18 Apr, 2025 - 12:30

Il Crocefisso negato: a Gubbio la croce divide, mentre altrove unisce

Il Crocefisso negato: a Gubbio la croce divide, mentre altrove unisce

La disputa sul crocefisso in Aula Consiliare ha acceso una polemica che va ben oltre la collocazione di un simbolo religioso: mette a nudo l’ambiguità, le contraddizioni e le ipocrisie di una classe politica locale prigioniera del proprio cortile. Un cortile sempre più angusto, incapace di guardare al mondo e – soprattutto – alle contraddizioni dei propri alleati ideologici e territoriali.

Tutto parte dal respingimento dell’ordine del giorno proposto da Luigi Girlanda, consigliere comunale di opposizione, per l’installazione del Crocefisso nella Sala del Consiglio Comunale di Palazzo Pretorio. Un gesto simbolico, secondo i promotori, ma per la maggioranza eugubina motivo sufficiente per sollevare lo scudo del “laicismo militante”, affermando che lo Stato – e quindi il Comune – debba restare laico e neutrale.

“La laicità dello Stato non significa rinnegare le radici culturali”

La proposta di Girlanda è stata bocciata con il voto contrario della maggioranza, un insieme variegato di liste civiche, centrosinistra e sinistra che, in questa occasione, ha trovato unità attorno a un rigido principio di neutralità ideologica.

È paradossale – commenta Girlanda – che in una città dove si celebrano con grande enfasi le tradizioni religiose come i Ceri, si tema un crocifisso in Aula. La laicità dello Stato non significa rinnegare le nostre radici culturali, né ignorare ciò che rappresenta per la nostra comunità.”

E mentre a Gubbio si discute e si respinge, altrove si benedice. Letteralmente.

La Regione Umbria benedice, Gubbio rifiuta

La Regione Umbria, attualmente governata da una giunta di centrosinistra, ha organizzato nei giorni scorsi due cerimonie religiose in piena sede istituzionale, a Palazzo Donini e al Broletto, con la presenza della presidente Stefania Proietti e dei rappresentanti delle diocesi locali.

Lunedì 14 aprile, come documentato sui social, si è svolta la benedizione pasquale per i dipendenti della Regione: “Alla presenza della presidente della Regione Stefania Proietti, a Palazzo Donini l’arcivescovo di Perugia e Città della Pieve Ivan Maffeis e nel pomeriggio a palazzo Broletto don Francesco Medori, nel corso di due brevi ma partecipate cerimonie, hanno impartito la benedizione pasquale al personale.”

Un’iniziativa, questa, tutt’altro che marginale, che mostra il profondo legame della giunta Proietti con la Chiesa Cattolica, tanto da far mormorare – nei corridoi della politica umbra – che siano stati proprio i Frati del Sacro Convento di Assisi a promuoverne l’elezione, contribuendo in modo determinante al ritorno del centrosinistra al governo regionale nel novembre 2024.

Cattocomunisti al potere: gratitudine in cambio di benedizioni

In questa chiave, la benedizione pasquale negli edifici istituzionali della Regione appare come un atto di ringraziamento implicito da parte della giunta Proietti verso quella parte della Chiesa che ha sostenuto la sua candidatura. Nessuna indignazione, nessun dibattito sul principio di laicità: il crocefisso non solo non dà fastidio, ma diventa parte integrante del rito istituzionale.

“A Gualdo Tadino, città amministrata dallo stesso colore politico della Regione, il Crocefisso è presente dietro lo scranno della presidente del Consiglio Comunale e del Sindaco”, fanno notare in molti.

Eppure a Gubbio, città identitaria, religiosissima, con una storia di devozione che si intreccia con la vita civica e collettiva, destra e sinistra si sono trovate stranamente d’accordo: niente Crocefisso.
Un accordo che ha fatto sorridere amaramente qualcuno e indignato altri.

Destra e sinistra che nei contesti ideologicamente più maturi si scontrano su tutto, a Gubbio si uniscono per dire no a Cristo in Aula, ironizza un cittadino. “Ci manca solo il voto di Lucifero e siamo al completo.”

Gubbio e la visione “da cortile”: l’anomalia eugubina

Il caso di Gubbio va inquadrato nella sua consueta tendenza all’autoreferenzialità, in quella visione gubbio-centrica che porta la classe politica locale a considerare prioritari i conflitti interni al “cortile” cittadino, ignorando i segnali che provengono dal mondo esterno.

Mentre la Regione si muove con spregiudicatezza nel rapporto con le gerarchie ecclesiastiche, e altri comuni a guida progressista espongono il crocefisso senza batter ciglio, Gubbio si agita in una sterile disputa interna che ha il sapore del paradosso e della miopia politica.

“Questa ossessione per la purezza ideologica ha un esito distruttivo verso la comunità, nel senso più lato del termine”, osserva un analista locale. “Perché finisce per colpire anche la coesione sociale, la credibilità istituzionale e, non ultimo, il tessuto economico della città.”

In altre parole, una politica cittadina priva di visione ampia rischia di indebolire la stessa capacità di Gubbio di attrarre investimenti, turismo e riconoscimento esterno.

A colpire è anche il silenzio assordante delle gerarchie ecclesiastiche locali, che su questo caso non hanno espresso alcuna posizione ufficiale.
“Evidentemente – dicono alcuni – sono in tutt’altre faccende affaccendate”.

Noi diremmo invece che la Chiesa è per sua natura attendista avendo come prospettiva l'eternità. Una visione che l'ha finora premiata facendola prosperare e diffondere per oltre duemila anni. 

Questo silenzio, però, è stato letto erroneamente da alcuni come una forma di assenso implicito alla scelta di non esporre il crocefisso, o come una strategia attendista in attesa che la polemica si esaurisca da sola. Non si tratta, a nostro parere, di assenso implicito ma più semplicemente di ribadire il principio della "libera Chiesa in libero Stato". Con la speranza che il tempo possa portare la classe politica eugubina ad atteggiamenti più eticamente maturi.

Più che un simbolo, una cartina tornasole

Alla fine, la vicenda del crocefisso a Gubbio è molto più di una questione simbolica. È una cartina tornasole delle contraddizioni politiche, dei legami trasversali tra potere e religione, e di una certa ipocrisia culturale che, a seconda del contesto, celebra o rifiuta ciò che dovrebbe essere condiviso.

Il Crocefisso, per alcuni, divide. Per altri, unisce. Ma in entrambi i casi, dice molto più dei suoi oppositori che di se stesso.”

E se persino i cattocomunisti governano con le benedizioni pasquali, forse a Gubbio è tempo di guardare oltre il muro del cortile. Verso una casa più grande, aperta al mondo.

E magari con una croce alle pareti, non per imporre un credo, ma per ricordare da dove veniamo.

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Mario Farneti
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