15 Apr, 2025 - 11:41

Gubbio, Venerdì Santo con la processione del Cristo Morto: ecco il programma

Gubbio, Venerdì Santo con la processione del Cristo Morto: ecco il programma

Quando il sole cede il passo al crepuscolo e le pietre medievali del centro storico si ammantano di silenzio, Gubbio si ferma. Non è solo una processione: è un rito che attraversa i secoli, un dramma sacro che si rinnova, una testimonianza corale di fede popolare che unisce la comunità. La Sacra Rappresentazione del Cristo Morto, che si svolge ogni anno al calar della sera del Venerdì Santo, è molto più di una manifestazione religiosa. È un atto collettivo di memoria, un dialogo tra passato e presente che si snoda lungo le vie antiche della città.

Le tappe del silenzio: tra fede e storia

Alle 19:30, di venerdì 18 aprile, dalla Chiesa di Santa Croce della Foce, inizia il cammino: una lunga e intensa processione che si prolunga per circa due ore e mezza, seguendo un tracciato preciso e simbolico. Un itinerario che, nei secoli, ha avuto lo scopo di mostrare il simulacro del Cristo Morto ai monasteri, alle confraternite, agli ospedali e ai luoghi del dolore e della carità. Il cuore di questa tradizione si trova nell’adesione profonda e commossa della comunità eugubina, che partecipa in silenzio, quasi trattenendo il fiato, alla sacra rappresentazione.


Tre sono le soste principali, ciascuna intrisa di un simbolismo profondo. La prima è al Pietrone, una pietra ovoidale incastonata nel selciato di Palazzo del Capitano del Popolo, un tempo dimora della potente famiglia Gabrielli. Il Cataletto con il Crocifisso si ferma qui per un quarto d’ora: il Cristo viene sollevato sopra la pietra e offerto alla venerazione dei fedeli. Le origini di questo rito non sono certe: si ipotizza possa essere un omaggio ai Gabrielli o un richiamo alla pietra dell’unzione presente nel tempio di Gerusalemme. Ciò che è certo è che il Pietrone figura negli archivi della Confraternita fin dal 1600, come punto di sosta sacra, mantenuto con cura e venerazione.

La seconda tappa è davanti alla Chiesa di San Domenico, dove il vescovo della diocesi di Gubbio, accompagnato dal clero, si unisce alla processione, rafforzando il legame tra la Chiesa ufficiale e la pietà popolare. È un momento di profonda intensità liturgica, che segna il passaggio da una dimensione comunitaria a una coralità ecclesiale.

Infine, la processione raggiunge l’Astenotrofio Mosca, la casa di riposo di via Cavour. Qui, gli anziani e i malati possono venerare il Crocifisso, simbolo di sofferenza condivisa e redenzione. Questo luogo, oggi, supplisce all’assenza di un ospedale cittadino, divenendo a sua volta emblema del dolore che trova conforto nella fede.

Al termine del percorso, la processione rientra nella chiesa di San Domenico. Il vescovo pronuncia un’omelia che conclude il rito, offrendo parole di conforto e riflessione ai fedeli. Poi, i simulacri del Cristo Morto e della Vergine Addolorata vengono riportati alla Chiesa di Santa Croce della Foce. Qui, nel silenzio spezzato solo dai canti, avviene uno dei momenti più toccanti: il duetto del Miserere, eseguito nel Battifondo dai cori della Confraternita. È un dialogo tra due voci, un canto che sale dalle viscere della città per raggiungere l’anima di chi ascolta.

L'antico ordine della processione

La processione è regolata da un protocollo antico, documentato sin dal 1587 e conservato negli archivi della Canonica di San Secondo e dell’Archivio Vescovile. Ogni dettaglio, ogni gesto, è frutto di una ritualità codificata e rispettata con devozione.

Apre la sacra rappresentazione il suono ritmato e grave delle battistrangole, strumenti di legno percosso maneggiati da quattro confratelli. Un suono cupo, che evoca la Passione e accompagna il passo dei fedeli. Un tempo era presente anche il mazziere, con la sua “mazza”, emblema dell’autorità confraternale, incaricato di mantenere l’ordine del corteo. L’inventario del 1883 cita sette mazze: segno di quanto fosse strutturata e solenne l’organizzazione.

Subito dopo compaiono il portatore del teschio, la grande croce detta Albero della Vita, e le tre croci del Calvario, simboli che richiamano il Golgota. Seguono le due croci raggiate e tutti i simboli della Passione, ciascuno accompagnato da due torce, tratti dal prezioso soffitto a cassettoni cinquecentesco della Chiesa di Santa Croce.

Le grandi torce, offerte dalle corporazioni cittadine, dalle associazioni e dal Comune, illuminano il corteo, mentre i Cavalieri del Santo Sepolcro procedono solenni prima del clero e del vescovo, che chiude la processione.

AUTORE
foto autore
Lorenzo Farneti
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE