L’intelligenza artificiale promette di trasformare radicalmente la sanità, ma apre interrogativi che trascendono la semplice innovazione tecnologica, toccando la cultura, l’etica e la relazione umana. Questo è quanto è emerso al convegno “Intelligenza Artificiale e Riabilitazione”, promosso dal Serafico di Assisi, che ha riunito clinici, bioeticisti, istituzioni, ingegneri e ricercatori per tracciare le linee guida della sanità del futuro.
Ad aprire i lavori, Sandro Elisei, direttore scientifico del Serafico, ha subito spostato l’attenzione dal mero strumento tecnologico al significato culturale dell’IA, invitando a riflettere non solo su ciò che questa può fare, ma su come possa trasformare il modo stesso di intendere cura e assistenza."L’intelligenza artificiale non è solo una rivoluzione tecnica, ma un autentico cambiamento culturale. È la capacità di scorgere potenzialità dove prima intravedevamo soltanto limiti, di tracciare nuovi percorsi. Non basta introdurla: occorre formare chi la utilizza e costruire una cultura condivisa".
L’incontro - sottolineano gli organizzatori - ha intrecciato dimensione tecnica, etica e clinica, mettendo al centro una questione cruciale: l’IA potrà migliorare la qualità delle cure solo se guidata da principi responsabili, inclusivi e trasparenti.
Tra gli interventi più attesi, quello della senatrice Paola Binetti, medico e bioeticista, che ha delineato cinque principi imprescindibili per l’uso dell’IA nella relazione di cura: trasparenza, responsabilità, affidabilità, imparzialità e accessibilità.
Binetti ha ricordato casi virtuosi già in atto, dagli assistenti vocali per persone con disabilità motorie ai sistemi di lettura ambientale per non vedenti, sottolineando che "ogni innovazione ha senso solo se restituisce libertà e partecipazione".
Una visione condivisa da Francesca Di Maolo, presidente del Serafico, che ha richiamato l’“intelligenza del cuore” come bussola etica: "L’obiettivo non è sostituire l’intervento umano, ma renderlo più efficace, presente e vicino".
La sessione tecnica del convegno ha messo in luce come l’intelligenza artificiale stia già traducendosi in strumenti concreti e innovativi nei percorsi riabilitativi. Mauro Zampolini, presidente della European Society of Physical and Rehabilitation Medicine, ha mostrato come algoritmi avanzati consentano oggi di costruire interventi terapeutici sempre più personalizzati, di monitorare con estrema precisione l’evoluzione clinica e di elevare significativamente qualità ed efficienza dei trattamenti.
Nel campo della neuroriabilitazione infantile, Giuseppina Sgandurra (IRCCS Fondazione Stella Maris e Università di Pisa) ha presentato i “digitomi comportamentali”, ricostruiti grazie a sensori e algoritmi sofisticati. Questi modelli sono in grado di rilevare pattern motori fino ad oggi invisibili alla valutazione tradizionale, consentendo di orientare interventi su misura per bambini con paralisi cerebrale. Il risultato è una riabilitazione più precisa, proattiva e centrata sul paziente, con potenziali ricadute significative sulla prognosi e sulla qualità della vita.
La sessione dedicata alla Generative AI ha esplorato il passaggio - già in atto - verso sistemi sempre più complessi e potenti. Luigi De Angelis, presidente della Società Italiana Intelligenza Artificiale in Medicina, ha tracciato l’impiego crescente di Large Language Models in ambiti come radiologia, oncologia e neurologia, ma ha lanciato un monito netto: senza una formazione adeguata, questi strumenti rischiano di essere impiegati in modo "inconsapevole e improprio".
Sul fronte della formazione, Giovanni Iolascon, presidente della Società Italiana di Medicina Fisica e Riabilitativa, ha sottolineato le potenzialità formative delle simulazioni avanzate e dei sistemi di supporto decisionale, ricordando tuttavia che si tratta di "strumenti preziosi che vanno governati con rigore": serve evitare la dipendenza cognitiva, il declino del giudizio clinico e l’accettazione passiva delle risposte algoritmiche.
Il tema della regolazione dell’intelligenza artificiale è emerso come priorità inderogabile. Rossella Di Bidino, responsabile dell’Unità HTA dell’IA, ha sottolineato la necessità di strumenti di valutazione sofisticati, capaci di cogliere le specificità algoritmiche e di evitare che decisioni cliniche siano basate su modelli non sufficientemente validati o trasparenti.
Un principio ribadito con forza da Massimo Rolla, Garante per le persone con disabilità dell’Umbria: "L’IA può rendere più accessibili ambienti e procedure, ma non sarà la tecnologia a insegnarci: siamo noi a doverla progettare affinché sia al servizio della persona".
Le istituzioni sono chiamate a trasformare il fermento tecnologico in politiche coerenti e attente alla persona. Stefania Proietti, presidente della Regione Umbria, ha ricordato come il modello sanitario regionale fondi da anni efficienza e umanizzazione, sottolineando che l’integrazione dell’IA potrà avvenire solo nel rispetto di questa duplice logica, senza scorciatoie che rischino di spogliare la cura della sua dimensione umana.
Nel suo videomessaggio, la ministra per la Disabilità Alessandra Locatelli ha posto l’accento sul potenziale dell’IA nel rafforzare autonomia, comunicazione e partecipazione delle persone con disabilità: non strumenti sostitutivi, ma leve strategiche in grado di rafforzare e sostenere il progetto di vita di ciascun individuo.
Nelle parole del direttore sanitario Massimo Vallasciani si concentra il filo rosso dell’intero convegno: "L’intelligenza artificiale è una risorsa concreta nei percorsi di riabilitazione: ci permette di seguire con maggiore attenzione ogni percorso, di personalizzare gli interventi e di ottimizzare i risultati clinici, senza mai perdere di vista la persona che abbiamo davanti".
Dal Serafico di Assisi emerge un messaggio chiaro: la vera innovazione non consiste nell’introdurre tecnologie avanzate, ma nel garantire che tali tecnologie amplifichino - e non sostituiscano - cura, relazione e responsabilità.
La sfida, dunque, è innanzitutto culturale. E molto del futuro della sanità italiana potrebbe cominciare proprio qui, dal cuore dell’Umbria.