben 42 anni, iniziando come viceparroco a soli 26 anni. Fu lui, con visione e sensibilità, ad avere l’idea di chiamare il Coro del Miserere di Gubbio, diretto dal professore Franco Salciarini, per portare il canto sacro tra le strade del borgo marchigiano.
Era un’epoca in cui le tradizioni sembravano sul punto di dissolversi, travolte dalla modernità. Ma Panfili, con determinazione e amore per le radici, volle rinsaldare il legame spirituale e culturale tra le due comunità, restituendo alla cittadina la sacralità e l’intensità della Settimana Santa.
Il cuore della tradizione è la Processione del Cristo Crocifisso, che ogni anno viene portato a spalla fino in cima alla Chiesa di Sant’Ubaldo, da dove si domina tutto il paese. Un luogo simbolico, che rappresenta la cima della sofferenza e della redenzione, nonché il punto culminante della Turba, la celebre rappresentazione sacra della Passione di Cristo, interpetata da decine di cantianesi, che ha reso Cantiano famosa ben oltre i confini regionali.
Il canto del Miserere si intreccia con i passi lenti e cadenzati della processione, in un silenzio rotto solo dal suono profondo delle voci maschili, che evocano il dolore, la penitenza, la speranza. Una tradizione che unisce le generazioni, i paesi, le anime.
Quest’anno, a causa dei lavori di riqualificazione del centro storico colpito dall’alluvione del 2022, la Processione del Cristo Crocifisso non ha potuto svolgersi nella sua forma tradizionale. La Chiesa di San Nicolò, punto di partenza della processione, è infatti ancora inagibile.
Ma la fede e il canto non si sono fermati. Eugubini e cantianesi si sono ritrovati alla Chiesa della Collegiata, da dove il Coro del Miserere ha intonato le antiche armonie per le vie storiche del paese, in un percorso suggestivo tra i vicoli del centro vecchio, che si è concluso comunque alla Chiesa di Sant’Ubaldo, custode della spiritualità cantianese.
Ancora oggi, a distanza di oltre trent’anni, molti componenti del Coro del Miserere di Gubbio ricordano perfettamente quelle prime trasferte a Cantiano. Tra loro, in particolare, il professor Franco Salciarini, che con passione e dedizione ha diretto il coro per decenni, e altri cantori storici che hanno vissuto in prima persona la nascita di questo ponte spirituale tra le due comunità.
“Sembrava un’idea folle all’inizio – racconta uno di loro – ma poi ci siamo resi conto che stavamo risvegliando qualcosa che era già dentro la gente di Cantiano: un bisogno di spiritualità condivisa, un amore per la tradizione che aspettava solo di essere riacceso.”
Durante il tragitto verso Sant’Ubaldo, il Coro del Miserere ha fatto tappa all’edicola votiva di Borgo San Marco, simbolo di tenacia e devozione. Quest’edicola, distrutta da una piena del torrente Burano nel 1617, venne ricostruita subito dopo dai cantianesi, segno della loro volontà di custodire i luoghi sacri nonostante le avversità.
Ogni angolo del tragitto, ogni pietra e finestra raccontano storie di generazioni che hanno vissuto la fede non come imposizione, ma come parte essenziale dell’esistenza. E il Miserere ne è il canto: un’invocazione antica che continua a vivere nella voce del popolo.
Alla celebrazione erano presenti anche don Marco Cardoni, che ha fatto gli onori di casa, e Maurizio Tanfulli, presidente dell’Associazione culturale La Turba, organizzatrice della celebre rappresentazione sacra cantianese. Con loro anche Mario e Claudio Corsi, figli di Giulio Cesare Corsi, il primo a disegnare le scenografie della Turba nel 1938, in vista della prima edizione ufficiale del 1939/1940.
Quest’anno, tra l’altro, ricorrono i 100 anni dalle prime fotografie in bianco e nero della Turba, un’occasione per riscoprire l’origine e l’evoluzione di una delle più intense e partecipate manifestazioni popolari della Passione in Italia.
Il cammino della fede cantianese prosegue anche sabato 12 aprile, con l’antica Processione per le vie del paese, che vedrà la partecipazione di personaggi in costume dell’Antico Testamento e di cinque Confraternite, tra cui quelle di Gubbio, Cagli e Pergola.
Un evento che, pur nella sua semplicità, testimonia la forza della devozione popolare e la capacità delle comunità di conservare e rinnovare i riti del passato, adattandoli alle necessità del presente, senza tradirne lo spirito originario.
Il Miserere a Cantiano non è solo un canto liturgico: è un legame vivo tra due territori, tra due storie, tra due popoli che condividono la stessa radice di fede e cultura. In un’epoca in cui la tradizione rischia di diventare folklore, la forza di questa celebrazione sta nella sua autenticità, nella sua capacità di parlare al cuore e non solo alla memoria.
Cantiano e Gubbio, unite da secoli di storia ecclesiastica e civile, trovano nel Miserere una lingua comune, una musica che attraversa il tempo e le generazioni. Il canto, i passi, le voci: tutto si fonde in un’esperienza collettiva che rinnova ogni anno l’identità e la speranza.
E finché ci sarà chi cammina verso Sant’Ubaldo, finché ci sarà chi intona le parole del Miserere tra le vie antiche, questa tradizione continuerà a vivere. Non come un ricordo del passato, ma come un respiro presente, che tiene unita la comunità anche nei momenti più difficili.